venerdì 31 marzo 2017

Parlare a vanvera


(foto da internet)


Parlare a vanvera significa, in italiano, parlare senza riflettere e senza stare attenti a quanto si dice. Il termine vanvera non esiste in italiano come sostantivo ma solo in quanto parte della locuzione avverbiale sopraccitata e si lega, di volta in volta, a un verbo che si può riferire ai contesti più vari, oltre ai più usati dire e fare: si può, quindi, cucinare a vanvera, vestire a vanvera, studiare a vanvera, ecc. 
Vanvera è un'onomatopea romanza, variante con consonante sonora di fànfera, che deriva dalla stessa sequenza imitativa di fànfano, fanfara e fanfarone. Si potrebbe, dunque, ipotizzare una retroformazione da fanfarone, con spostamento d’accento e alterazione fonetica della sillaba centrale. 



(foto da internet)

Orbene, in questi giorni, abbiamo letto di due politici che, senza pensarci troppo, le hanno sparate grosse, parlando a vanvera.
Il primo è un politico italiano del PD, attualmente governatore della Regione Campania: Vincenzo De Luca, il quale ha definito chiattona“, e cioè grassa, in dialetto napoletano, Valeria Ciarambino, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale.
Il governatore campano non è di certo nuovo a uscite del genere. In passato si era rivolto con toni pesanti a Rosi Bindi: "Un'infame, da ucciderla", e alla sindaca di Roma Virginia Raggi, definendola come "Bambolina imbambolata"... 
Per riparare alla situazione creata, De Luca ha affermato: "Manderò alla Ciarambino un mazzo di fiori. Sperando che la prossima volta lasci parlare chi a 50 metri da lei sta facendo un'intervista, senza coprirci con le sue grida..." (sic).


(foto da internet)

La seconda è la signora Begoña Villacís, avvocatessa, capogruppo di C's (Ciudadanos) della Regione di Madrid.
La signora Villacís ha affermato in un tweet: "Non esiste, in inglese o in francese, un equivalente al detto "más vale lo malo conocido". La Spagna non avanzerà ancorata "en el malo conocido" (la traduzione è nostra). 
Gli utenti di Twitter si sono scatenati e hanno segnalato alla Villacís  che, sia inglese che in francese, vi sono locuzioni equivalenti a "más vale lo malo conocido".
In inglese, si potrebbe dire "better the devil you know than the devil you don't", e in francese "mieux vaut un mal connu qu'un bonheur incertain".
In italiano si potrebbe dire "chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quel che lascia, e non sa quel che trova...".
Ma non aveva detto Socrate che l'ignoranza è l'origine di tutti i mali?


mercoledì 29 marzo 2017

Una sana alimentazione

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(foto da internet)


Arriva la primavera e arrivano anche le varie diete di moda. La mania del low-carb va ancora forte, soprattutto in alcuni tipi di dieta. Quando però si decide di togliere dal piatto intere categorie di nutrienti (scelta sempre dannosa) si deve  sapere a cosa si va incontro e a che cosa servono ad esempio i carboidrati. Eliminarli «solo» per alcune settimane non giustifica l’azzardo, perché le conseguenze si possono far sentire anche a lungo termine, come spiega il professor, nutrizionista presidente emerito della Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione (S.I.S.A.). Ecco alcune spiegazioni interessanti che faranno riflettere: 

Allora, cosa succede al tuo corpo se smetti di mangiare pane e pasta, e a cosa «servono»?


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(foto da internet)

1. Quando si riduce l’apporto di carboidrati, la prima cosa che si nota è la rapidità quasi magica di perdita di peso. Ma non stiamo perdendo grasso, stiamo perdendo acqua. «I carboidrati sono immagazzinati nel corpo sotto forma di glicogeno – spiega il professor Migliaccio-, ogni grammo accumula da tre a quattro volte il suo peso in acqua. Quindi, non appena si tagliano i carboidrati e si inizia a utilizzare il glicogeno, ogni grammo di carboidrato in meno sono 3 grammi persi di acqua».

2. I carboidrati sono la principale fonte di energia per il cervello. Quando una persona li riduce (o elimina) il cervello “si annebbia”. «I grassi bruciano al fuoco dei carboidrati – specifica Migliaccio -, se non ci sono carboidrati il metabolismo dei grassi si blocca e si ferma a livello dei corpi chetonici, che entrano in circolo e si accumulano: sono tossici per l’organismo e riducono la massa magra perché bruciano i muscoli. Il cervello li utilizza con fatica ma li utilizza lo stesso. Il risultato: alito cattivo, stanchezza, debolezza, vertigini, insonnia, nausea». In sostanza, ci si sente come se avessimo l’influenza.

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(foto da internet)

3. «I carboidrati sono energia subito disponibile che brucia i grassi e le proteine. Altre vie metaboliche sono più lunghe e affaticano l’organismo, per questo le nostre prestazioni calano», dice Migliaccio. «I carboidrati sono la fonte di energia primaria del corpo. Aiutano e “spingono” tutti i tipi di esercizio, sia di resistenza che di potenza: se tagliate i carboidrati la vostra energia diminuirà».

4. «I carboidrati inducono la sintesi della serotonina, il neurotrasmettitore della serenità e della tranquillità, che fa pure passare la fame. Siano semplici o complessi, quando vengono tolti il nostro benessere mentale potrebbe peggiorare», dice il professore. 

5. I carboidrati raffinati sono famosi per innalzare i livelli di zucchero nel sangue. Una recente ricerca pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition suggerisce che questi sbalzi (di solito repentini) attivano anche i centri di dipendenza del cervello e fanno sì che torni quasi subito la voglia di rimangiare gli alimenti che hanno questo “potere”. «Anziché rinunciare ai carboidrati in toto, però, basterebbe optare per quelli integrali – propone Migliaccio -, che hanno un assorbimento più lento ed evitano che i livelli di zucchero nel sangue siano soggetti a questi picchi».

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6. In merito a patologie cardiache e diabete la scelta di esclusione può fare la differenza: uno studio del 2014 pubblicato su PLoS ONE ha rilevato che i carboidrati raffinati fanno salire i livelli di un acido grasso che aumenta il rischio di malattie cardiache e diabete di tipo 2, però, secondo l’American Heart Association i cereali integrali migliorano i livelli di colesterolo nel sangue e riducono il rischio di malattie cardiache, ictus, obesità e diabete di tipo 2. 

7. L’assunzione di cereali integrali è importante per innalzare la quantità di fibra che si assume. La fibra (che naturalmente si trova anche in frutta e verdura) non solo aiuta a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue e a ridurre il rischio di obesità e malattie croniche, ma aiuta anche il transito intestinale.

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8. Ma allora qual è la giusta regola per l’assunzione dei carboidrati? «Lo dicono i LARN, i Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana. Nel 2014 hanno stabilito che i carboidrati dovrebbero costituire tra il 45 e il 60% delle calorie totali della giornata. Se possiamo, meglio mangiarli integrali ma non solo, perché la fibra in alcuni casi impedisce l’assorbimento dei sali minerali», conclude Migliaccio.

Insomma, come dicevano i romani: In medio stat virtus

lunedì 27 marzo 2017

Lenticchie e fregula


(foto da internet)

La fregula, detta anche fregola o freula, è un tipo di pasta prodotto in Sardegna. Ha origini antichissime: il primo documento a farne menzione è lo Statuto dei Mugnai di Tempio Pausania (Sassari), del XIV secolo, in cui ne viene regolamentata la preparazione. Secondo il manoscritto,  si doveva preparare dal lunedì al venerdì, dato che si doveva destinare ai campi l’acqua (preziosa) del sabato e della domenica.


(foto da internet)

La fregula è abbastanza simile al cuscus; è, infatti, una pasta di semola disponibile in varie dimensioni, ottenuta mediante rotolamento in un grosso catino di coccio e, posteriormente, tostata in forno. Si presenta sotto forma di palline irregolari di diametro variabile fra i 2 ed i 6 millimetri. 
Deve il suo nome al termine latino ferculum (briciola).
Simile alla fregula sarda, è, come abbiamo detto poc'anzi, il cuscus: i granelli di semola arabi che si diffusero nel corso dei secoli in tutto il Mediterraneo, che potrebbero aver influenzato questo prodotto tipicamente sardo.


(foto da internet)

La fregula si prepara disponendola su un piatto largo e fondo; viene poi impastata e lavorata con dell’acqua tiepida e salata. Mediante un abile movimento circolare delle mani, si ottengono i granelli tipici.
Una volta lavorata, viene lasciata asciugare su un telo e, dopo un processo di tostatura al forno di circa un quarto d'ora, essa assumerà il caratteristico colore dorato e il particolare sapore che rendono unico questo tipo di pasta.
Nella gastronomia sarda la fregula viene utilizzata in combinazione con le arselle, per primi a base di pesce e crostacei, o per la preparazione di minestre.
Noi vi proponiamo una ricetta semplice semplice: le lenticchie con la fregula.


(foto da internet)

Gli ingredienti per quattro persone sono i seguenti: 
250 gr. di lenticchie 
320 gr. di fregula
400 gr. di passata di pomodoro
100 gr. di porri
sedano
maggiorana
olio extra vergine di oliva 
sale e pepe q.b.
1 litro di brodo vegetale

Preparazione:
Sciacquate le lenticchie.
Tagliate il porro e il sedano a pezzettini.
In una pentola di coccio, aggiungete un paio di cucchiai di olio extra vergine di oliva e fate rosolare leggermente le verdure, aiutandovi con un cucchiaio di legnoAggiungete la passata di pomodoro, mescolate e versate le lenticchie. Salate e pepate, e versate circa mezzo litro di brodo vegetale. Fate cuocere, a fuoco dolce, per circa 45 minuti. Se il composto si addensasse troppo, aggiungete dell'altro brodo. A questo punto si versa la fregula che cuoce come il risotto, aggiungendo il brodo, un po' alla volta, con un mestolo. Di solito il tempo di cottura della pasta è di circa 30 minuti. Continuate a mescolare per impedire che il composto si attacchi sul fondo. Tritate la maggiorana e spolverizzatela sul composto. 
Servite il piatto ben caldo, condito, alla fine, con un filo d'olio extra vergine di oliva a crudo.
Buon appetito!







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giovedì 23 marzo 2017

Vota Arturo!?




(foto da internet)

Il mitico Totò, nel film Gli onorevoli, interpretava il candidato Antonio La Trippa, monarchico doc, che ripeteva, in maniera ossessiva, lo slogan "Vot'Antonio, Vot'Antonio, Vot'Antonio, Vot'Antonio", che potrebbe essere considerato un meme ante litteram (vedi).
Molti anni dopo, Michele Apicella, alter ego del regista Nanni Moretti, nel film Palombella Rossa, si pronunciava sulla crisi della sinistra italiana e sulla fine del Partito Comunista Italiano, e alla domanda di un giornalista su quale strada avrebbe dovuto imboccare il partito rispetto all'integrazione dei giovani, delle donne, dei lavoratori e dei nuovi movimenti, affermò: "Noi dobbiamo dire: Venite nel partito. Prendetelo. Vediamo insieme cosa possiamo fare” (vedi).


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A metà strada tra un meme gigantesco e il pensiero di Apicella, è nato il Movimento Arturo, la novità politica dell'ultimo mese in Italia. 
Di Arturo si parla in questi giorni sui social network e sui più importanti giornali d’Italia. Partorito da Makkox, al secolo Marco Dambrosio, fumettista e blogger, ospite fisso della trasmissione Gazebo, in onda su Rai Tre, che lanciò la seguente provocazione: "visto che le sigle per i nuovi partiti della sinistra sono ormai tutte (quasi) terminate, tanto vale battere nuove strade". Nacque così l’idea del Movimento Arturo, un vero e proprio movimento fake, chiamato, almeno all'inizio, e solo per gioco, a superare, in poco tempo, i follower su Twitter di tutti gli account dei partiti(ni) nati dalle scissioni della sinistra italiana.


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Il primo obiettivo fu il bizzaro partito (almeno nel nome) Articolo 1 – MoDemPro. I conduttori di Gazebo si chiesero, giustamente, com'era possibile chiamare una formazione politica in questo modo... La proposta alternativa di Gazebo fu quella di chiamare un partito con un nome semplice semplice... Ecco, allora, Arturo: una nuova formazione (fake) della politica italiana. Il suddetto Articolo 1 – MoDemPro, e un altro partitino denominato  Campo progressista, progetto dell'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, furono battuti su Twitter, nel giro di un'ora dal lancio del movimento, e subito dopo venne addirittura superato un movimento nazionale ben saldo, come quello della Lega Nord! 


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La sfida fu subito raccolta con entusiasmo dagli utenti e il movimento assunse forme del tutto inaspettate: nacquero i profili della sezione giovanile di Arturo, il gruppo femminista (denominato Artura), e poi ancora una gran quantità di profili di circoli territoriali in tutta Italia, l'ala a difesa dei diritti Lgbt, le sezioni all'estero (anche nei posti più sperduti); sorsero anche le prime consultazioni fra per la scelta degli organi dirigenti che segnalarono i conduttori del suddetto programma Gazebo, e cioè Diego Bianchi (in arte Zoro), Marco Dambrosio (in arte Makkox) e Andrea Salerno, come capi del movimento! 



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Di pari passo sorse anche il foglio informativo L'Arturità -organo ufficioso del Movimento-, un giornale (?) da stampare e da twittare nei circoli e che dovrebbe servire, secondo gli ideatori, "a raggiungere tecnoanalfabeti, luddisti, feticisti cartacei e gente che ha finito i giga sullo smartphone". Il nuovo organo di stampa raccoglierà i contributi di tutte le aggregazioni arturiane, e avrà l'obiettivo di superare i lettori dell'Unità e seguirà la linea indicata dai Padri Fondatori di Gazebo!
Chi si è occupato di analizzare il Movimento Arturo, ha segnalato che esso rappresenta la valvola di sfogo di un elettorato a cui non mancano di certo le doti dell'inventiva e dell'iniziativa. Si tratta di un gruppo eterogeneo, senza una precisa collocazione politica, che fa fatica a riconoscersi nei partiti.
Il Movimento Arturo, sarebbe, quindi, secondo i sociologi, il divertimento di un popolo disorientato, incapace di trovare risposte in una seria formazione politica, e per tutto ciò è disposto a credere e dedicare le proprie energie ad un progetto fake. 


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Il Movimento Arturo, irriverente e scanzonato il giusto, vuole prendere in giro e prendersi in giro, ed è testimonianza di un fenomeno sociale che lascia, però, qualcosa di amaro in bocca. 
Il Movimento non vuol puntare al Parlamento, ma la sua genesi sfida, di fatto, la politica tradizionale.  Il Movimento Arturo celebrerà ad aprile le primarie -un giorno prima di quelle del PD- per scegliere il gruppo dirigente (?). Nel frattempo, i circoli Arturo creano gemellaggi, scambiano idee, stilano programmi e slogan... 
Orbene, tanto per citare di nuovo Nanni Moretti, chissà se il futuro segretario del Movimento dirà, davvero, qualcosa di sinistra... (vedi)













mercoledì 22 marzo 2017

la mensa più verde d'Italia

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Corrono per sedersi a tavola come se ad aspettarli ci fossero patatine fritte e merendine industriali, invece le cuoche della scuola dell'infanzia di Samassi, piccolo centro del sud ovest della Sardegna, scodellano piatti della tradizione e distribuiscono pane con ricotta e miele. Sulla parete dell'asilo fa bella mostra, insieme ai disegni dei bambini, il premio "MensaVerde" assegnato a ristorazioni per le comunità, pubbliche o private, che hanno mostrato una particolare attenzione alla qualità del cibo e alla riduzione degli impatti ambientali e sociali legati alla gestione. Nel 2016 la scuola dell'infanzia di Samassi aveva ricevuto una menzione speciale, quest'anno si è aggiudicata il primo premio con il progetto iniziato nel 2011 grazie alla collaborazione tra Comune, Azienda sanitaria di Sanluri e l'agenzia Laore, che si occupa dell'attuazione dei programmi regionali in campo agricolo e per lo sviluppo rurale.

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La mensa dell'asilo di Samassi non è la prima a puntare sulla qualità alimentare, ma l'idea che le sta a monte è unica per l'efficacia con cui ha coinvolto tutta la comunità. "Il primo obiettivo è la salute dei bambini - spiegano - ma questo progetto ha fatto crescere tutti noi". I bambini imparano a conoscere quel che trovano nel piatto, e grazie alla collaborazione con una fattoria didattica della zona, hanno avviato una loro piccola coltivazione di ortaggi. Si visitano le aziende fornitrici, e vengono guidati nell'ottimizzare il ciclo di produzione per ridurre gli sprechi e l'impatto ambientale. E fanno da portavoce con i genitori.


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Il coinvolgimento delle famiglie è parte fondamentale del progetto - conferma la vice sindaca e assessora all'istruzione del comune di Samassi - Le famiglie partecipano ai corsi e frequentano laboratori. Dall'avvio del progetto non ci sono mai state lamentele, nonostante il menù sia molto cambiato e ci siano alimenti, come le lenticchie e i legumi in generale, che di solito è difficile far accettare". 

Tutto grazie alla partecipazione attiva e a tre punti base: nutrizione di qualità, sostenibilità ambientale e informazioni alle famiglie.  "C'è stata un po' di resitenza - aggiunge - quando abbiamo spiegato perché volevamo usare sempre l'acqua del rubinetto. Siamo riusciti a provare che non serviva soltanto a ridurre i rifiuti e i costi, ma stavano puntando sulla qualità, perché l'acqua delle condotte è, se non uguale, più sana e migliore di quella imbottigliata".

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L'aspetto economico non è secondario, perché "fare una mensa di qualità non significa spendere di più. Certo il Comune ha dovuto lavorare e impegnarsi in un lavoro di ricerca per l'organizzazione. Il risultato però è stato di grande soddisfazione per tutti". L'esperienza di Samassi potrebbe ora fare da apripista per altre scuole. Il comune campidanese non è l'unico ad aver aderito al progetto della provincia del Medio Campidano, ma è il primo ad aver trovato tutte le soluzioni tecniche, a partire dalla redazione del capitolato per rendere possibile l'adesione a tutte le norme, compresa quella che richiede il ribasso dei costi. Di certo, l'essere una piccola comunità (poco più di 5mila abitanti) e la specificità del territorio sono stati d'aiuto, ma a fare la differenza sono state le persone, la loro voglia di immaginare un servizio migliore per i cittadini.

lunedì 20 marzo 2017

L'acchiappino (moderno)


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Il dizionario Treccani, alla voce acchiappare, dice: "Afferrare, rapidamente e con una certa forza, una persona, un animale, una cosa (...)". Poi c'è il lemma acchiappino che viene definito così: "Nome toscano del chiapparello (gioco)", e cioè del gioco infantile che consiste nel rincorrersi per acchiapparsi; gioco che, è noto, in altre regioni,  col nome di acchiapparello, acchiapperello,  acchiapparèlla.




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Orbene, il termine acchiappino viene usato, come neologismo, per designare il procacciatore, il buttadentro, l'acchiappaturisti, l'imbonitore, il cameriere che invita ad entrare (?), e chi più ne ha, più ne metta: e cioè quella nuova figura, di solito maschile (ma ci sono anche delle ragazze che fanno questo lavoro, usate come esca per i clienti), di colui che, piazzato davanti alla porta di un locale, ti invita ad entrare insistentemente, sventolando sotto il naso menù, flyer, bevande (qualche volta divorando un piatto di pasta davanti ai nostri occhi...), mentre ti afferra per un braccio.
A volte, è un trauma sentirsi quasi trascinati in un bar o in un ristorante in malo modo. La nuova figura dell'acchiappino, mestiere che si sta imponendo sempre più nelle città italiane (ma non solo), è fatto di pura esuberanza che spesso, però, sconfina nella molestia.



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Crediamo, infatti, che un conto sia mettersi sulla soglia del locale e aiutare il turista, che magari si ferma a leggere il menù, e un altro paio di maniche è rincorrere il potenziale cliente, fino ad importunarlo.
Purtroppo, la caccia al turista presenta anche il rischio di emulazione. Chi non usa questi sistemi per accaparrarsi un cliente è quasi costretto ad adattarsi a questi metodi poco nobili. 
Il metodo per difendersi dall'acchiappino, di solito riconoscibile a distanza, perché abbigliato come un cameriere o un oste (ma non sempre), che, con fare sorridente e petulante, abborda l’incauto turista, o addirittura il passante, è rispondere nella lingua del paese: vado a pranzo a casa mia.
Ma è ancor meglio rispondere usando il dialetto locale. Dalle nostre parti si direbbe: "Vo' a pranzo là a casa mia!".
Se venite a Valencia, e se siete proprio stufi degli acchiappini locali, imparate a memoria questa semplice frase anti-procacciatore: "me'n vaig a dinar a ma casa". 
È infallibile! 

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