mercoledì 30 novembre 2016

Qualità della vita in Italia: Mantova in testa

Qualità della vita, Mantova spodesta Trento. Roma scivola tra le province peggiori (foto da www.repubblica.it)

Zucca, sbrisolona e Grana Padano battono canederli e speck: è Mantova la nuova regina della qualità della vita in Italia. Quella che è anche la Capitale della cultura 2016 scalza Trento, che dominava la classifica ininterrottamente dal 2011. È questo il risultato principale che emerge dalla ricerca di ItaliaOggi-Università La Sapienza di Roma, che disegna per altro molti cambiamenti ai piani nobili della graduatoria: nuovo ingresso sui gradini più alti del podio è Belluno, terza, in salita dall'ottava posizione. Scivolano, invece, Pordenone (da terza a quarta) e Bolzano (da seconda a ottava).
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(foto da internet)

In generale, resta ampia la frattura tra Nord e Sud del Paese; anzi, si è andato disperdendo quello zoccolo duro di province meridionali dove tutto sommato si trovavano eccellenze rispetto alla media dell'area. Soffrono anche i grandi centri urbani. All'ultimo posto della classifica c'è Crotone, che pure rispetto alle altre province meridionali presenta alcuni elementi di discontinuità: qui, infatti, il tenore di vita è accettabile. "E la provincia è addirittura ricompresa nel gruppo delle più virtuose nelle dimensioni criminalità e popolazione", dice la ricerca. "Responsabili, quindi, della maglia nera sono affari e lavoro, ambiente, disagio sociale e personale, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero. La precede Siracusa (era al 104° posto)".

Qualità della vita, Mantova spodesta Trento. Roma scivola tra le province peggiori 
(foto da www.repubblica.it)

La maggioranza degli italiani vive "male" allora. Il corposo sondaggio indaga le dimensioni di affari e lavoro, ambiente, criminalità, disagio sociale e personale, popolazione, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero e tenore di vita, a loro volta articolate in 21 sottodimensioni e un elevato numero di indicatori di base, 84. Dai dati generali del 2016 emerge che sono 56 su 110 le province nelle quali la qualità della vita è risultata buona o accettabile, contro le 53 della passata edizione. Dunque, un timido miglioramento in accordo con i deboli segnali di ripresa economica, ma tradotto in termini di popolazione significa che ancora il 53,9% degli italiani vive in territori dove la qualità della vita è scarsa o insufficiente.

Qualità della vita, Mantova spodesta Trento. Roma scivola tra le province peggiori

(foto da www.repubblica.it)
 
I ricercatori, visto che il lavoro viene ripresentato ormai da 18 edizioni, possono individuare i trend del medio periodo: "Una crescente vulnerabilità del nord ovest, molto verosimilmente causata da determinanti di carattere economico, quali i processi di deindustrializzazione e ristrutturazione produttiva in atto, e i problemi strutturali e tuttora irrisolti che stanno determinando un perdurante peggioramento della qualità della vita in Italia meridionale". A tenere botta meglio sono invece le province medio-piccole del nord est e del centro: "Mostrano un notevole grado di 'resilienza', determinato forse dalla struttura del tessuto produttivo. Anche quest'anno tali linee di tendenza sono pienamente confermate: fra le 54 province in cui la qualità della vita è risultata scarsa o insufficiente, 6 sono dislocate nel nord ovest, 2 sono  ricomprese nel nord est, 7 in Italia centrale e 39 su 41 in Italia meridionale e insulare. Quindi, in sintesi anche quest'anno si vede una stabilità nel livello di qualità della vita nelle province del nord ovest, un miglioramento nel nord est e in Italia centrale, un lieve peggioramento nell'Italia meridionale e insulare. "L'altra conferma riguarda gli effetti della congiuntura economica: una situazione di crisi economica che tende ad avere ripercussioni più severe nel nord ovest che nel nord est, determinando l'emersione di fenomeni di polarizzazione fra le due aree", dice lo studio. 

Qualità della vita, Mantova spodesta Trento. Roma scivola tra le province peggiori 
 (foto da www.repubblica.it)


I grandi centri: Roma dietro la lavagna, Torino risale. In questo quadro stabile, per la prima volta nel gruppo dei peggiori, il 4 dove la qualità della vita è classificata come insufficiente, accanto alle province del Mezzogiorno, compare per la prima volta la provincia di Roma. Anche al Nord, d'altra parte, si conferma la presenza di una serie di centri urbani di dimensioni grandi e medio-grandi che faticano a raggiungere e mantenere posizioni di eccellenza e la stessa Milano - celebrata per l'Expo e la rinnovata attrattività internazionale e turistica - peggiora il suo posizionamento. Tra i grandi centri, Torino infatti scala 6 posizioni e si attesta al 70° posto in classifica generale; Milano conferma la battuta di arresto già osservata lo scorso anno, arretra di 7 posizioni e annulla i miglioramenti conseguiti tra il 2010 e il 2014, piazzandosi al 56° posto. Napoli è stabile su posizioni di coda, cede 5 posizioni e passa dal 103° al 108° posto. La situazione peggiore si registra a Roma. Infatti la Capitale non arresta la caduta verso le posizioni di coda e, come lo scorso anno, cede ben 19 posizioni (31 dal 2014) portandosi all'88° posto, cioè su livelli di qualità della vita insufficienti.  

domenica 27 novembre 2016

Parole, parole (X)



(foto da internet)

Per l'ultimo post dedicato alla sezione Parole, parole, abbiamo scelto il termine desueto misirizzi.
Il misirizzi è un giocattolo a forma di figurina (di solito un soldatino o un ometto dai tratti buffi), con la parte inferiore del corpo costituita da una semisfera riempita di piombo in modo da risultare notevolmente più pesante del resto: qualunque sia la posizione in cui si colloca, la figurina, lasciata libera, torna in posizione verticale. Il giocattolo è diffuso almeno dal XVII secolo.




(foto da internet)

Qualche lettore ricorderà senz'altro il mitico Ercolino sempre in piedi, un pupazzo che, negli anni '60, l'azienda casearia Galbani regalava tramite una raccolta punti.
Ercolino era un pupazzo di plastica gonfiabile con le sembianze dell'attore Paolo Panelli (che all'epoca era testimonial della crema Bel Paese con il personaggio di Ercolino nel mitico Carosello), alto un'ottantina di centimetri, la cui base veniva riempita d'acqua in modo da dare stabilità al pupazzo che una volta sbilanciato tornava in posizione eretta. 



(foto da internet)


Nel 2013 Ercolino sempre in piedi è tornato protagonista di un concorso indetto sempre dalla Galbani.

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venerdì 25 novembre 2016

Manco morto (?)


(foto da internet)

Manco morto... è una locuzione che in italiano significa neanche per sogno; viene usata per sottolineare che mai e poi mai si farà una certa cosa. 

C'è gente, ad esempio, che mai e poi mai abiterebbe vicino a un cimitero. E se proprio fosse necessario, in tanti riempirebbero l’appartamento di cornetti rossi e di altri amuleti scaramantici.

Sorti in seguito alle leggi napoleoniche sulle sepolture, i cimiteri monumentali italiani sono vere e proprie città di pietra, ricche di opere d’arte commissionate dalla sempre più ricca e potente borghesia.


(foto da internet)

I cimiteri monumentali sono lo specchio curioso del gusto e dei costumi di un’epoca e custodiscono le opere dei maggiori scultori a cavallo tra XIX e XX secolo, da Luigi Orengo, che nel cimitero di Staglieno a Genova -uno dei più importanti d'Italia- realizzò la famosa tomba Delmas (1909) a Leonardo Bistolfi e gli altri grandi artisti le cui opere si possono ammirare tra i viali del cimitero monumentale di Milano: Medardo Rosso, Adolfo Wildt e Giacomo Manzù.
Oltre a queste meravigliose opere d’arte, i cimiteri custodiscono le spoglie di personaggi fondamentali per la nostra cultura. Nel solo famedio del Monumentale di Milano sono sepolti, tra gli altri, Arrigo Boito, Carlo Cattaneo, Francesco Hayez, Alessandro Manzoni, Salvatore Quasimodo e Arturo Toscanini.



(foto da internet)


Eppure, arte e superstizioni a parte, in Italia si potrebbero risparmiare un bel po’ di soldi se si andasse ad abitare in una casa nei pressi di un cimitero! Secondo recenti studi, il risparmio arriverebbe fino al 50% sul prezzo d’acquisto rispetto a quello delle abitazioni più lontane da tombe e cappelle! 
A Roma, per esempio, il Cimitero Monumentale del Verano, uno dei cimiteri più famosi del nostro paese, con opere funebri di grande pregio, si trova in posizione strategica: è, infatti, vicinissimo all’Università della Sapienza, alla Stazione Tiburtina e poco lontano dal centro. Le abitazioni che si trovano accanto al cimitero presentano un risparmio medio del 45% al metro quadro, considerando come prezzo medio 3.805 euro contro i 7000 euro del centro, dove per comprare un appartamento tra gli 80 e i 140 mq servono almeno 600 mila euro, da queste parti ne sono sufficienti 244 mila.



(foto da internet)

Stesso discorso anche per le altre città italiane:  a Torino, ad esempio, vivere accanto al Cimitero monumentale nella zona a Nord-Est, vicino al Parco Colletta, significa più che dimezzare la spesa. A  Bologna, invece, dove il Cimitero monumentale si trova appena fuori dalle mura, le abitazioni vicine subiscono un risparmio minore:  circa il 13%.
A Napoli, il cimitero delle Fontanelle è un vero e proprio pezzo di cuore nel rione Sanità. Sarà per questo che, a dispetto di superstizioni, o forse proprio per un rapporto più intimo con la morte, il risparmio è più contenuto: solo il 6%. 

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mercoledì 23 novembre 2016

Riflessioni linguistiche

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(foto da internet)

L'italiano, una Torre di Babele che cambia, corre, spinta da un mondo in continuo cambiamento che mette ogni giorno in discussione certezze e tradizioni. I parlanti acquisiscono veleocemente nuove parole, ma devono stare attenti a non inciampare e a non perdere la strada, cercando di tenere insieme la voglia di rappresentare al meglio la società di oggi con la necessità di salvare ricchezza e fondamenta del modo di parlare e scrivere, erede delle tre Corone.
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(foto da internet)

La spinta di Internet e dei social network, l’emergere fragoroso di nuovi fenomeni e di nuove sfide sociali, a partire dalla necessità di volgere al femminile termini fino a poco tempo fa declinati solo al maschile, il fiume di sigle e parole straniere che contaminano parlato e scritto, stanno cambiando il modo di comunicare con una velocità e con una forza che non si sono mai registrate prima. 
Un po' in tutti gli ambiti ci presentanto con maggior frequenza discussioni sulla lingua e sul senso delle parole. Spesso però le decisioni vanno prese in pochi istanti, incalzati dai ritmi della comunicazione digitale, soprattutto ne mondo della comunicazione, e questo ha spinto ad aprire un cantiere per costruire strumenti e preparare materiali utili in ogni occasione. 
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(foto da internet)

Una discussione di questo tipo però ha bisogno di essere aperta e non autoreferenziale, di raccogliere stimoli e voci e di confronto continuo. Il via ai lavori è stato dato lo scorso 4 maggio del 2016, al museo Maxxi di Roma, con un convegno sullo stato della lingua italiana al quale hanno partecipato accademici, scrittori, giornalisti, studenti, attori e perfino rapper. Si è partiti dalla discussione di "petaloso" (se non lo ricordate cliccate qui), parola in auge per qualche giorno, grazie proprio alla furia dei socila network e poi caduta nel dimenticatoio. Dunque, monito al fatto che il cambiamento di una lingua deve avere motivazioni forti e non può essere dettato dalla somma di istanti di celebrità e dalle emozioni del momento. Nel corso di quella giornata, molti sentirono la necessità di fare qualcosa di più per difendere l’italiano, non scommettendo su un impossibile arroccamento in difesa della tradizione, ma affrontando seriamente la necessità di interpretare le nuove sfide sociali. Farlo però in modo ragionato e armonico, trattando e non schivando le questioni che la lingua ci presenta. 
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(foto da internet)

È nata così la collaborazione tra il quotidiano la Repubblica e l’Accademia della Crusca, la più prestigiosa istituzione linguistica italiana: 14 volumi pensati per le famiglie, gli studenti, gli insegnanti e per chiunque voglia orientarsi nelle trasformazioni del linguaggio, con contenuti rigorosi ma accessibili, persino divertenti. Un viaggio nel mondo delle nuove parole senza dimenticare le regole della grammatica e, soprattutto, la storia di questa bella lingua.

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(foto da internet)

Per cominciare vi proponiamo il seguente test Quanto conosci l'italiano? Se poi avete tempo e voglia qui ne troverete altri.

Buon divertimento!

lunedì 21 novembre 2016

Parole, parole (IX)



(foto da internet)

Oggi dedichiamo il post della sezione Parole, parole, a un termine desueto che, fino agli anni '70-'80, era ben noto in ambito giornalistico: dimafonista.
Il dimafonista era  il tecnico del giornale addetto alla trascrizione del pezzo che i collaboratori esterni inviavano alla testa, dettandolo o registrandolo al centralino. Il sostantivo in questione proviene da dimafono, nome composto da sillabe diverse: di(ctation) (auto)-ma(tic) e -fono, un apparecchio che consentiva la registrazione delle conversazioni telefoniche su un apposito disco, per poi riascoltarle o trascriverle.


(foto da internet)

Qualcuno ricorderà i vecchi film americani in cui, nelle redazioni dei quotidiani, un giornalista dimafonista, aveva il compito di raccogliere gli articoli che riceveva dai collaboratori del giornale fuori sede, inviati e corrispondenti, che dettavano i loro pezzi al telefono, o registrandoli nella segreteria telefonica  del giornale. Il dimafonista trascriveva i pezzi su carta e poi li batteva a macchina prima di inviarli ai membri della redazione.  

La dettatura imponeva ai giornalisti una tecnica particolare, che prevedeva la pronuncia delle parole in modo attento, soprattutto nelle sillabe che seguivano l'accento tonico. Ogni parola inconsueta, o nome proprio, doveva essere sillabata usando i nomi delle città italiane (ad esempio, il nome russo Serghei, si sillabava così: Savona, Empoli, Roma, Genova, Acca come Hotel, Empoli, Imola). Insomma, un lavoraccio... Un dimafonista c'è nel film ll muro di gomma di Marco Risi, sulla strage di Ustica





(foto da internet)

Risi racconta la storia di Rocco, un giornalista del Corriere della Sera che seguì, per dieci anni, l'evoluzione delle indagini sull'incidente aereo nel quale morirono 81 persone. Il film si chiude in una giornata di pioggia, quando Rocco detta il suo articolo sui fatti degli ultimi giorni da una cabina telefonica: 
"(...) Ora, finalmente, mentre fuori da questo palazzo, dove lo Stato interroga lo Stato, piove, a molti sembra di vedere un po' di sole. Aspetta. Queste ultime tre righe non mi piacciono. Aggiungi soltanto... Perché?"
Un'altra notizia, forse l'ultima sui dimafoni dei giornali francesi, risale al maggio del '98, quando, un individuo, dall'altra parte del telefono, lesse al dimafonista un comunicato, stilato da George Beaume, l'agente francese dell'attrice Monica Vitti
Le parole vennero scandite chiaramente: "Monica Vitti è morta. Si è suicidata nel suo appartamento romano... Ha inghiottito una dose mortale di barbiturici... Ricoverata in ospedale d' urgenza tutte le cure del caso si sono rivelate inutili..."


(foto da internet)

Le redazioni dei giornali impazzirono. Erano in chiusura. Scattò immediatamente l'ordine di dare la notizia, corredata dal cosiddetto coccodrillo, e cioè da una biografia dell'attrice, che godeva di grande popolarità in Francia, eroina indimenticabile dei film di Antonioni. Ma nessuno si preoccupò di verificare la veridicità del comunicato. 
A Le Monde non dubitarono: George Beaume era realmente l'agente francese di Monica Vitti, e il suo studio era tra i più noti nell'ambiente teatrale e cinematografico. L'interlocutore misterioso, fornì ai dimafonisti l'indirizzo e di numero di telefono: due particolari che corrispondevano esattamente. Si provò a cercare George Beaume, ma l'agente non rispose alle ripetute chiamate dei redattori della testata parigina. 
Si tentò in Italia, ma non ci fu niente da fare: nessuno rispose. Il tempo stringeva: la biografia della Vitti era già stata stilata da uno dei critici cinematografici più importanti del giornale. 
La redazione non aveva dubbi: alle 13 le prime copie andarono in edicola, con la notizia, ben in evidenza, nella pagina destinata alle informazioni dell'ultima ora. Due colonne con su scritto: La morte di Monica Vitti, e con una biografia che cercava anche una motivazione per il suicidio dell'attrice allora cinquantaseienne. Quando i lettori di Le Monde lessero l'articolo di commiato si rivelò la macabra burla. 


(foto da internet)

Qualcuno era riuscito a mettersi in contatto con il vero George Beaume il quale cadde dalle nuvole. Monica Vitti stava benissimo! Ma il gioco era fatto: qualcuno, letta la notizia su Le Monde o sui dispacci dell'agenzia Efe che la rilanciò in tutto il mondo, telefonò a Roma, e riuscì a parlare con l'attrice. Si trattava di uno scherzo di pessimo gusto. 
Scattò, di nuovo, l'allarme in redazione e in tipografia. Parola d'ordine: arrestare la tiratura e ritirare, se possibile, le copie già in circolazione. 
Non ci fu nemmeno il tempo per scrivere una smentita. Il giorno successivo, apparve un articolo, con tanto di autocritica e di scuse verso i lettori, e soprattutto verso la Vitti morta resuscitata
A Le Monde hanno sempre sostenuto che qualcuno abbia voluto screditare il giornale, abituato a lavorare, come del resto tutte le testate, in tempi serratissimi.
Meno male che l'avvento di alcuni aggeggi elettronici sancì la fine di questo mestiere...

venerdì 18 novembre 2016

Milva canta Merini


(foto da internet)

Milva e Merini, ovvero come musica e letteratura si fondono in un felice connubio tra una delle più grandi interpreti della musica leggera italiana e la compianta poetessa milanese.
Milva, soprannominata la pantera di Goro, debuttò nel lontano 1959 e fu una delle voci femminili di spicco nel panorama musicale italiano degli anni '60 e '70. 
Nel 1965 iniziò a lavorare in teatro con Giorgio Strehler, diventando, col tempo, una delle più accreditate interpreti del difficile repertorio brechtiano, e facendosi apprezzare, in particolar modo, in Germania






(foto da internet)

In quegli anni, Milva incise un'interessante versione di Milord di Edith Piaf, scritto dalla grande pianista Marguerite Monnot sui versi di Georges Moustaki
Nel 1967, debuttò, al Piccolo Teatro di Milano, con il recital Io, Bertolt Brecht, al fianco di Giorgio StrehlerNel 1973, sempre con Strehler, allestì l'Opera da tre soldi di Brecht.
In seguito, estese ulteriormente il suo repertorio, proiettandosi verso i sentieri raffinati e inesplorati della grande musica d'autore greca: il 1978 fu l'anno dell'incontro con Mikis Theodorakis, musicista capace di coniugare l'impronta popolare mediterranea al trattamento orchestrale tipico della musica occidentale. 
Milva inaugurò così una nuova stagione che la vide collaborare con prestigiosi poeti greci quali Eleftheriou, Livaditis e Kampanelis
Lavorò anche agli ordini di Luciano Berio, uno dei più celebri compositori d'avanguardia capace di mescolare dodecafonia e musica elettronica, citazioni popolari e sofisticate rielaborazioni sinfoniche. Il grande talento della cantante e la sua raffinata sensibilità artistica, le permise di avere un ruolo di interprete privilegiata nei tanghi del grande Astor Piazzolla.




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La poetessa Alda Merini, figura di spicco della letteratura italiana, esordì come autrice all'età di 15 anni. Di famiglia modesta, frequentò le scuole professionali e si dedicò allo studio del pianoforte.
Pubblicò, nel 1950, Il gobbo e Lucedue testi apparsi nella Antologia della poesia italiana 1909-1949.
Nel 1947 incontrò quelle che definirà come prime ombre della sua mente: l'inizio di una lunghissima malattia psichiatrica che l'accompagnerà per tutta la vita.
Nel 1953 uscì il primo volume di versi intitolato La presenza di Orfeo. Due anni dopo pubblicò Nozze Romane e Paura di Dio
Agli inizi degli anni '60, iniziò un triste periodo di silenzio e di isolamento: venne internata di nuovo in ospedale fino al 1972, periodo durante il quale non mancò di tornare in famiglia, e durante il quale ebbe tre figlie.




Dopo alternati periodi di salute e malattia, che durano fino al 1979, la Merini tornò a scrivere dei testi intensi e drammatici che raccontano le sue sconvolgenti esperienze in manicomio. I testi sono raccolti in La Terra Santa, pubblicato nel 1984.
Nel 1985 scrisse le venti poesie-ritratti de La gazza ladra e L'altra verità. Diario di una diversa, il suo primo libro in prosa.
Dopo aver nuovamente sperimentato gli orrori del manicomio, conquistò, negli ultimi anni di vita una certa serenità che le permise di pubblicare, nel 2002, un piccolo volume dal titolo Folle, folle, folle d'amore per te.
Nel 2004 uscì un disco che conteneva undici brani cantati da Milva tratti dalle sue poesie (vedi 1, 2, 3,).



Il suo ultimo lavoro è datato 2006: Alda Merini si avvicinò al genere noir con La nera novellaMorì a Milano il primo novembre 2009.
La sua poetica è capace di esprimere l’inesprimibile. È uno scudo, una difesa: unica arma possibile nelle sue circostanze, contro i dolorosi e disumani internamenti, con la quale difendere la propria dignità, conservare la propria umanità, non dimenticare mai la propria sensibilità, ma, al contrario, farla emergere sempre più. La poesia è la sola medicina possibile per la sua anima: l’ancora per il mare in tempesta, l’equilibrio nel disequilibrio e, in definitiva, la salvezza.  
I suoi testi trasmettono il dolore dell’esistenza, ma, allo stesso tempo, fanno sì che proprio la sofferenza contribuisca a renderla degna di essere vissuta. In Merini solo attraverso le tenebre si scorge la luce, ed è solo mediante il dolore che si può apprezzare la gioia.
I suoi versi, con la voce inconfondibile di Milva, penetrano l'anima di chi ascolta, e ci regalano un momento unico in cui musica e letteratura si fondono in una rappresentazione che ricorda le liriche greche.  
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mercoledì 16 novembre 2016

Torino dai mille colori

Un’anima industriale e operaia, terreno fertile per lo sviluppo del marxismo. Da Torino, capoluogo piemontese, prima capitale del Regno d’Italia dal 1861 al 1865 — conosciuto tra le altre cose per il Museo Egizio, la Reggia di Venaria Reale, la Sindone — parte il viaggio di «Agenda Italia», il nuovo progetto del Corriere della Sera, un viaggio inchiesta sui temi cardine dell'Italia.
Quattro appuntamenti con i sindaci di quattro città per raccontare — attraverso degli incontri pubblici — il cuore delle metropoli tra grandi opere, scuola, cultura e problemi all’ordine del giorno.

Eccoci a Torino
   

«Torino vuol dire Napoli che fa montagna […] Torino è l’altra faccia della stessa Roma», canta Antonello Venditti. Nel Novecento la città ha trasformato il Sud in Nord e viceversa, accogliendo i primi immigrati che armati di valigia e scatole di cartone venivano a cercare lavoro. Un secolo di Fiat ha fatto diventare la città una gigantesca fabbrica, forgiando una nuova anima alla capitale sabauda. Non a caso, una volta dicevi Fiat e dicevi Torino, e viceversa, ma oggigiorno la città ha molte più facce.

Vi consigliamo di dare uno sguardo al webreportage che racconta la città


lunedì 14 novembre 2016

Parole, parole (VIII)


(foto da internet)

Riprendiamo il tema della pizza di cui abbiamo parlato venerdì scorso.
Gira, specialmente in Canada,  ma, purtroppo (!) anche in altre parti del mondo, una pizza dal nome esotico: Pizza Hawai
Trattasi di uno di quei prodotti che, di solito, quando viene servito agli italiani, suscita in loro ribrezzo e sconforto (o almeno è quel che succede a noi)...
Come si fa la Pizza Hawai? Con l'ananas tagliato a cubetti e poi adagiato su un letto di pomodoro, mozzarella e prosciutto!
L’ananas è una pianta della famiglia delle Bromeliaceace che cresce spontanea nelle foreste tropicali e subtropicali del Sudamerica. Le piantagioni ad uso commerciale sono diffuse, attualmente, anche nelle Isole Hawai (e da lì, probabilmente il nome della pizza sopraccitata), nelle Filippine e in Asia.



(foto da internet)

Il frutto dell’ananas, può essere consumato fresco da solo o in macedonia; viene utilizzato in cucina come ingrediente per preparare dolci o gelati, ma anche per dare un tocco esotico a ricette di carne o pesce.
La qualità dell’ananas è la bromelina: un enzima in grado di ridurre le proteine in amminoacidi. La bromelina facilita la digestione degli alimenti ricchi di proteine come ad esempio la carne; il frutto fresco, quindi, può facilitare la digestione di un pasto proteico, favorisce la diuresi e depura l’organismo.

Il termine ananas, dal guaranì naná e poi dal portoghese ananaz,  ci interessa per la nostra rubrica Parole, parole, perché, in italiano, ha una variante desueta molto carina: ananasso.




(foto da internet)

Sia ananas che ananasso sono dei nomi maschili singolari; diremo quindi l'ananas e l'ananasso; e al plurale gli ananas e gli ananassi.
Chi si cimentasse con le rime baciate avrebbe qualche difficoltà col termine ananas (l'avete mai visto in un testo poetico?), invece il desueto ananasso offre una ampia gamma di rime, come, ad esempio: abbasso, chiasso, incasso, sorpasso e, in special modo, scasso (proprio come l'effetto che produce in noi la pizza all'ananasso...).


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venerdì 11 novembre 2016

La (buona) pizza al taglio a Valencia!


(foto: Pizzeria Stenfia)

La pizza, com'è noto, è un prodotto gastronomico salato consistente in un impasto solitamente a base di farina e acqua che viene spianato e condito con vari ingredienti e cotto al forno. 
Originario della cucina napoletana, è oggi, insieme alla pasta, l'alimento più conosciuto sia in Italia che all'estero. Per la pizza al taglio, o pizza in teglia, invece, la pasta lievitata viene stesa, condita e cotta, in grandi teglie di metallo tonde o rettangolari e poi messa in mostra per essere venduta a peso a scelta del cliente o consumata a tranci. 
La vendita di questa varietà di pizza è diffusa, in Italia, oltre che nelle pizzerie al taglio vere e proprie, anche nelle panetterie.


(foto: Pizzeria Stenfia)

Poiché la pizza al taglio deve essere tenuta in mostra, ed eventualmente riscaldata in forno, necessita dell'utilizzo di impasti acquosi che non si secchino per offrire al cliente il massimo del gusto. 
A tale scopo vengono usate farine forti che permettono di aggiungere agli impasti una maggiore percentuale di acqua, Questo ha anche un vantaggio: la pizza al taglio, infatti, essendo venduta a peso, o a tranci, è molto più economica rispetto alla sorella servita in un piatto! 

Ebbene, da qualche giorno, anche a Valencia, esiste una pizzeria al taglio degna di questo nome. Alcuni simpatici ragazzi romani, Andrea, Denise e David, hanno aperto, in pieno centro, un locale che ha un nome particolare: Stenfia
Siamo andati a intervistarli.


(foto: Pizzeria Stenfia)

(D) Da quanto tempo siete a Valencia?
Siamo a Valencia da poco più di sei mesi.
(D): Dove si trova la vostra pizzeria al taglio?
La nostra pizzeria al taglio si trova in Calle Bonaire 28, al centro di Valencia, vicino a Calle de la Paz.
(D): Che cosa offre il vostro locale?
Il nostro locale offre accoglienza e qualità italiana. Racchiude tutto quello che si cerca in una pizzeria a gestione familiare: Pizza al taglio autentica e da provare!
(D): Perché avete deciso di aprire una pizzeria di questo tipo a Valencia? 
Volevamo portare una tradizione romana qui dove non esiste pizzeria al taglio.




(foto: Pizzeria Stenfia)

(D): Perché avete scelto di chiamarla Stenfia?
È una parola che ci accompagna da sempre e che associamo alla felicità. Quale miglior nome per il lavoro dei tuoi sogni? 
(D): Voi siete di RomaChe cosa c'è della città eterna nel vostro locale?
Della città eterna abbiamo mantenuto il gusto, semplicità e l'autenticità. 
(D): Potreste spiegare ai nostri studenti la filosofia della pizza al taglio?
La pizza al taglio deve essere un prodotto buono, a basso prezzo, accessibile a tutti e in ogni momento.

La pizzeria Stenfia è aperta tutti i giorni dalle 12 alle 16 e dalle 19 alle 23. 

Buon appetito!





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