mercoledì 20 aprile 2011

Una Pasqua al cioccolato

(foto da internet)


Gastronomia regionale a parte, regina di Pasqua per eccellenza è sua maestà il cioccolato. Sì è vero, è una bomba calorica, ma sono sempre più gli studi che dimostrano che, se usato con "cautela", ha effetti benefici sulla circolazione e sull'attività cerebrale. Non importa se il cioccolato sia fondente, al latte o bianco.




(foto da www.repubblica.it)


Theobroma cacao, nutrimento celeste fin dal nome (theos, che è dio e broma, nutrimento). Innanzitutto bevanda, talmente apprezzata e diffusa che, nella Fisiologia del gusto, Brillat Savarin la definì come "alimento salubre quanto gradevole, nutriente e di facile digestione, molto adatta alle persone che compiono un forte lavoro intellettuale". E se il fondatore della moderna gastronomia non scrisse del cioccolato solido è solo perché morì 21 anni prima che venisse "inventato" dalla ditta Fry di Bristol, alla fine del Settecento.
Il motivo, però, delle qualità che venivano attribuite empiricamente al cioccolato, che sotto forma di uova è diventato simbolo della Pasqua, si scoprirà più di un secolo dopo. Grandi quantità di antiossidanti, flavonoidi, catechine, procianidine e, non ultimo, sostanze chimiche che provocano una lieve euforia stimolando la produzione nel cervello di oppiacei naturali. Tutto questo al "costo" di poco più di 500 calorie all'etto.






(foto da internet)





Insomma è una specie di pillola del buonumore, gratifica e piace a tutti, ed è per questo che, pur avendo un profilo nutrizionale non desiderabile, lo si concede a piccole dosi. Tre quadretti, circa 30 grammi, con un panino piccolo da 50 grammi, sono una buona merenda per i bambini, perché i grassi del cioccolato sono compensati dal pane.


Però, detto questo, non significa che sia un alimento salutistico, e non si può mangiarlo pensando ai benefici in termini di antiossidanti e di prevenzione.
Eppure di vantaggi provati da una serie non indifferenti di studi scientifici il cioccolato ne ha molti: uno statunitense sul Journal of Proteome Research ha dimostrato come 40 grammi di fondente al giorno per due settimane riducono i livelli dell'ormone dello stress in persone altamente tese. Una meta-analisi condotta dall'università di Adelaide, in Australia, ha concluso che il fondente funziona più del placebo nell'abbassare la pressione riducendo anche l'ipertensione.


Ovvio che si tende a mettere anche in guardia dai possibili effetti dietetici, considerata l'alta densità energetica del cioccolato, ma per i ciocco dipendenti c'è anche una ricerca che giustifica chi non riesce davvero a farne a meno. Per la prima volta, infatti, è stato dimostrato che alcune persone sono "programmate" per amare il cioccolato. Niente meno che un imprinting biochimico, che ha a che fare con il sistema metabolico e che potrebbe essere "misurato" in un prossimo futuro da appositi test su sangue e urine.




(foto da internet)


Permetteteci un consiglio: dopo Pasqua, nel caso in cui abbiate ancora la casa sommersa di cioccolato, provate a riciclarlo, trasformandolo in gustosi dessert da servire a fine pasti o da portare a cena da amici.



Per chi invece, stoico, desidera consumare il cioccolato puro, ricordate che a dispetto di tutto e tutti, è un buon alleato della salute se mangiato nelle giuste quantità.





Quindi, alla luce dei fatti, diciamo pure sì al cioccolato, e se vi lote cimentare a fare un uovo in casa


Buona Pasqua a tutti e ci rivediamo su Chiodo mercoledì 4 maggio.



(foto da internet)

venerdì 15 aprile 2011

Modigliani: le teste, la casa e lo scherzo

(foto da internet)


Dopo numerosi litigi, polemiche al vetriolo, promesse, ritardi e, in mezzo, un’inspiegabile chiusura, riapre a Livorno, anche se in fase sperimentale la casa natale di Amedeo Modigliani. Si trova in via Roma 38, già via Maremmana, nel centro della città toscana. Le visite (prezzo d'ingresso 5 euro) sono gestite dalla Cooperativa Amaranta.
La proprietà della casa è dei fratelli Guastalla. Guido Guastalla è editore, libraio e assessore alla cultura della comunità ebraica livornese. Suo fratello Giorgio è titolare di una galleria d’arte.
Avviso gratis per gli appassionati d'arte: la casa natale di Modigliani non è un museo-capolavoro! Nell’appartamento, in parte rimodernato, non ci sono dipinti originali. Vi sono però documenti e fotografie negli anni livornesi del pittore prima della partenza per Parigi e alcune testimonianze sull'artista nella capitale francese fino alla morte, avvenuta nel 1920. Modì imparò qui i primi rudimenti della pittura. L’arredo è semplice e cerca di ricostruire i mobili della famiglia Modigliani. Vi sono anche foto che ritraggono il pittore durante l’infanzia e l’adolescenza, copie di dipinti firmati dall’artista e un video che rappresenta l’universo artistico dell'artista. Mentre ci godiamo la riapertura della casa natale del geniale pittore toscano, si riaccende la polemica (e la leggenda) sulle teste, scolpite da Modigliani che questi avrebbe gettato nei Fossi Reali di Livorno prima di andarsene a Parigi.

Secondo le ultime voci, l'episodio ebbe dei testimoni eccellenti: i pittori Mario Natali, Gino Romiti, Corrado Michelozzi e il fotografo Bruno Miniati. Ma facciamo un passo indietro.

Siamo nel 1984, si celebra il centenario della nascita di Amedeo Modigliani. Il Museo Progressivo di Arte Moderna di Livorno decise di allestire una mostra in omaggio all’illustre cittadino. Il progetto venne affidato alla conservatrice del museo, Vera Durbè, con la collaborazione del fratello Dario, sovrintendente alla Galleria d’Arte Moderna di Roma.

Per arricchire la mostra, i due esperti decisero di utilizzare delle scavatrici per perlustrare il Fosso Mediceo, dove nel 1909, secondo la leggenda urbana, Modigliani avrebbe gettato alcune delle sue sculture, prima di partire per Parigi. Il comune di Livorno non esitò a finanziare le ricerche, ma, dopo alcuni giorni di lavoro, delle sculture di Modigliani non c’era traccia. All’improvviso, come per magia, all’ottavo giorno venne trovato un oggetto. Si trattava di una testa di granito scolpita. Poche ore più tardi la ruspa tirò fuori dal Fosso altri due blocchi di pietra, anch’esse raffiguranti delle teste.

Per Vera Durbè e suo fratello non ci furono dubbi: le opere appartenevano a Modigliani. Livorno venne letteralmente invasa da turisti e dai mass media di tutto il mondo: turisti, curiosi, giornalisti e critici d’arte si precipitarono nella città toscana impazienti di ammirare gli straordinari ritrovamenti. I grandi maestri della critica italiana, Argan, Ragghianti e Brandi, applaudirono l’impresa.

Orbene, mentre presso il Museo Progressivo di Arte Moderna di Livorno si preparavano i festeggiamenti per l’incredibile ritrovamento, una notizia piombò come un fulmine a ciel sereno: tre studenti di Livorno, Pietro Luridiana, Pierfrancesco Ferrucci e Michele Guarducci, in un’intervista rilasciata al settimanale Panorama, dichiararono di essere gli autori della seconda testa pescata del Fosso! I tre giovani affermarono che volevano fare uno scherzo adoperando un semplice trapano elettrico Black & Decker.




A conferma di quanto detto, il settimanale pubblicò alcune foto scattate dei tre studenti in un giardino nel momento stesso in cui compivano l’opera. Per fugare i residui dubbi, i falsari vennero invitati in televisione, in prima serata, per ripetere dal vivo il loro esperimento davanti a dieci milioni di telespettatori.

Ciononostante, la resistenza dei fratelli Durbè, e di gran parte della critica, resistette. C’erano ancora due teste ritrovate, che per loro stessa ammissione, i tre ragazzi non avevano scolpito. Il sipario cadde sull’operetta una decina di giorni dopo, quando si venne a sapere che l’idea di farsi beffa dell’altezzoso mondo dell’arte era balzata in testa anche ad Angelo Froglia, lavoratore portuale e scultore. A differenza dei tre studenti, Froglia aveva motivazioni più profonde, paragonandosi, addirittura, al mitico Christo, l’impacchettatore di monumenti! La sua, insomma, era una vera e propria opera d’arte! Risultato: gli esperti furono ridotti al silenzio e coperti di ridicolo.

Tutto il mondo seppe dunque della beffa di Livorno. Tutta la vicenda giovò alla celebre marca di trapani elettrici Black & Decker, che impostò la sua campagna pubblicitaria sulle straordinarie potenzialità del prodotto.



(foto da internet)

Orbene, molti anni dopo, c'è chi sostiene che le sculture esistono davvero e che non furono gettate nel punto dove si cercarono nell'84, bensì qualche centinaio di metri più avanti. Lo afferma il professor Sumberaz che sostiene di aver assistito, negli anni '50, ad una scena sulla spalletta dei Fossi Reali di Livorno. Secondo Sumberaz, quel giorno sul ponte c'erano appunto Natali, Miniati, Romiti e Michelozzi che stavano discutendo animatamente di un episodio. Ma lasciamo la parola al professor Sumberaz:


Le sculture, se esistono, sono ancora nei Fossi? No. Purtroppo, alcuni anni fa i Fossi Medicei livornesi vennero puliti con draghe attrezzate che raccolsero dal fondo detriti di ogni genere. I detriti vennero caricati su grandi barconi e scaricati in mare. Le teste di Modigliani, se esistono, dovrebbero riposare nel Tirreno. Non sarà meglio?

mercoledì 13 aprile 2011

Che temp' e munnezza!

(foto da internet)



Pino Daniele cantava Napoli e alla sua città natale dedicò una delle più belle canzoni sulla città partenopea. Era il lontano 1978, Berlusconi non esisteva politicamente e l’Italia non era un paese così sgangherato, ma la realtà della città simbolo del Sud Italia non è mai stata facile.



Adesso è Roberto Saviano colui che ha il compito di spiegare cosa succede con i rifiuti della città di cui Goethe scrisse meraviglie.





Ma i napoletani, a dispetto di tutto e di tutti, insistono con il loro fatalismo e, visto che la situazione non migliora, hanno deciso di riderci sopra ed hanno inventato un nuovo programma: Che temp' e munnezza! (lIl termine munnezza è una parola del dialetto napoletano che significa "spazzatura", ma è anche un sinonimo di "schifo"). La sigla è quella delle previsioni del meteo, la cartina geografica pure, non manca la bacchetta e neanche il sorriso smagliante. Ma, se ci si sofferma sull’abbigliamento, un vestito collage di sacchetti per l’immondizia e degli occhiali da brutto anatroccolo, ci si sente un po’ smarriti, e se poi si aggiungono le precisissime previsioni fatte dalla «Munnezzina» (storpiatura in tutti i sensi delle più famose ed avvenenti «meteorine»), il risultato è a dir poco scioccante.




Insomma un vero e proprio bollettino «munnezzologico» in onda ogni venerdì sera su Tela A, un’emittente privata napoletana. Un bollettino con tutti i crismi, prodotto da un fantomatico «Centro munnezza meteo», in grado di segnalare le zone dove la concentrazione di immondizia è maggiore e anche di spiegare, questa volta in maniera scherzosa, il perché di quell’accumulo. Preoccupiamoci dunque per l’aumento delle «precipitazioni di indifferenziato e di umido», e speriamo nelle «schiarite previste nella zona orientale di Napoli», anche se il «miglioramento» è causato da uno «spostamento non autorizzato di rifiuti misti, per cambio di stagione».


(foto da internet)

L'autore della striscia televisiva risponde al nome di Gianni Simioli e rivela come è nata l’idea: «Una sera al telefono per fissare un appuntamento di lavoro, ci siamo chiesti se ci fosse spazio per parcheggiare le auto, vista l’ingombrante presenza dei sacchetti. Quando mi ha detto: “Puoi venire, c’è spazio per la macchina”, la riflessione è stata immediata». E così gira in auto la città e prende appunti, segnando le zone impraticabili e redigendo le previsioni lette poi, in video, da sua sorella Loredana - la «munnezzina» o la «sacchettina» che dir si voglia, ma anche «Miss Munnezza» con tanto di fascia - nei tre minuti in cui si condensa la striscia.




(foto da internet)



E dopo i rifiuti nel presepe, le poesie dello spazzino-poeta che attacca sui cassonetti versi in vernacolo che si chiudono sempre con «Cchiù ammore pe’ chesta città» («Più amore per questa città»), il Munnezza-day (hanno sfilato in migliaia per urlare tutta la loro indignazione verso un’emergenza lunga 17 anni), ci mancava solo il meteo dell’immondizia. «Allora - conclude Simioli - se questo è lo scenario, perché non riderci su, magari lanciando anche, implicitamente, un allarme sulla situazione che stiamo vivendo?».

lunedì 11 aprile 2011

XIII settimana della cultura

La campagna IL CITTADINO PIU' FORTUNATO DEL MONDO parte da un presupposto universalmente riconosciuto: i cittadini italiani hanno una fortuna immensa sotto al proprio naso. Un patrimonio artistico che non ha nessuno al mondo: l’Italia è il Paese che nel mondo vanta il maggior numero di SITI UNESCO nella Lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Dalla suddetta lista risulta cheil Belpaese detiene il maggiore patrimonio culturale del mondo.



In tutta Italia, oltre 2.500 appuntamenti tra mostre, convegni, aperture straordinarie, laboratori didattici, visite guidate e concerti renderanno ancora più speciale l’esperienza di tutti i visitatori italiani e stranieri.

“L’Italia – dichiara il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Giancarlo Galan - è il frutto della millenaria stratificazione delle numerose civiltà che si sono sviluppate sul suo territorio. Ognuna con i suoi caratteri originali, ognuna con le sue peculiarità ha contribuito a plasmarne il paesaggio, a edificarne i centri abitati, a organizzarne gli insediamenti rurali. Tutte hanno avuto un ruolo determinante nel forgiare il nostro essere italiani, arricchendo al contempo il nostro patrimonio artistico con opere e strutture civili e religiose. La settimana della cultura è un’ottima occasione per tutti i cittadini di riappropriarsi di questo patrimonio, visitando musei, siti archeologici e monumenti e riscoprendo, nel centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, il senso profondo della propria appartenenza alla comunità nazionale”.

“Per quello che é tra i più importanti appuntamenti del Ministero – dichiara il Direttore Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale, Mario Resca - abbiamo predisposto un ricchissimo calendario di incontri e manifestazioni che impreziosiranno la visita nei luoghi della cultura. Invito tutti a visitare il nostro sito per scegliere le proposte più allettanti e trascorrere i nove giorni più fortunati dell’anno”.



venerdì 8 aprile 2011

La fine è il mio inizio



(foto da internet)


Nei suoi ultimi mesi di vita, da aprile a luglio del 2004, ad Orsigna, in provincia di Pistoia, in Toscana, Tiziano Terzani raccontò la sua vita, in un'intervista fiume-testamento, al figlio Folco, pubblicata postuma da Longanesi col titolo de La fine è il mio inizio.
Il libro si incentra sulla chiacchierata-incontro tra due personalità in parte diverse- l'esuberante Terzani, e il più sfuggente Folco- che, in questi giorni, è stata portata sui grandi schermi con il reporter, ormai vecchio e malato, interpretato da Bruno Ganz, la moglie Angela (Erika Pluhar), e appunto il figlio Folco, interpretato da Elio Germano.
Ed è proprio Folco, armato di registratore, (vedi trailer>>) ad imprimere su nastro i pensieri e i ricordi del padre: la nascita in un quartiere popolare di Firenze, gli studi alla Normale di Pisa, l'amore per la moglie, i primi lavori, gli Usa e poi il Vietnam, la Cina, il Giappone e l'India.
E la conclusione, chiara e definitiva, per Tiziano Terzani: la convinzione che ogni uomo è parte di un tutto e che il cerchio deve chiudersi con la morte serena e attesa.




(foto da internet)

Alla sceneggiatura ha collaborato lo stesso Folco Terzani, il quale ha affermato: "Un tempo c'erano i pellegrini; mio padre, invece, ha avuto l'occasione di fare il pellegrino a pagamento. Lo ha fatto per se stesso, più che per i lettori. Infatti lui aveva come modello, più che i giornalisti, gli esploratori: portava dentro di sé un senso epico della vita".
Il libro offre al lettore una visione lucida sui grandi problemi contemporanei, sul pacifismo, sul futuro dei giovani ed ha un'ultima lezione sulla morte: bisogna morire "ridendo", afferma Terzani, che riuscì a riunire la propria famiglia, sui monti pistoiesi, per affrontare, con serenità, l'inevitabile.
p.s. per chi avesse la fortuna di trovarsi a Roma, consigliamo la visita alla mostra fotografica Tiziano Terzani. Clic! 30 anni d’Asia, presso il Palazzo Incontro, non lontano da Montecitorio, un'esposizione di fotografie dello scrittore toscano. Curata da Folco Terzani, la mostra ricostruisce, attraverso più di cento scatti in bianco e nero, i viaggi del padre: Vietnam, Cina, Filippine, Giappone e India. Da non perdere!


mercoledì 6 aprile 2011

Promessi Sposi d'Italia


(foto da internet)


L’Italia ha compiuto 150 anni poche settimane fa. Ci sono stati festeggiamenti, cerimonie e non sono mancate le polemiche, soprattutto su quanto ci si sente italiani sia tra politici che tra semplici cittadini.

Oggi i chiodini vogliomo ricordare una celebrazione molto originale, organizzata dalla Rete G2 – Seconde Generazioni, con il supporto di Save the Children, in cui si è letta una delle opere fondanti dell’unità nazionale, I promessi sposi di Alessandro Manzoni, ribattezzato in questo giorno speciale Promessi sposi d'Italia questa cittadinanza s’ha da fare!, visto che, durante l’evento sono stati affrontati dai ragazzi della Rete G2 e dagli ospiti in sala i principali temi che attraversano quotidianamente la vita delle seconde generazioni, dalla cittadinanza al diritto allo studio e al voto. Si è dato spazio ad alcune testimonianze personali delle seconde generazioni, in particolar modo, si è parlato su cosa significhi crescere in Italia, sentirsi italiani, per poi scoprire di non esserlo formalmente.

(foto da internet)


Voci di ragazzi e ragazze di diversa origine e provenienza, nati e/o cresciuti in Italia, si sono passati il testimone tra inserti musicali e testimonianze personali e hanno accompagnato il pubblico in un suggestivo viaggio nel passato del Paese, per meglio comprenderne e guidarne il futuro in una no-stop di 3 ore durante la quale si sono letti brevi frammenti dei Promessi Sposi, il romanzo che più d’ogni altro ha contribuito a formare l'identità nazionale e che proprio oggigiorno rappresenta un testo di grandissima attualità. Si è letto con passione un testo che quasi tutti gli studenti dovrebbero conoscere bene, in quanto d'obbligo nei licei.



(foto da internet)


I lettori si dividevano in due gruppi: da un lato italianissimi personaggi dello spettacolo, dall'altro figli di immigrati nati e/o cresciuti in Italia, ma che spesso l’Italia non riconosce a tutti gli effetti come propri cittadini. La sala del Tempio di Adriano a Roma, colorata stile bandiera dalle luci, è diventata cosi un luogo simbolo dove persone, dai tratti somatici e origini differenti, hanno letto l’italianità di quest’opera.

(foto da internet)

Ma, pomposità a parte, si è organizzato questo evento per ricordare la legge che vige attualmente in Italia sulla cittadinanza. Si è voluto gridare con la forza della lettura contro una normativa che non riconosce come cittadini chi nasce e cresce, studia e investe nel Belpaese. C’erano figli di immigrati che neanche riescono a concepire il fatto di non essere italiani, visto che è l'unica patria che hanno abitato. In realtà sono immigrati nel paese dove sono nati: infatti, con l’attuale normativa, chi nasce in Italia, rimane straniero fino al compimento del 18-esimo anno, e dopo ha un anno di tempo per fare la domanda di cittadinanza. Per chi, invece, ci arriva in tenera età, non ci sono speranze: deve seguire tutto l’iter come qualsiasi altro immigrato, con almeno dieci anni di residenza, un reddito adeguato ecc.


Vi lasciamo con la prima parte dello sceneggiato prodotto dalla RAI nel 1989

lunedì 4 aprile 2011

Arte e proverbi

Il proverbio , dal latino proverbium (pro=avanti e verbum=parola), è un detto breve e arguto, che si basa sulla saggezza popolare e fornisce consigli pratici. Nonostante molti considerino questi detti perle di saggezza popolare, non tutti sono della stessa opinione.
Di origini antichissime, la prima testimonianza scritta della loro esistenza risale al secolo XVIII a.C. e posteriormente furono usati anche da romani e greci, per questo si presentano spesso in forme straordinariamente simili presso i popoli più diversi.
Non vi sarà difficile quindi individuare l'equivalente nella vostra lingua dei proverbi che troverete in seguito. Che ne dite, vi va di tentare?
Le immagini sono tratte da una mostra dedicata alla saggezza popolare, un concorso che ha consentito agli oltre duecento artisti partecipanti di dare colore a una moltitudine di proverbi, luoghi comuni, modi di dire.

Chi va con lo zoppo, impara a zoppicare, Sara Marchetto.
Immagine tratta da Tapirulan.

Chi è debitore non riposa mai come vuole, Pietro Montaldi.
Immagine tratta da Tapirulan.

Quando il gatto non c'è i topi ballano, Rosario Marineo.
Immagine tratta da Tapirulan.


Gli amici sono come gli ombrelli, quando piove non li trovi mai,
Francesca Mariani. Immagine tratta da Tapirulan.

L'erba del vicino è sempre più verde, Damaride Marangelli.
Immagine tratta da Tapirulan.
A Carnevale ogni scherzo vale, Laura Marasso.
Immagine tratta da Tapirulan.

Troppi galli a cantare, non si fa mai giorno, Michele Mancini.
Immagine tratta da Tapirulan.

Chi dorme non piglia pesci, Siria Bertorelli.
Immagine tratta da Tapirulan.

Piove sui ricchi come sui poveri, ma i ricchi hanno l'ombrello.
Autrice: Dafne Federici. Immagine tratta da Tapirulan.

Autore: Christian Imbriani
Immagine tratta da Tapirulan

Il lavoro nobilita l'uomo, Stefania Infante,
Immagine tratta da Tapirulan

Il lupo perde il pelo ma non il vizio, Filippo Ceccagno,
Immagine tratta da Tapirulan

Ne ferisce più la lingua della spada, Enrico Bertelli,
Immagine tratta da Tapirulan

Chi va piano va sano e va lontano, Barbara Bassi,
Immagine tratta da Tapirulan

Cielo a pecorelle pioggia a catinelle, Annalisa Agró.
Immagine tratta da Tapirulan.

venerdì 1 aprile 2011

L'uomo che chiamava Teresa



(foto da internet)

L'uomo che chiamava Teresa è un racconto di Italo Calvino che fece parte de Gli apologhi e racconti (1943-1958). Più tardi venne ripubblicato col titolo de Prima che tu dica pronto, in un volume che contiene i dialoghi, gli articoli pubblicati su varie testate tra il 1943 e il 1984. Il libro è preceduto da un'auto-prefazione dello stesso Calvino. I testi raccolti in questo volume appartengono per lo più alla piena maturità di Calvino. I temi che lo scrittore italiano affronta sono ancor oggi particolarmente sensibili: le forme di governo e di malgoverno, la caduta degli ideali e dei convincimenti, le insidie della tecnologia. Vi sono anche due "interviste impossibili" (con l'uomo di Neanderthal e Montezuma) e un remake dei Tre Moschettieri, ambientati nella città di Marcovaldo.
Il video che vi proponiamo è un cortometraggio scritto, diretto e interpretato dai nostri studenti, liberamente tratto dal racconto sopraccitato. Buon divertimento!



L'uomo che chiamava Teresa from pezenelagua on Vimeo.


L’uomo che chiamava Teresa

Scesi dal marciapiede, feci qualche passo a ritroso guardando in su, e, giunto in mezzo alla via, portai le mani alla bocca, a megafono e gridai verso gli ultimi piani del palazzo: Teresa!
La mia ombra si spaventò della luna e mi si rannicchiò tra i piedi.
Passò uno. Io chiamai ancora: Teresa!- Quello s’avvicinò, disse: Se non chiamate più forte non vi sente. Proviamo in due. Allora: conto fino a tre, al tre attacchiamo insieme- E disse:- Uno, due, tre.- E insieme gridammo: Tereeesaaaaaa!
Passò un gruppetto d’amici che tornavano dal teatro o dal caffè e videro noi due che chiamavamo. Dissero:- Su, che vi diamo una voce anche noi- E anche loro vennero in mezzo alla strada e quello di prima diceva uno due tre e allora tutti in coro si gridava: Te-reeeee-saaaaa!
Passò ancora qualcuno e si unì a noi; dopo un quarto d’ora eravamo radunati in parecchi, una ventina, quasi. E ogni tanto arrivava qualcuno nuovo.
Metterci d’accordo per gridare bene, tutti insieme, non fu facile. C’era sempre qualcuno che cominciava prima del tre o che tirava troppo in lungo, ma alla fine si riusciva a fare già qualcosa di ben fatto. Si convenne che- Te- andava detto basso e lungo, -re- acuto e lungo,- sa- basso e breve. Veniva molto bene. Poi ogni tanto qualche litigio per qualcuno che stonava.
Già si cominciava a essere affiatati, quando uno, che a giudicare dalla voce, doveva avere la faccia piena di lentiggini, chiese:-Ma siete proprio sicuro che sia in casa? -Io no- risposi. Brutt’affare- disse un altro. Dimenticato la chiave, vero? Per quello -dissi io- la chiave ce l’ho
Allora - mi si chiese- perché non salite?
Ma io non sto mica qui- risposi- Sto dall’altra parte della città.
-Ma, allora, scusate la curiosità- chiese circospetto quello con la voce piena di lentiggini- qui chi ci sta? Non saprei davvero- dissi.
Ci fu un pò di malcontento intorno. Ma si può sapere allora- chiese uno con la voce piena di denti- perché chiamate Teresa qua sotto?
Per me - risposi- possiamo anche chiamare un altro nome, o in un altro posto.
Per quel che costa. Gli altri ci rimasero un po’ male.
- Non avete voluto mica farci uno scherzo? - chiese quello delle lentiggini, sospettoso.
- E che?- dissi, risentito e mi voltai verso gli altri a chieder garanzia delle mie intenzioni. Gli altri restarono in silenzio, mostrando di non avere raccolto l’insinuazione. Ci fu un momento di disagio.
- Vediamo -disse uno, bonario- Possiamo chiamare Teresa ancora una volta, poi ce ne andiamo a casa.
- E si fece ancora una volta- uno due tre Teresa!- ma non riuscì tanto bene. Poi scantonammo, chi da una parte, chi dall’altra.
Ero già svoltato in piazza, quando mi parve di sentire ancora una voce che gridava:
Teeee– reeee — saaaaaa!
Qualcuno doveva esser rimasto a chiamare, ostinato.

Italo Calvino