mercoledì 29 settembre 2010

Quelle "regoline" per non dimenticare!!!

(foto da internet)

Quanti giorni ha settembre? Aspetta, fammi pensare Trenta giorni ha novembre con april, giugno e settembre, di ventotto ce n'è uno, tutti gli altri ne han trentuno... Sicuro che è la prima risposta che viene in mente per ricordare l'ultimo giorno del mese.
Alzi la mano chi almeno una volta nella vita non lo ha recitato!
Adesso Pinuccia Ferrari Dossena, giallista, "gattara", ha raccolto "le magiche regole per non dimenticare".

(foto da internet)

Molti diranno puro nozionismo del tempo che fu, ma che, però, ha aiutato generazioni di scolari nel difficile compito di districarsi tra accenti, doppie, formule matematiche e fisiche. Stefano Bartezzaghi nella prefazione scrive: «Anche i sistemi coatti con cui una volta si era costretti a mandare a memoria sciocchezze come i nomi delle catene delle Alpi ("Ma con gran pena le reca giù") rivelano così il loro senso: ora che nessuno ci obbliga ad adottarli diventano giochi».



(foto da internet)

Ormai la grammatica è un optional anche e soprattutto grazie all'anarchia che vige nell'universo degli sms, e-mail e quant'altro. Sono passati solo cinquant'anni da quando i maestri facevano imparare la filastrocca ... Are, ere, ire l'acca fan fuggire, oppure Scienza e coscienza della i non fanno senza. Se Io speriamo che me la cavo, caso editoriale di Marcello D'Orta e conseguente film di Lina Wertmüller ha fatto storia con gli strafalcioni dei sessanta temi di altrettanti ragazzini napoletani, oggi forse nessuno si stupirebbe, e di certo non se ne stupirebbe la ministro della Pubblica Istruzione Maria Stella Gelmini. Però sarebbe senz'altro utile avere ancora a mente: Su qui e qua l'accento non va su lì e su là l'accento ci sta; su me e su te l'accento non c'è e non lo vuol su ma lo vuol giù e lo vogliono pure lì, là, più.



Per chi non aveva una "beatiful mind" la matematica poteva diventare un incubo. Ma ecco le scappatoie mnemoniche: Fatti Vedere Sabato, la formula F+V=S+2, ossia il teorema per cui, in un solido, il numero di facce più il numero dei vertici è uguale al numero degli spigoli più due.
Oppure la più celebre: Della sfera il volume qual è? Quattro terzi pi greco erre tre .
Povera Vacca Incinta era utile per ricordare la formula che lega potenza (P), tensione (V) e corrente (I): P(t)=V(t) xI(t).


(foto da internet)



Ancora, Le Zie Parlano Di Dio, sono le iniziali delle cinque fasi della meiosi, la riproduzione delle cellule sessuali: Leptotene, Zigotene, Pachitene, Diplotene, Diacinesi.
Sacred manor è l'espressione che richiama gli apparati del corpo umano: scheletrico, circolatorio, respiratorio, digerente, muscolare, nervoso, riproduttivo.
E come rammentare quei terribili imperativi irregolari in latino? Dic, duc, fac, fer se ne andarono alla guer. Se non era per fio, fis, ammazzavano volo e vis.

lunedì 27 settembre 2010

Il cinema italiano del terzo millennio

(foto da internet)

Al via lezioni 2010-2011! E per iniziare alla grande il dipartimento di italiano dell' EOI di Sagunt vi propone un'attività culturale che si terrà i venerdì in cui c'è lezione: Il cinema italiano del terzo millennio. Si tratta della proiezione di 16 film italiani in versione originale, di cui in seguito vi elenchiamo titoli, date e luoghi di proiezione:
  1. Le fate ignoranti (VOSI), regia di Ferzan Ozpetek. 1º ottobre alle 10:00 (aula 26 EOI) e alle 17:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  2. La finestra di fronte (VOI), regia di Ferzan Ozpetek. 1º ottobre alle 12:00 (aula 26 EOI) e alle 19:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  3. Il caimano (VOSI), regia di Nanni Moretti. 8 ottobre alle 12:00 (aula 26 EOI) e alle 19:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  4. Dopo mezzanotte (VOI), regia di Davide Ferrario. 8 ottobre alle 10:00 (aula 26 EOI) e alle 17:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  5. Mio fratello è figlio unico (VOSI), regia di Daniele Luchetti. 22 ottobre alle 10:00 (aula 26 EOI) e alle 17:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  6. Generazione 1000 euro (VOI), regia di Massimo Venier. 22 ottobre alle 12:00 (aula 26 EOI) e alle 19:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  7. Colpo d'occhio (VOSI), regia di Sergio Rubini. 5 novembre alle 12:00 (aula 26 EOI) e alle 19:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  8. L'uomo perfetto (VOI), regia di Luca Lucini. 5 novembre alle 10:00 (aula 26 EOI) e alle 17:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  9. Mine vaganti (VOI), regia di Ferzan Ozpetek. 12 novembre alle 10 (aula 26 EOI) e alle 17:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre).
  10. Riprendimi, regia di Anna Negri. 12 novembre alle 12:00 (aula 26 EOI) e alle 19:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  11. La lingua del santo (VOI), regia di Carlo Mazzacurati. 26 novembre alle 10:00 (aula 26 EOI) e alle 17:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  12. Lezioni di cioccolato (VOI), regia di Claudio Cupellini. 26 novembre alle 12:00 (aula 26 EOI) e alle 19:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  13. Diverso da chi (VOI), regia di Umberto Carteni. 10 dicembre alle 10:00 (aula 26 EOI) e alle 17:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  14. Questione di cuore, regia di Francesca Archibugi. 10 dicembre alle 12:00 (aula 26 EOI) e alle 19:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  15. Tutta colpa di Giuda (VOI), regia di Davide Ferrario. 14 gennaio alle 10:00 (aula 26 EOI) e alle 17:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre);
  16. La giusta distanza (VOI), regia di Carlo Mazzacurati. 14 gennaio alle 12:00 (aula 26 EOI) e alle 19:00 (aula C10 IES Camp de Morvedre).
Vi attendiamo numerosi e vi diamo il benvenuto al nuovo anno scolastico!

venerdì 24 settembre 2010

Alla caccia del maschio (?)


(foto da internet)

Questo post è dedicato alla chiodine più osé.
Arianna Chieli e nadiolinda (al secolo Nadia Busato), hanno appena pubblicato Obiettivo maschio, (Dalai editore, 16 euro), un libro-manuale, ad uso femminile, che punta sulla caccia dell'uomo metropolitano.
Le due autrici assicurano che le donne sono tutte cacciatrici, indipendentemente dal loro stato civile. Lancia in resta, dunque, verso l'obiettivo.

Ecco a voi la semplice tipologia della preda, stabilita dalle nostre:

1. Maschio di tipo a): "l'amica che hai sempre sognato con una dotazione extra in mezzo alle cosce".

2. Maschio di tipo b): "un uomo vero, un maschio verace, genuinamente eterosessuale, incredibilmente attraente".

Il libro offre consigli su come vestirsi, che musica scegliere, che profumo mettere, che vestiti indossare, film da vedere, libri da leggere e persino cosa bere, e stabilisce una divertente tipologia delle coppie: feticista-Imelda de noantri, mammone negazionista-Divino Trans, uomo ronda-gattamorta, single macrobiotico-eco chic, mister quanto so' 'bbono-aliena.

Nel link che vi proponiamo, potrete trovare un decalogo molto divertente della cacciatrice metropolitana (chissà perché, vengono escluse le ragazze di campagna...).
Le due scrittrici propongono alle donne che escono a cacciare di riconoscersi in un determinato profilo. Da lì, è un gioco da ragazzi: basta seguire i saggi consigli delle due autrici, per mettere a segno il colpo.

Non ci resta che augurarvi una buona battuta di caccia!

mercoledì 22 settembre 2010

L'inno della polemica

(foto da internet)


Nel non tanto lontano 2008, e precisamente, per sostenere la campagna elettorale di Silvio Berlusconi, un cantautore veronese, Andrea Vantini, compose il brano il cui ritornello fu un vero e proprio tormentone per i votanti/fanatici del Popolo della libertà, «Meno male che Silvio c'è»: da tormentone diventò l'inno per antonomasia al cavaliere per eccellenza.`



Una canzone che, secondo il suo autore, non deve essere usata in contesti diversi da quelli celebrativi. E proprio per questa ragione il compositore ha intentato un'azione legale nei confronti di Sabina Guzzanti, per il film Draquila.
Ma non è finita qui: ha coinvolto anche la Bbc, che ha trasmesso il documentario The Berlusconi Show, nonché l'autore del film Videocracy, Erik Gandini.



(foto da internet)


Insomma sono tutti accomunati dalla stessa "colpa": «Aver utilizzato in maniera impropria il brano A Silvio». «Voglio chiedere i danni morali. Ho informato il premier, che si è detto d'accordo con l'azione legale». Nella causa si chiede anche la distruzione di tutti i master o esemplari dei film "incriminati".
La notizia è stata data dalla stessa Guzzanti che, sul suo blog, racconta, sarcastica, di aver ricevuto «la querela più bella della sua collezione». L'autore del brano avrebbe spiegato, in una missiva firmata dal suo avvocato, che l'inno A Silvio, «è stato da lui creato per celebrare oltre che l'uomo, il politico Silvio Berlusconi». A Vantini non è andata giù una scena del film Draquila, in cui alcune comparse, inquadrate tra un cumulo di macerie della città di l'Aquila, intonano la sua creazione.



(foto da internet)

Vantini insiste con la sua spiegazione: «La Guzzanti non si è neanche degnata di chiedermi il permesso di usare il mio brano. Forse perché sapeva che non glielo avrei mai accordato. Il che, ovviamente, non l'autorizza a servirsene impropriamente. Questa non è una causa per una violazione del diritto d'autore, anche se mi risulta che in un caso non siano stati neanche pagati i diritti come previsto dalla legge - ci tiene a precisare - Voglio chiedere i danni morali perché queste persone hanno sputtanato Berlusconi. La Guzzanti, poi, si è permessa di accompagnare la canzone ad una scena in cui si sfruttano le macerie dell'Aquila».

Ovviamente il Berlusca ne è al corrente e cos'ha detto? «Fai benissimo».

lunedì 20 settembre 2010

La banca del tempo

Intervista di Gianpiero Pelegi al gesuita Carles Martínez

In tempo di social network, questa intervista al gesuita Carles Martinez, che riprende esperienze americane degli anni '70, suona emblematica; in alcuni piccoli borghi, almeno fino alla fine degli anni '50, la Banca del Tempo era una constante di vita. Il Tempo era scambiato.

GP: Gianpiero Pelegi

CM: Carles Martínez

GP: Carles, che cos’è la banca del tempo?

CM: Innanzitutto, bisogna precisare che non è una banca vera e propria. È un sistema economico mediante il quale vari utenti possono offrire e/o domandare dei prodotti, o dei servizi, senza l’intervento della moneta ufficiale del paese. Quindi, è uno strumento che fomenta la cooperazione e la solidarietà fra le persone, e che migliora la loro qualità di vita.

GP: Qual è allora l’unità di scambio?

CM: In questa banca si scambiano dei servizi -e/o delle attività- nei quali l’unità di scambio e di valore è sempre la stessa per tutti: “il tempo”. Un’ora si scambia per un’altra ora, independentemente dai servizi e dalle attività richiesti o svolti. Quindi, ha lo stesso valore una lezione d’inglese, o di matematica, che la cura di una persona anziana. In questa banca esiste un libretto di assegni, chiamiamolo così, a disposizione dei partecipanti il cui valore totale deve tendere sempre allo zero: io, ad esempio, posso offrire un assegno per valore di un’ora a te che, in questo momento, hai bisogno di studiare Sant’Agostino (ride); e tu, in qualsiasi altro momento, me ne darai un altro –sempre per valore di un’ora-, per ripassare il mio italiano un po’ arrugginito (ride). Siamo in parità.

GP: Quali sono gli scopi che si propone quest’iniziativa?

CM: Fomentare i principi di uguaglianza e di solidarietà, l’altruismo, l’integrazione sociale, il rispetto. Vorremmo poter migliorare le relazioni personali, l’autostima, la giustizia sociale… Vorremmo poter generare dei vincoli tra le persone che vogliono offrire agli altri una parte del loro tempo. Inoltre, gli scambi possono essere trasversali: persone, associazioni, organizzazioni, istituzioni, ecc..

GP: È una specie di rete tra le persone. Questa banca può, quindi, mobilitare delle grandi risorse…

CM: Sì, senz’altro. Le abilità, le conoscenze, la collaborazione fra le persone vengono messe in comune per un progetto comune.

GP: Qual è stata la risposta della gente a quest’iniziativa?

CM: La sua effettività è un dato di fatto. Tutti abbiamo bisogno di ricevere qualcosa e, nello stesso tempo, ci sentiamo utili quando possiamo offrire qualcosa agli altri. Ad esempio -e faccio un esempio banale- pensa al valore che può avere per una persona anziana che ha bisogno di compagnia, sapere che qualcuno ha cura di lei e, a cambio, poter insegnare a cucinare ad un/a giovane che non sa neanche friggere un uovo!

GP: Parliamo dei benefici per la comunità.

CM: Quando molte persone si uniscono per offrire (e per ricevere) del tempo, si generano numerose attività che vanno a beneficio della comunità. Si crea, quindi, una rete basata sulla partecipazione, sul rispetto, e, se mi permetti, su quella che dovrebbe essere, a mio avviso, la politica in senso lato: cominciamo a cambiare noi stessi, e il nostro miscrocosmo, prima di voler cambiare il mondo.

GP: Quali sono i concetti basilari di questa banca così peculiare.

CM: Sono fondamentalmente quattro: le persone; la ridefinizione del lavoro; il concetto di reciprocità e la costruzione di un nuovo capitale sociale.




GP: Andiamo per ordine: parliamo dell’importanza delle persone.

CM: Le persone sono il vero capitale del sistema: la vera ricchezza di qualsiasi società è la gente, ogni essere umano può, e deve essere, un elemento importantissimo per la società a cui appartiene.

GP: D’accordo. E come si ridefinisce il lavoro?

CM: Devono avere un nuovo valore, e un importante riconoscimento, nuove forme di lavoro: ad esempio tutti i lavori che hanno un rapporto diretto con la cura delle persone. Oggigiorno fare la badante di una persona anziana, tanto per fare un esempio, deve avere un valore alto per la società e questo valore deve essere riconosciuto.

GP: Che cosa intendi per reciprocità?

CM: La reciprocità è la chiave per poter costruire una società equilibrata e giusta. Dobbiamo cambiare dei concetti superati: dobbiamo passare dal tu hai bisogno di me, al noi abbiamo un bisogno reciproco; un bisogno che è bipolare e che va dall’uno all’altro. Se, in modo permanente, c’è sempre qualcuno che dà (o che vende) e un altro che riceve (o compra), chi dà occupa sempre una posizione di privilegio e chi riceve, invece, ha una posizione più debole. Tutti, nel sistema devono poter dare e ricevere affinché si possa realizzare uno sviluppo completo del valore rappresentato dal nuovo capitale sociale.

GP: È la volta del nuovo capitale sociale come dici tu. Come si costruisce?

CM: Queste nuove reti sociali sono rafforzate dai contributi offerti dal capitale umano: e cioè dall’entusiasmo, dalla fiducia, dall’impegno e dalla reciprocità. Tutto ciò conduce ad una crescita constante del capitale umano che viene costruito fra tutti i soggetti partecipanti. Un capitale umano stabile e forte conduce a società più forti e più stabili. Questo concetto si può definire come nuovo capitale sociale.

GP: Quando nasce l’idea della banca del tempo?

CM: Negli Usa degli anni ’70, quando Edgar Cahn, un kennediano convinto, cominciò ad ideare un sistema che potesse, in mancanza di aiuti sociali delle istituzioni, sostenere le comunità che avevano bisogno di tali aiuti e cominciò a parlare di coproduzione.

GP: Come si sviluppò?

CM: Cahn si rese conto che ogni comunità ha bisogno, per potersi mantenere stabile, di lavori che definì come lavori invisibili (la cura dei bambini, la sicurezza della comunità, l’attenzione agli anziani e ai più deboli…); tutte attività che, di solito, non avevano lo status di lavoro, ma che erano imprescindibili per il sostegno di qualsiasi società, e che, sempre e comunque, venivano assicurati dalla società stessa. Cahn arrivò alla conclusione che in questo tempo utilizzato per occuparsi delle persone c’era un'energia potenziale con un alto valore che poteva essere visualizzata e capitalizzata; quest’energia poteva, quindi, essere messa in azione e poteva intereagire su diverse scale.

GP: Una piccola rivoluzione, insomma.

CM: Sì. La banca del tempo può offrire, attualmente, moltissimi servizi e la scala su cui può operare è vastissima: pensa che ci sono anche delle esperienze online. In definitiva, credo che la vera ricchezza non risieda nell’accumulazione materiale dei beni, ma nella collaborazione positiva fra le persone.

venerdì 17 settembre 2010

Leggende del XXI secolo

(foto da internet)

C'erano una volta le leggende. Narravano di fatti eccezionali, delle gesta di eroi, di esseri fantastici, di amori e di tradimenti. Oggi, nell'era di Internet, della tecnologia e delle comunicazioni di massa, le leggende sono diventate metropolitane e continuano a intromettersi nella vita quotidiana.

È vero, per esempio, che in un certo prodotto è nascosta una pericolosa sostanza cancerogena?
E nelle campagne nostrane circolano indisturbate misteriose pantere fantasma?


(foto da internet)

Paolo Toselli, studioso di misteri, di questi e tanti altri inquietanti interrogativi si occupa ormai seriamente da oltre 20 anni, e con un gruppo di altri appassionati di mezza Italia, ha dato vita al «Centro per la raccolta delle voci e delle leggende contemporanee».

Un anniversario che viene celebrato con una mostra, «C'era una volta», che si inaugura oggi, venerdì 17 settembre, ad Alessandria, al Museo Etnografico. Ovviamente la data non è frutto della casualità, quale modo migliore per sfifare le credenze superstiziose?
«Nel 1988 - ricorda Toselli - erano usciti in Italia i primi libri, tradotti, sull'argomento e anche i primi articoli. Occupandomi all'epoca di ufologia, da tempo era al centro del mio interesse il meccanismo di come circolavano e venivano trasmesse le informazioni al riguardo. Da qui alle leggende urbane il passo è stato breve: perché non raccogliere, conservare e cercare di andare all'origine di queste storie?».


(foto da internet)



Il risultato è una mole enorme di materiale, che Toselli conserva a casa sua e nei quali sono finiti, ad esempio, la storia della raccolta degli scontrini fiscali per donare una carrozzella a una persona indigente («nata nel 1991 ad Alessandria»).
In quelle carte si parla pure dell'incolpevole tronchetto della felicità, già accusato di ospitare velenosissimi ragni e, nell'estate 1987, imputato anche di diffondere l'Aids: diceria infondata che però causò un'ondata di panico fra quanti tenevano nelle loro case questa pianta.
Si analizzano i racconti («una vera epidemia nel settembre 1993») di bambini rapiti al supermercato da nomadi e ritrovati quando ormai erano già stati rapati a zero.
Narrazioni fantasiose, diffuse da una parte all'altra dell'Italia con il passaparola e, a volte, anche con qualche articolo di giornale. Un cammino che ora la capillare rete di collaboratori del Centro ha cercato di compiere a ritroso, spesso riuscendovi, riportando quelle storie alla loro vera dimensione, quella di leggenda, appunto, seppur moderna.




(foto da internet)



Poi è arrivato il «ciclone Internet», che ha cambiato tutto. Tra le novità che ha scatenato c'è la straordinaria forza delle immagini. Un conto è raccontare, spergiurando che è vero, che sull'Appennino ligure e sui monti della Valle di Susa sono stati paracadutati lupi o vipere, un conto, invece, è vedere la fotografia dell'ignaro turista sulla terrazza di una delle Torri Gemelle di New York con alle spalle il Boeing che sta per schiantarsi. La forza comunicativa è completamente diversa.
«Internet - commenta Toselli - ha, però, reso tutto più statico. Con la ritrasmissione continua del messaggio, al contrario di quanto avviene con il passaparola, non ci sono più aggiunte, modifiche, varianti».

mercoledì 15 settembre 2010

lunedì 13 settembre 2010

Una città "abbellita" dal cemento???

(foto da internet)


Italia chiama Spagna. E questa volta non è la movida, nè la corrida, neanche il flamenco e nemmeno la gastronomia. È il momento dell'urbanistica. Infatti Salerno, piccola città della Campania, famosa per la costiera amalfitana (un'oasi in una regione del Sud Italia, sempre più solo famoso per la malavita, i rifiuti o i danni atmosferici), grazie a un sindaco megalomane vuole imporsi sul panorama europeo come la Barcellona del Tirreno e su quello internazionale vuole echeggiare il profumo del petrolio di Dubai.
Un'idea lungimirante o semplicemente fuori luogo? La risposta rimane in sospeso, ma per il momento, il comune va avanti con il progetto di rivisitazione della città, disegnato dall'architetto catalano Ricardo Bofill, che trova consensi, ma anche tanti oppositori.

(foto da internet)


L'ultimo sogno del sindaco Vincenzo De Luca (soprannominato dai cittadini Vincenzo la fontana, per la sua ossessione di riempire le piazze della città con getti d'acqua maestuosi) si chiama Vela, un grattacielo di 79 metri, simile all'opera famosissima che disegna lo skyline di Dubai, ma anche gemella di quella realizzata dallo stesso Bofill a Barcellona.
E poi c'è il non meno controverso Crescent, un enorme complesso condominiale a forma di ferro di cavallo, sempre firmato Bofill, avversato da parte dei cittadini soprattutto perché priverà la città della spiaggia cittadina di Santa Teresa. Entrambi i progetti sono definiti un ecomostro, a detta degli oppositori, che hanno dato il via al sito Noveladisalerno.it, proprio per protestare contro la realizzazione dell'opera.

La vasta opera di riqualificazione comporterà una spesa di circa 220 milioni di euro, di cui 70 solo per Vela. Per gran parte dell’investimento è previsto il project financing, mentre finanziamenti pubblici dovrebbero essere utilizzati solo per alcuni interventi strutturali. Ovvero una maniera del comune per far soldi???

(foto da internet)



La notizia è che El pegote o El monstruo ha suscitato l'interesse di El País, che si fa eco della discussione del progetto dell’archistar sostenendo che anche il redattore del Piano regolatore della città di Salerno, un altro catalano famoso, Oriol Bohigas, avrebbe duramente criticato il disegno urbanistico del collega. E proprio l'architetto di moda della Barcellona olimpica, a Salerno, abbandonò il posto, dopo aver toccato con mano che il grande riformatore nonché sindaco della città tirava più per il calcestruzzo che per il verde. Almeno questa fu la versione ufficiale e, per carità, non fa onore ricordare la difficoltà di lavorare in santa pace in una zona in cui convivono parallelamente due Stati.


(foto da internet)



Insomma, la sfida di De Luca è guadagnare visibilità nazionale e internazionale mettendo sotto contratto certe stelle dell’architettura. Nel suo desiderio di erigere la Barcellona del Tirreno, il sindaco sostiene che «l’opera genererà grandi benefici non solo per la sua qualità urbanistica ed economica, ma anche perché muterà il destino della città facendola diventare un grande attrattore turistico, culturale e per il tempo libero».
De Luca ha contrattato in diciassette anni di mandato (con un'interruzione un po' disastrosa per il politico di quattro anni al Parlamento) una lista di architetti che toglie il fiato. Il recente libro La Colata, il partito del cemento descrive gli attentati urbanistici perpetrati a destra e manca in Italia, e pone come esempio di ecomostro la dismisura del Crescent: 280 metri di lunghezza per 28,10 metri di altezza.



venerdì 10 settembre 2010

La ballerina di Bagdad


(foto da internet)


La scrittrice valenzana Gemma Pasqual ci onora con la sua amicizia. Abbiamo ricevuto questo suo testo, che introduce la pubblicazione del libro Llàgrimes sobre Bagdad in italiano, col titolo La ballerina di Bagdad, edito da poco nel nostro paese, presso San Paolo. A Gemma vanno le nostre più vive congratulazioni.

Non so come e perché, un giorno lessi una notizia sul giornale La Presse di Montreal, del 13 gennaio 2003. Il titolo diceva: «Nel clima di guerra, le bambine iraniane iniziano a studiare danza. Come nella altre scuole di danza del mondo, le allieve della scuola di musica e arte di Bagdad preparano un saggio finale. La differenza sostanziale consiste nel fatto che le alunne non sanno se la rappresentazione si terrà sotto le bombe e i missili».
La notizia spiegava che c’erano circa venti bambine iscritte al corso di danza e che le lezioni continuavano, con una certa regolarità, grazie allo sforzo della loro maestra Zikra Minhaim.
Mi sembrò incredibile! Non avrei mai potuto immaginare che in quella città devastata dalle bombe, in quella città che entrava ogni giorno nel salotto di casa mia dalla finestra del telegiornale, ci fosse spazio per la danza.
Ci pensai su e volli conoscere altre cose su quel paese distrutto dalla guerra che, in un tempo lontano, era stato la culla della civiltà: lì venneinventata la scrittura, e lì nacque la bellissima Sharazad.
Mentre cercavo nei libri, nei giornali e su Internet, tutte le notizie sull’Iraq, ebbi modo di conoscere la vita quotidiana della gente: le casse lussuose dei ricchi, le villette a schiera del ceto medio e le periferie densamente popolate dei più poveri. Osservai come quella guerra crudele aveva fatto retrocedere di secoli un intero paese.
Come in tutte le guerre, sono le donne e i bambini a pagare l'altissimo prezzo del conflitto, però in questo caso concreto la realtà era inquietante: si era passati dalla dittatura di Saddam al caos dell’occupazione.
Le donne soffrivano ogni giorno una violenza indiscriminata; avevano perso i diritti basilari di ogni essere umano e la denutrizione e le malattie minacciavano i più piccini.Nel mio libro ho voluto riflettere proprio questo universo: come una famiglia, nella quale tutti noi ci possiamo riconoscere, perde, all'improvviso, tutto ciò che ha e realizza un viaggio nel tempo fino al Medioevo: senza luce, senz'acqua, senza cibo...
Vorrei che i nostri adolescenti riflettessero e pensassero ai vantaggi di vivere nel cosiddetto Primo Mondo e, che, allo stesso tempo, cercassero di riconoscersi nella protagonista del romanzo, e che potessero sentire, anche per un istante, la sua sofferenza.
Vorrei che quando si sentisse parlare dell'Iraq, della guerra, quando gli attentati irrompessero nelle nosttre case, quasi ogni giorno, dalla finestra del telegiornale, pensassimo a Erfan, alla piccola Mawj o a Murtada, e a tutti i bambini che, come loro, soffrirono la guerra ,crudele e sanguinaria, che ha distrutto il paese.

Gemma Pasqual i Escrivà

mercoledì 8 settembre 2010

Comunicazione con sigle

(foto da internet)




Non è chiaro perché, ma si parla e si scrive sempre di più con acronimi, cioè con quelle paroline, generalmente composte di tre o quattro lettere, scritte tutte in caratteri maiuscoli, che sono formate con le lettere o le sillabe iniziali di determinate parole di una frase o di una definizione. Il fenomeno è universale. Impazza in tutte le lingue, ma è soprattutto un fenomeno che si esporta dall'l'inglese, visto l'amore della lingua di Shakespeare per la brevità e per il suono sincopato di una sigla.




(foto da internet)



In italiano sono conosciute a tutti, e ormai parte del vocabolario comune, le sigle A.C.I (Automobil Club Italia), R.A.I. (Radio Audizione Italiana), o D.I.A. (Direzione Invetigativa Antimafia). Nessuno si stupisce a leggere o ascoltare queste frasi?


(foto da internet)



Prendere in prestito gli acronimi dall'inglese sembrerebbe un po' esagerato, però fatto sta che il nuovo termine per indicare "il capo dirigente di un'azienda", ovvero "amministratore delegato" l'italiano lo prende in prestito dall'acronimo inglese Ceo (Chief Executive Officer). Gli acronimi hanno invaso l'economia e la finanza, ma pure il sindacalismo, le forze armate, i servizi di sicurezza, il mondo accademico, lo sport, i media. Si va dalla Cia all'Fbi, dal Kgb alla Stasi, dall'Eta all'Ira, senza dimenticare la Bbc, il Ddt e il Wc.

Poi c'è una seconda categoria di acronimi, che il trimestrale Il (acronimo di Intelligent Life, rivista dell'Economist) definisce "inizialismo", ovvero mania di dire le cose usando solo le iniziali: Omg: Oh my God; Lol: Laugh out loud (fatti una risata); Asap: as soon as possible (il più presto possibile).
Insomma un linguaggio, a base di inizialismo, che è ormai dominante in email e messaggini-sms, dove si fa a gara per essere più telegrafici, per fare economia di parole e perfino di lettere, come in Cul8r, che in inglese si legge see you later= ci vediamo più tardi.





(foto da internet)






C'è addirittura chi chiude le comunicazioni con un Ta per risparmiare qualche consonante e vocale anziché dire o scrivere thanks.

La parola d'ordine è per l'appunto il risparmio: di tempo e di spazio. Comunicare più in fretta, perché gli altri non si distraggano. Gli acronimi hanno una lunga storia: dai latini ai presidenti americani Fdr e Jfk, come venivano chiamati due grandi presidenti degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt e John Fitzgerald Kennedy.
Negli ultimi tempi, però, le tre letterine danno l'impressione di voler conquistare il pianeta, come se non si potesse, o sapesse, parlare in altro modo.


Ma se da un lato è una tendenza criticabile, dall'altro si presta anche a nuove forme di creatività e di ironia. Guardate un po' come viene considerato in inglese l'acronimo della compagnia di bandiera Alitalia: Always late in take-off always late in arrival = sempre in ritardo al decollo, sempre in ritardo all'arrivo.


Sarà casuale???

lunedì 6 settembre 2010

Bici, che passione!


(foto da internet)

Lo confesso: amo la bicicletta. Ho seguito, con interesse, l'inizativa promossa dal Comune di Valencia che ha lanciato, poco prima dell'estate, il servizio Valenbisi. Mi sono abbonato subito. Sono moderatamente soddisfatto: le biciclette sono buone per una città di pianura ma mancano le piste ciclabili! Come si fa ad andare in centro se si rischia di essere investiti da macchine e da autobus strombazzanti??
Leggo, in questi giorni, che questo mezzo di trasporto sta vivendo una stagione d'oro: boom delle vendite, mercato scatenato alla ricerca di clienti sofisticati...
I designer di tutto il mondo si sono scatenati per trovare delle soluzioni sempre più interessanti per i clienti. Alla mostra Eurobike di Friedrichshafen, in Germania, la più grande esposizione europea dedicata alla bici, si possono ammirare dei prototipi incredibili: c'è la bicicletta avvolgibile, due ruote che diventano una catena (!), inventata dal ventenne designer inglese Kevin Scott, c'è la Dreamslide disegnata da Jean Marc Gobillard dove si pedala restando in piedi.
Sembra che nel mercato USA piacciano le balance bike, senza pedali, per bambini anche di un anno, e che stanno registrando una forte impennata di vendite.


(foto da internet)

Per l'Italia c'è la bici disegnata dall'architetto Alessandro Belli: ultraleggera e compattabile, può stare in uno zaino (pesa 4 chili, con un motore elettrico e ruote di 35 centimetri).
Nel nsotro paese, però, l'uso della bici in città è abbastanza limitato: il primo posto spetta a Ferrara, dove le due ruote sono, da tempo, un mezzo diffusissimo.

sabato 4 settembre 2010

Addio al telefono fisso?




Il telefono fisso, in Italia, è solo un vecchio ricordo? Ebbene, da una ricerca fatta sugli italiani e il telefono  realizzata da un’importante società di comunicazione, si scopre che solo un terzo degli intervistati preferisce il cellulare al fisso. Due terzi continuano ad utilizzarlo ancora.
Gli italiani hanno e usano il telefono fisso (69,0% degli intervistati), da casa o dal lavoro, e il 49,8% fa, almeno, una telefonata al giorno. Contrariamente a quanto si crede il cellulare non ha ancora sostituito il fisso. Ê vero che per le brevi conversazioni gli italiani preferiscono utilizzare il telefonino, ma il telefono fisso è usato soprattutto per le lunghe conversazioni. Le telefonate più lunghe dal telefono fisso le realizzano proprio i giovani (con 17 minuti di media), seguiti di poco dalle donne (con 16 minuti di media).
Chi parla di più al telefono in Italia? Al primo posto ci sono gli abitanti del centro e del nord ovest. Al sud la percentuale di durata delle conversazioni scende.
Gli intervistati manifestano che la telefonata quotidiana tra genitori e figli e quella tra amici è ancora imprescindibile. Dalla ricerca emerge che, in media, il telefono fisso è utilizzato con la stessa frequenza per chiamare e per ricevere, anche se gli uomini e i ragazzi dichiarano di ricevere le telefonate più che farle. I giovani di meno di 35 anni, però, preferiscono il cellulare al telefono fisso. Sono proprio loro a chiedere costanti innovazioni al telefono di casa.

venerdì 3 settembre 2010

Me ne frigo


(foto da La Stampa)

Il filosofo Ludwig Feuerbach diceva che siamo quello che mangiamo. E allora..., per dirla in tempi contemporanei, siamo anche quello che abbiamo e condividiamo nel nostro frigo, tra convivenze e comunità virtuali, dove un frigo diventa la stanza comune dei gusti propri e altrui, spazio di incontro e scontro, tra confezioni, monoporzioni e ripiani sezionati. Ovvero unal ente di rapporti che si consumano in stanze nettamente distinte, specchio di famiglie naturali o di convenienza economica.

Quindi il frigorifero, in cucina, è un elemento indispensabile per esprimere la personalità degli abitanti della casa, ha quel non so che che, in un secondo, dice chi è colui, colei o coloro che vivono nella cucina che Lui sovrasta, fulcro della condivisione degli spazi e dei gusti. Chi non ha un frigo tappezzato di calamite, foto o cartoline? O chi non riempie il frigo di post-it per ricordarsi di quello di cui proprio non ci si può dimenticare?




(foto da La Stampa)


L'elettrodomestico è diventato una sorta di spazio espositivo che rispecchia la vita di chi lo usa, e ne fornisce un'interpretazione quasi sempre sincera. Non è più un semplice elettrodomestico: il frigorifero è un vero e proprio termometro delle relazioni tra i coabitanti del focolare domestico.

Insomma una vita vista dal frigorifero. E da questo presupposto nasce l'idea di «Me ne Frigo», concorso per frigoriferi emergenti», organizzato dall'Associazione Fea, sotto la direzione artistica di Francesca Lonardelli, nella Torino capitale dei giovani del 2010. Paratissima ha scelto come tema per la sua sesta edizione la «Cucina» e l'idea ha preso piede.




(foto da La Stampa)

Attenzione, però, perché non si limita solo alla superficie esterna, il concorso vuole curiosare anche tra scaffali, scomparti e ripiani: all'interno si può scoprire l'organizzazione degli spazi e della spesa, metafora perfetta delle dinamiche della coabitazione. Ci sono scatti o momenti che raccontano storie, relazioni, regole e modalità di convivenza, e ci possono essere diversi piani di lettura.

Fino a qualche anno fa la coabitazione era principalmente una scelta degli studenti fuori sede, oggi coinvolge una fetta maggiore della popolazione e nasce spesso dalla necessità di contenere le spese.

mercoledì 1 settembre 2010

La sera me ne andai da Mc (Puddu's, ovviamente)

(foto da internet)

Ivan Puddu è un giovane imprenditore sardo, che ha lanciato un locale che offre un "fast-food" isolano: il Mc Puddu's. E fin qui niente di strano.
Il problema è che il signor Puddu ha ricevuto la visita -con tanto di diffida- degli avvocati della nota catena McDonald's che gli hanno intimato di togliere il Mc al marchio Mc Puddu's. Incredibile, ma vero!
Il Nostro, un po' intimidito, ha eseguito gli ordini, diventando, per ora, un più semplice De Puddu's.
Secondo il signor Puddu, la multinazionale dell'hamburger credeva che il marchio Mc Puddu’s potesse confondere il consumatore.
Ma come? L'imprenditore sardo, assieme con la fidanzata Martina e la di lui suocera, si limita a dilettare i suoi clienti con i famosi culurgiones, sfoglie di pasta ripiena di patate e formaggio: lontani mille miglia dai panini imbottiti e la Coca.
Puddu ha rinunciato al litigio con la Mc Donald’s per mancanza di soldi, però una cosa è certa: il problema con la multinazione americana gli ha fornito una magnifica operazione pubblicitaria.


(foto da internet)

Oltretutto, la Regione Autonoma della Sardegna è scesa in campo a difendere il signor Puddu.
Andrea Prato
, l’assessore all’agricoltura, difende a spada tratta il commerciante sardo.
Il presidente di Sloow Food, Carlin Petrini, ha espresso la sua più viva solidarietà nei confronti dell'imprenditore e lo ha incoraggiato ad andare in tribunale.
Lo scrittore Salvatore Niffoi, sostiene che l’errore del signore Puddu è stato quello di volersi richiamare, in qualche modo, a McDonald's.
Insomma, in piena glocalizzazione, sorprende che un colosso come Mc Donald's si scomodi a far la guerra a un'entità local come quella del commerciante sardo; o forse i fautori dei panini imbottiti hanno paura che la gente cominci a capire che glocal -nome a parte- è meglio?