martedì 31 marzo 2009

Un fungo al giorno leva il medico di torno


(foto da internet)

E' ufficiale: i funghi fanno bene alla salute. Gli scienziati dell’Università dell’Arizona (Usa) consigliano di mangiare 100 grammi di funghi al giorno per ottenere un effetto benefico su cuore e sistema immunitario.
I problemi cardiocircolatori possono essere prevenuti grazie al buon contenuto di ergotioneina, un antiossidante in grado di ridurre la quantità delle molecole adesive che favoriscono l’accumularsi della placca sulle pareti delle arterie con la conseguenza di intasarle. Ma la grande novità è che i funghi hanno anche la proprietà di aiutare il sistema immunitario. Secondo quanto emerso dai risultati dei test condotti sui topi, i funghi hanno favorito convenientemente l’attacco da parte del sistema immunitario verso agenti patogeni.
Ecco quindi un modo gustoso e conveniente di mantenersi in salute. Conveniente perché, a sorpresa, i funghi risultati più efficaci nel potenziare il sistema immunitario sono gli champignon in italiano noti anche come prataioli): quelli meno costosi e più diffusi.


(foto da internet)

Secondo il direttore del team che ha condotto la ricerca, il dottor Martin, questi funghi coltivati si sono rivelati una vera potenza nel dare una marcia in più al sistema immunitario. Sulla base dei positivi risultati ottenuti sui topi, il dottor Martin crede che gli stessi effetti si possano ottenere anche nell'uomo.
Allora, stando così le cose, approfittiamone! Ecco a voi una ricetta semplice semplice a base di funghi prataioli.
Buon appettito!

(tratto da La stampa)

lunedì 30 marzo 2009

Sgagliozze o popizze?

(foto da internet)

Paolo ruppe il silenzio."Ci stanno ancora quelli che friggono le sgagliozze?"
Mi fece un effetto strano sentirgli pronunciare quelle parole antiche. Le sgagliozze sono sottili fette di polenta, fritte in olio di freni per tir (o in qualcosa che gli assomiglia molto) e vendute a Bari Vecchia. Tipico e buonissimo cibo da strada barese. Salutare come il crack. Quando spiego cosa siano le sgagliozze l'immediata (e soprattutto legittima) domanda è sempre: cosa c'entra la polenta con Bari? Voglio dire: ti aspetteresti che la polenta fritta sia il tipico street food di Ponte di Legno o Pergine Valsugana. A Bari, attenendoci a categorie un po' ovvie, per strada, nei cartocci di carta da panificio, dovrebbero vendere le cozze fritte.
Sta di fatto però che nella città vecchia da sempre ci sono questi personaggi pittoreschi che friggono fettine di polenta e le vendono, alla faccia dell'ente nazionale per la protezione del fegato.

"Ci stanno ancora", risposi, "sotto la Muraglia vicina a San Nicola e a Piazza Mercantile, stanno."

"Le sgagliozze. Assurdo. non dicevo questa parola da venticinque anni e adesso che l'ho pronunciata mi sta facendo venire in mente tante cose che mi ero dimenticato. A cominciare dall'odore tremendo che veniva da quell'olio. C'era una vecchia che le vendeva più buone di tutte."

(foto da internet)

Questo è un brano tratto dall'ultimo libro di Gianrico Carofiglio Né qui né altrove. Una notte a Bari, dove l'autore, servendosi dell'espediente della rimpatriata notturna di tre amici che non si vedevano da vent'anni, redige una sorta di guida turistica per raccontare la città, com’era e com’è, descrivere in modo divertente ed ironico luoghi, locali, sapori baresi… proprio come quello delle sgagliozze.
L'ingresso di questa pietanza nella gastronomia popolare barese è strettamente legato alla generosa disponibilità di olio di oliva e di semola. Così, dalla polenta di semola, più tipica di zone settentrionali, tagliata a fettine e fritta in olio bollente, si ottiene una gustosissima frittura da mangiare rigorosamente calda. Quella delle sgagliozze è un'abitudine antichissima che i baresi condividono con i napoletani che chiamano questa prelibatezza scagliuozzi, ovvero scaglie, di polenta ovviamente. Oggi la tradizione continua ed oltre alle sgagliozze troviamo anche un altro tipo di frittura: le pòpizze, frittelle rotonde, morbide dentro e croccanti fuori. Nel vicino Salento le pòpizze sono più conosciute con il nome di pettole, cibo povero realizzato con un impasto di farina, sapientemente immerso a cucchiaiate in padelle colme di olio bollente.

Perché non provate a fare sgagliozze e pòpizze e ci dite quale delle due specialità preferite?

venerdì 27 marzo 2009

La pizza tecnologica

(foto da internet)



Una macchina per sfornare la pizza, calda calda. In circa 5 minuti: alla stazione, in fabbrica, nell’area di servizio di un’autostrada. Si può scegliere perfino la farcitura: margherita, prosciutto, al salame etc. A guardarla assomiglia ad un distributore di bevande. Ha il frigorifero, ma le somiglianze si fermano lì. Perché ha anche l’impastatrice (niente surgelati, solo ingredienti freschi), il distributore di farciture (mozzarella, prosciutto, salame piccante, tutto ciò che si vuole...) e soprattutto un super forno ad infrarossi che cuoce il tutto.
Let's Pizza è stata messa a punto dall'imprenditore di Rovereto Claudio Torghele: un piccolo forno automatico che unisce farina, acqua e lievito, realizza una base, la condisce con pomodoro e mozzarella freschi e la fa cuocere fino a sfornare una perfetta pizza express.




(foto da internet)


«L’idea mi è venuta anni fa negli Stati Uniti, quand’ero socio di una fabbrica di pasta fresca» ricorda Torghele.
E la pizza, allora come oggi, va sempre alla grande in tutto il mondo. Il progetto, realizzato con la consulenza dell'università di Bologna, sta riscuotendo un grande successo negli Stati Uniti, ed è pronto al lancio planetario.

Siamo sicuri che non si potrà paragonare con l’arte della vera pizza, liquidando così l’esperienza e l’arte di secoli dei pizzaioli seri, ma... che succederà? Sarà che nell’intervallo diremo ti va una pizza express al posto del caffè express?





giovedì 26 marzo 2009

Il giro del mondo in 80 sofà


(foto da internet)


Couchsurfers di tutto il mondo unitevi!

Il Couchsurfing è un fenomeno sociale che conta su quasi un milione di iscritti; in molti sono sono soddisfatti dell’esperienza. Alcuni hanno trovato l’amicizia e anche l’amore.
I couchsurfers sono quelli che fanno surf in in giro per il mondo sul divano degli altri. Sono viaggiatori low cost che amano vedere il mondo e conoscere gente nuova. Girare il mondo in piena crisi non è certo facile: si deve risparmiare sul biglietto ma anche sul soggiorno. Da qui nasce l’idea di scambiarsi il sofà. L’ospitalità viene rivisitata, grazie al web, e globalizzata.
I sofà di tutto il globo si trovano sul sito
Couchsurfing.com; basta iscriversi e registrare il proprio profilo, indicare la propria disponibilità (divano o camera da letto, specificando per quante notti il nostro ospite potrà usufruirne) ed il gioco è fatto. Basterà aspettare che qualcuno si metta in contatto con noi.

Per chi non dovesse avere a disposizione neanche un divano, niente paura! I couchsurfers possono condividere anche altri spazi: un caffè in un localino della propria città, una guida turistica, una passeggiata e quant’altro.




(foto da internet)


L’idea del couchsurfing è nata grazie allo spirito intraprendente di Csey Fenton, un giovane studente americano, il quale, durante il suo viaggio in Islanda, provò a contattare via email 1500 studenti della capitale islandese per chiedere loro ospitalità spiegando il suo irrefrenabile desiderio di visitare la loro terra. La richiesta venne accolta e Casey riuscì a vedere l'Islanda. Soddisfatto dell’impresa, Casey decise di aprire una pagina web per mettere in contatto tra loro i viaggiatori di tutto il mondo squattrinati come lui.
In sei anni di vita il sito è cresciuto esponenzialmente raccogliendo couchsurfers da 231 paesi diversi, con una media giornaliera di sessanta nuovi divani liberi.
La filosofia del Couchsurfing non è solo quella di sfruttare il divano degli altri: la sua prerogativa sta nell'unire l'utile al dilettevole: connettere persone e luoghi, creare scambi educativi, generare una coscienza collettiva, diffondere la tolleranza e facilitare la comprensione culturale; impegnarsi come individui e come collettività per rendere il mondo un luogo migliore, diffondere la conoscenza che lo scambio culturale rende disponibile.

Che ne dite?

mercoledì 25 marzo 2009

Scandalo in "Prima Linea"

(foto da internet)

Ho sempre creduto che l'amore e il comunismo si debbano intendere e sposare, salvo scordarmene a tratti, annebbiato dalla foga e dalle durezze della battaglia... Ci siamo allora induriti, senza riuscire a mantenere la capacità di tenerezza. In un'anestesia morale progressiva, che ha avuto ragione delle nostre ragioni. La logica delle armi ci ha preso non solo la mano, ma anche il cuore e la testa.

Questo è quanto afferma l’ex terrorista di Prima Linea Sergio Segio, una tesi ribadita poi nel libro Una vita in prima linea, pubblicato nel 2006 da Rizzoli. Parole che hanno suscitato aspre polemiche da parte delle associazioni dei parenti delle vittime del terrorismo e che adesso potrebbero essere ravvivate dal film di Renato De Maria, così come accadde anni fa quando due ministri di centrosinistra, Livia Turco (Pd) e Paolo Ferrero (Rifondazione), furono costretti a revocare gli incarichi affidati a Susanna Ronconi.

Molti sono i film sugli "Anni di Piombo", ma ora scatena la controversia il lungometraggio tratto dal libro di Segio. L'ex brigatista ha infatti raccontato in Miccia corta quella che viene definita come "una delle azioni più clamorose e audaci della lotta armata in Italia: l'assalto al carcere di Rovigo,C in cui Segio liberò la sua compagna Susanna Ronconi e altre tre detenute politiche. Venti chili di tritolo per aprire un varco nel muro esterno del carcere femminile e una vittima, un pensionato ucciso dalle schegge dell'esplosione.
Da questo racconto di un fatto vero è stata tratta la sceneggiatura del film. Protagonisti sarebbero
Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno, mentre a produrlo sarebbe Andrea Occhipinti, titolare della Lucky Red, con il sostegno di Raicinema, Sky e della società belga dei fratelli Dardenne.

Questa pellicola, secondo alcuni, non si doveva fare. O almeno non con i soldi dello Stato. Un anno fa la Commissione cinema del ministero aveva chiesto e ottenuto una revisione della sceneggiatura, affinché non ci fosse alcuna traccia di apologia del terrorismo. Dopo un’accurata lettura la conclusione è che il film risponde a tutti i requisiti per un finanziamento pubblico, ma la Commissione avverte la casa produttrice che se il copione cambia o qualcuno degli ex terroristi partecipa alla promozione del film, il finanziamento pubblico dovrà essere restituito fino all’ultimo centesimo.

Un timore che ha indotto Occhipinti a precisare che, in occasione del finanziamento pubblico di 1,5 milioni di euro concesso dal Ministero dei Beni culturali, non si utilizzerà in fase di promozione del film nessuno dei protagonisti reali della storia e che i proventi non andranno il favore dei reali protagonisti della vicenda”.

martedì 24 marzo 2009

Re per una notte

(foto da innternet)
In Spagna il talent vip show si chiama Mira quién baila, in Italia, Ballando con le stelle. E fin qui tutto OK, visto che siamo nella globalizzazione dei programma televisivi: dappertutto gli stessi obbrobri, reality o intratteniemento che siano, sono sempre vanesi, lunghi e demenziali.
Ma, allora, qual è la notizia?

Sabato scorso, nella gran finale (non si capisce perché gran, ma così la hanno definita i quotidiani) la conduttrice Milly Carlucci ha fatto il pieno degli ascolti e coronato re un principe. Sissignore, i Savoia, prima esiliati, poi emarginati e poi incarcerati, ancora commuovono gli italiani che, grazie al Televoto, al termine di una maratona di quasi quattro ore di trasmissione, hanno scelto la coppia vincente incoronando re il rampollo di casa Savoia il quale, a quanto pare, balla bene!
Balla merengue, liscio, tango, valer, rumba, cha cha cha etc.
(foto da internet)
Per la serie non si vuol far mancare proprio nulla: il principe di Venezia e di Piemonte è sceso in pista. Ci ha provato con la pubblicità, ci vuole provare con un partito politico, ci sta provando con l’abbigliamento (la sua linea d'abbigliamento si chiama Principe d'Italia), e anche con lo show televisivo dagli ascolti garantiti.

Le sue parole: «Sono felicissimo, ma la vittoria è soprattutto degli Italiani che mi hanno votato, che mi hanno scoperto. Ringrazio Milly Carlucci che mi ha voluto per questa bellissima esperienza, dove ho incontrato un gruppo fantastico e tanti amici. Grazie a Ballando, ho conosciuto un aspetto diverso del mio carattere, una grande forza che mi ha permesso di arrivare fino in fondo senza mai mollare!».
Aveva dichiarato di aver accettato di partecipare al programma per farsi conoscere dagli italiani: «Voglio dimostrare che so cominciare da zero. Che so lavorare duro. Quattro, cinque ore al giorno».
Mentre gode del suo trionfo, non dimentica che lui, un principe, da grande sogna di impegnarsi per il suo paese, per poter ottenere il risultato da lui agognato. «Ricordate, io non sono uno di corte ma uno di cort-ile». Gli inquilini sono stati informati, in attesa si gode le danze.
Eh sì, simpatici gli italiani!



lunedì 23 marzo 2009

El rey del mambo (italiano)

(foto da internet)


Il mambo è un ballo di origini africane che è esploso, in tutto il suo splendore, a Cuba. Il mambo ha un ritmo sincopato ed è caratterizzato da un tempo di silenzio in ogni battuta. I ballerini di mambo rappresentano assai bene la sincope con una pausa nei loro movimenti. Il mambo è il ballo che colpì Nanni Moretti nell'episodio Isole del film Caro Diario: in una saletta di un bar, mentre Moretti chiede qualcosa da mangiare, c'è un televisore acceso. La tv trasmette Anna, un vecchio film di Alberto Lattuada del 1951. In esso, una giovane suora infermiera -la splendida Silvana Mangano- si vede arrivare in ospedale il suo ex fidanzato in gravi condizioni. Mentre il chirurgo porta a termine la delicata operazione, alla donna tornano in mente immagini della sua vita e del suo legame con l'uomo tra le quali il suo passato di ballerina che interpreta il mambo El Negro Zumbón (composto dal grandissimo Dámaso Pérez Prado, noto ai piú come El rey del mambo).



(foto da internet)

Quasi coevo del film Anna troviamo un altro mambo famoso: il Mambo italiano, una popolare canzone, arrangiata da Bob Merrill nel 1954 molto nota grazie alla versione di Dean Martin. La canzone conobbe un certo successo in Italia grazie alla versione di Sofia Loren nel film La baia di Napoli del 1960 (ascolta>>).

E infine, nel nostro piccolo, giovedì 26 marzo, alle ore 18, presso il Saló d'Actes della Eoi Valencia, abbiamo organizzato lo spettacolo musicale Mambo italiano. Musica, testi e quant'altro a cura di Bruno Gullo.

Vi aspettiamo!!!

venerdì 13 marzo 2009

Il vero volto di Lucrezia Borgia

Il suo fascino proverbiale ha ispirato tragedie, opere, romanzi, film, nonché congetture di diverso genere. La sua vera identità ha sempre stuzzicato l’immaginario collettivo: era davvero una sorta di vedova nera che avvelenava i suoi amanti? Organizzava sabba satanici assieme al padre? Era l'amante del fratello Cesare che per lei uccise in duello il cognato Alfonso d’Aragona? Un cronista dell’epoca la descriveva così: “Un radioso sorriso, due trecce bionde, un fazzoletto bordato di perle, una pozione di veleno”. Molto si è detto sulla sua condotta, ma pochi sono i fatti veramente documentati. Ora invece pare che un documento vero su Lucrezia Borgia esista: sembra che una tela ritragga il vero volto della duchessa, dai lineamenti non proprio femminei. Il dipinto di proprietà della National Gallery of Victoria a Melbourne nei giorni scorsi è stato infatti identificato come un ritratto, anzi il ritratto, l’unico autentico, di Lucrezia Borgia. L’olio su tela era stato acquistato a Londra nel 1965 per £ 8.000 ed era stato intitolato “Ritratto di giovane uomo”, opera attribuita a Dosso Dossi, pittore contemporaneo di Tiziano, Raffaello e Michelangelo, che avrebbe lavorato alla corte estense, dove viveva Lucrezia.. Il quadro ha sempre istillato dubbi sul soggetto rappresentato in tutti gli esperti che lo hanno analizzato, ed è stato ritenuto costantemente una raffigurazione di giovane uomo, in parte a causa del pugnale in suo possesso. Eppure diversi sono gli indizi che inducono a pensare che si tratti di una figura femminile, a partire dallo sfondo decorato con mirto e fiori. Solo pochissime donne all’epoca potevano essere così importanti da avere l’onore di essere ritratte e Lucrezia Borgia era senz’altro una di loro. Certo quest’immagine sembra smentire la reputazione della nobildonna, che morì a soli 39 anni etichettata come donna di facili costumi e malvagità inaudita. Quando si è diffusa la notizia, curatori ed esperti da tutto il mondo si sono interessati alla scoperta ma, nonostante gli occhi puntati addosso, il museo australiano ha rifiutato di speculare sul valore del dipinto. Anzi Gerald Vaughan, il direttore del polo espositivo, a malapena è riuscito a contenere il suo entusiasmo durante l’annuncio a Melbourne. Egli ha affermato: “Quello che è stato precedentemente considerato il ritratto di uno sconosciuto realizzato da un artista non identificato sembra ormai rischiare di essere uno dei più significativi ritratti superstiti del Rinascimento, creato per mano di uno dei più grandi pittori del nord-Italia”.

Il Signor Villis, ha dichiarato: “Se confermerà di essere ciò che crediamo sarà molto importante, perché estremamente raro. Riteniamo che questo sia l’unico ritratto dipinto formale di Lucrezia Borgia”. A quanto pare l’unica affidabile somiglianza della sua figura a disposizione sarebbe un ritratto in una medaglia di bronzo, eseguito nel 1502 . A riguardo ha dichiarato il museo di Melbourne: “Il profilo del viso sulla medaglia porta una sorprendente somiglianza proprio con il nostro ritratto”.

giovedì 12 marzo 2009

Master of Coffee

(foto da internet)


Se le gambe di di David Beckham valgono circa 40 milioni di euro e la voce di Bruce Springsteen poco meno, Gennaro Pelliccia, un assaggiatore italiano, vanta il suo personalissimo record: ha la lingua più preziosa al mondo. Il suo nome, accanto ai Vip dello sport o dello show-business, finora, nessuno lo conosceva, al di fuori del suo ambiente di lavoro.

Si è venuto a sapere che il signor Pelliccia è entrato nel Guinnes dei Primati facendo assicurare la propria lingua presso i Lloyd's di Londra per la straordinaria cifra di 10 milioni di sterline, circa 11 milioni di euro.

La Costa Coffee è una nota catena di caffetteria all'italiana nel Regno Unito. Pelliccia fa l’assaggiatore di caffè: ossia la persona che deve esaminare il gusto delle innumerevoli varietà di caffè, cappuccino, latte macchiato e simili, per verificare che il sapore sia quello designato e la qualità all'altezza delle aspettative.

(foto da internet)


Le sue cellule pare che siano straordinariamente efficaci nel distiguere i sapori più nascosti. «In diciotto anni di esperienza sul campo ho imparato a riconoscere migliaia di gusti». Dunque, per lui, la bocca è diventata un tesoro da proteggere.

Non si sa mai, una tazzina bollente può procurare dolori e danni irreparabili. In realtà, Gennaro Pelliccia, non è il primo «professionista della lingua», a “coprirsi” coi Lloyd’s. Alla compagnia era già ricorso, nel 1993, un critico di cucina, Egon Ronay. Ma si era fermato a sole 250 mila sterline. La sua spiegazione era stata un capolavoro: «La mia lingua vale come le mani di uno scultore». Come dargli torto!


Cosa farebbe oggi il buon Michele della pubblicità di Glen Grant, il quale era sempre capace di riconoscere, persino bendato, il "colore chiaro, gusto pulito" del whisky?


mercoledì 11 marzo 2009

Albo signanda lapillo


Abbiamo ricevuto un meme (!): una specie di oggetto sacro per un blogger. Il meme in questione ce lo manda la collega Mariló L., docente di latino presso il liceo Matilde Salvador di Castellón, dalle pagine di un blog (Les ales de Pegàs) che i suoi alunni stanno utilizzando come quaderno della materia Referents Clàssics. E' un blog molto interessante che vi consigliamo di leggere.
Il meme che vi proponiamo è una specie di catena tra blogger che vuol fare conoscere la situazione delle materie classiche nei licei spagnoli e che si schiera apertamente a difesa dello studio della cultura classica a scuola dinanzi alla possibilità che la materia Referents clàssics scompaia.

(foto da internet)

Perché difendiamo lo studio della cultura classica a scuola? Ecco a voi i motivi:

1. Conoscere e valutare i processi culturali e gli elementi fondamentali che hanno permesso l'attuale configurazione dell'Europa come entità complessa partendo dalle radici della cultura classica.

2. Saper apprezzare nelle costruzioni intellettuali moderne (scienza, tecnica, filosofia, ecc.) l'influenza della cultura classica.

3. Saper riconoscere, come cittadini, gli elementi della tradizione classica quali le istituzioni, le leggi, le abitudini e gli strumenti giuridici della nostra società.

4. Conoscere le diverse componenti della nostra cultura e le loro manifestazioni.

5. Rispettare le culture differenti alla nostra.

6. Conoscere i modelli artistici e letterari classici e apprezzarne l'influenza nelle manifestazioni artistiche posteriori.

7. Saper riconoscere le risorse stilistiche elaborate dalla letteratura classica nei diversi livelli d'uso delle lingue moderne, specialmente nei testi letterari.

Diceva Melina Mercouri che ogni volta che qualcuno pronuncia la parola Europa, la Grecia dovrebbe incassare il copyright. Sarebbe giusto. Il titolo di questo post rimanda a un giorno lieto: il giorno in cui i bravissimi colleghi di greco e latino delle scuole spagnole hanno deciso di ricorrere a un blog d'italiano per diffondere il loro meme.

E siccome le regole del meme sono sacre (la catena deve continuare con altri 4 candidati che a loro volta gireranno quest'iniziativa ad altri 4 blogger), noi nominiamo i seguenti blog:

Buon meme a tutti!

martedì 10 marzo 2009

La rinascita della Fontana dei Quattro Fiumi



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Ci sono voluti due anni di restauro e 622 milioni di euro, ma alla fine ne è valsa la pena! La famosa Fontana dei Quattro Fiumi ha riacquistato il suo antico splendore. La grandiosa opera realizzata nel 1651 da Gianlorenzo Bernini era in condizioni pessime per lo smog e per l’invadenza dei piccioni. Per questa ragione, oltre alla pulizia dei marmi il Ministero dei Beni culturali ha decisio di installare un impianto, invisibile agli occhi di chi ammira la fontana, che grazie all’emissione di piccole cariche elettrostatiche mantiene al largo i pennuti e gli impedisce di imbrattare nuovamente una delle più grandi opere del Barocco italiano.
L’opera fu incaricata al Bernini da Papa Innocenzo X, il cui desiderio era realizzare una fontana monumentale che ornasse la piazza su cui si affacciava il palazzo di famiglia. L'opera è un'allegoria del ruolo di pacificazione del Papa nei confronti del mondo intero, rappresentato dai quattro continenti. Infatti in cima all'obelisco il Papa volle collocare la colomba della pace, che era anche l'emblema della sua famiglia , i Pamphili. La fontana si trova al centro di Piazza Navona. Si compone di un grande bacino circolare, circondato da colonnotti. Al centro c'è una roccia che sorregge un alto obelisco. La roccia ha quattro sporgenze in corrispondenza degli angoli dell'obelisco e quattro profonde fenditure in corrispondenza dei suoi lati. Su ogni sporgenza si trova la personificazione di un fiume, ognuno dei quali rappresenta un continente: per l'Africa il Nilo, per l'Asia il Gange, per l'Europa il Danubio e per le Americhe il Rio della Plata. La vicinanza della fontana alla Chiesa di Sant'Agnese in Agone, opera del suo eterno rivale Borromini, ha alimentato numerosi aneddoti popolari. Uno dei più diffusi è quello secondo cui la statua del Rio della Plata tiene alzato il braccio perché teme il crollo della chiesa e che ugualmente la statua del Nilo si copre il volto per non vederne l’orribile facciata. La verità è che la figura del Nilo ha il capo coperto perché in quel tempo non si conoscevano ancora le sue sorgenti. Un'ulteriore conferma dell'inesattezza di questa leggenda lo fornisce il fatto che la fontana fu realizzata prima della chiesa.
Se avrete la fortuna di visitare Roma prossimamente potrete dunque ammirare quest'opera in tutto il suo splendore. Se invece non rientra nei vostri progetti immediati, dovrete accontentarvi con questo!

lunedì 9 marzo 2009

E' meglio il bicchiere mezzo pieno

(foto da internet)
Un rimedio contro la crisi? L’ottimismo.

Ricordate la battuta di Beppe Grillo: «non è facile torturare un ottimista, perché se gli dai la corrente a 220V egli penserà: che bello, non mi ha dato la 380V». Sembra che questa non sia solo una presa in giro, visto che, secondo una ricerca statunitense, l’ottimismo aiuterebbe a vivere a lungo e in maniera salutare.
Lo studio, compiuto su 100.000 donne, e presentato in occasione dell’ultimo congresso annuale dell’American Psycosomatic Society, ha rivelato uno stretto legame tra uno stato d’animo brillante e propositivo e il rischio di ammalarsi di tumori, malattie cardiache o morire prematuramente.
Tra le ipotesi avanzate dagli studiosi per spiegare il rapporto di causa-effetto c’è quella secondo cui le persone ottimiste reagiscono fisicamente meglio alla stanchezza mentale, seguono più attentamente i consigli dei medici, e di conseguenza godono di una salute migliore.



(foto da internet)


Il poeta Tonino Guerra sosteneva che l’ottimismo fosse il profumo della vita, e a quanto pare così è, visto che un atteggiamento positivo nei confronti della realtà non solo la rende piacevole, ma anche più duratura. Qualcosa di simile era già stato studiato e messo nero su bianco da Enrico Finzi, sociologo, giornalista e presidente di Astra Ricerche, che nel libro “Come siamo felici” ha illustrato l’arte di godersi la vita di cui sono maestri gli italiani, popolo che secondo le statistiche più recenti ha una aspettativa di vita mediamente più lunga di altri. Il merito non andrebbe solo alla dieta mediterranea e al clima ma alla capacità di affrontare il quotidiano con lo spirito giusto, senza far troppi drammi di fronte alle difficoltà.
Nonostante sia un po’ azzardato affermare l’esistenza di un legame tra ottimismo e trend di vita salubre, è comunque vero che pensare positivo influisce in modo diretto su manifestazioni fisiche come lo stress.





venerdì 6 marzo 2009

100 anni di Futurismo


(foto da internet)

Il 20 febbraio 1909, Filippo Tommaso Marinetti pubblicò su Le Figaro i principi della letteratura futurista: 
"Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità penosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno [...]". 
Un anno più tardi, il pittore e scultore Umberto Boccioni scrisse il Manifesto dei pittori futuristi, nel quale affermava: 
"Noi vogliamo combattere accanitamente la religione fanatica, incosciente e snobbistica del passato, alimentata dall'esistenza nefasta dei musei. Ci ribelliamo alla suprema ammirazione delle vecchie tele, delle vecchie statue, degli oggetti vecchi e dell'entusiasmo per tutto ciò che è tarlato, sudicio, corroso dal tempo, e giudichiamo ingiusto, delittuoso, l'abituale disdegno per tutto ciò che è giovane, nuovo e palpitante di vita".

I principi fondamentali dell'arte e della letteratura futurista comprendevano un forte disgusto per le idee del passato, specialmente per le tradizioni politiche ed artistiche. I futuristi cantarono l'amore per la velocità, la violenza, la tecnologia. L'automobile e l'aereo, la città industriale assunsero un carattere mitico per i futuristi, poiché rappresentavano il trionfo tecnologico dell'uomo sulla natura. I futuristi glorificarono la guerra, come espressione vitalista e purificatrice e difesero un aggressivo e convinto nazionalismo che li condusse all'ispirazione del fascismo e poi a un rapporto piuttosto problematico con esso. 



(foto da internet)

Per celebrare il centanario della pubblicazione del Manifesto futurista e del movimento che influenzò in maniera decisiva l'arte del '900, sono state organizzate, a Milano e a Roma, delle mostre molto interessanti. Per le manifestazioni nel capoluogo lombardo rimandiamo all'articolo pubblicato dalla nostra collega Angela F. su Italiano per principianti? (ci sembrano molto interessanti le sue riflessioni sull'uso didattico del Futurismo in senso lato). 
A Roma, invece, è stata organizzata la mostra Futuroma, presso le Scuderie del Quirinale. In essa si possono ammirare dei capolavori futuristi quali Stati d'animo di Boccioni, i Funerali dell'anarchico Galli di Carrà, la Bambina che corre sul balcone di Balla e alcune opere di Luigi Russolo, La rivolta e Ricordi di una notte. In collaborazione con il Centre Georges Pompidou di Parigi e la Tate Modern di Londra, la mostra riafferma il ruolo fondamentale del Futurismo. In parallelo si terrà al Macro Future la mostra Futurismo Manifesto 100x100, interamente dedicata al linguaggio e allo stile dei manifesti futuristi. 
La musica è stata rappresentata dalla manifestazione La Notte Futurista, presso la Fondazione Memmo in Palazzo Ruspoli. Oltre a ciò hanno preso il via due interessanti progetti interattivi: il primo, Marinetti alla quarta, permetterà al pubblico di dialogare in tempo reale con un modello di Filippo Tommaso Marinetti dotato di intelligenza artificiale, e il secondo, Futurtal, di ricevere informazioni audio-video sul Futurismo attraverso sette totem con avatar dotati di software e stimolati da domande vocali. Nella Sala Cinema del Palazzo delle Esposizioni è stato proiettato in anteprima il documentario Sulle tracce del futurismo e dal primo al 3 aprile il Nuovo Cinema Aquila presenterà la rassegna di cinema futurista Al centro di un quadro

giovedì 5 marzo 2009

Artisti si nasce o si diventa?

(foto da internet)

L’innata fantasia dei bambini li rende potenzialmente artisti inimmaginabili. Spesso però manca loro l’istruzione previa fondamentale per la creazione di grandi opere d’arte. Eppure non sono pochi i casi di bambini che istintivamente utilizzano con estrema facilità tecniche e linguaggi artistici che non gli sono stati insegnati da nessuno, come ad esempio Mozart, Mendelssoh e Shubert che già all’età di quattro anni scrissero i loro primi componimenti musicali.
È il caso di Aelita André. Ha soltanto due anni e non è ancora in grado di articolare una frase con un senso compiuto, ma sta per allestire una mostra individuale. Sua madre, assicura che ha imparato a dipingere ancor prima di camminare. Ora i suoi “scarabocchi” si vendono a 2000 euro nella Brunswick Street Gallery di Melbourne, una delle più prestigiose gallerie d’arte della terra dei canguri.


(foto da internet)

Mark Jamieson, direttore dello spazio è rimasto a bocca aperta quando la madre della piccola, la fotografa australiana, Nikka Kalashnikova, gli ha mostrato le opere di un’artista emergente, senza però rivelarne l’età. I quadri, in olio acrilico, hanno colpito Jameson a tal punto che ha proposto alla donna di esporli insieme alle opere di altri artisti. Soltanto in quel momento l’orgogliosa mamma ha rivelato che i dipinti erano di sua figlia Aelita, una bimba di appena due anni. Il quotidiano argentino "La Nacion", che riporta la notizia citando "El Pais semanal", ha pubblicato un video di un paio di minuti che mostra Aelita all’opera e riporta il commento di uno psichitra infantile, Jaime Rodriguez Sacristan: "Sembra eccezionale ma vorrei sapere di piu' sui suoi familiari perche' cio' che vedo e' difficile da credere". Anche il direttore del Reina Sofia di Madrid, Manuel Borja-Villel ha espresso perplessità e preoccupazione, e teme che il tutto sia una "operazione di marketing".

(foto da internet)

Una cosa è sicura: non si tratta di un caso unico, come potrete constatare se guardate il video in cui Meet Zach, di soli tre anni, dimostra di avere delle doti di pittore poco frequenti alla sua età oppure quello dove Igor, di quattro anni, suona la batteria in modo davvero sorprendente!

Che ne pensate? Aelita è anche lei una bambina prodigio o si tratta di un’abile operazione commerciale?

mercoledì 4 marzo 2009

Un dibattito

(foto da internet)
Qualche giorno fa Alessandro Baricco, dalle pagine di Repubblica, ha lanciato una forte provocazione, suggerendo nuovi metodi per incentivare la cultura in Italia. La premessa è: le democrazie si reggono sulla cultura dei propri cittadini, e, quindi, qualsiasi passo che stimoli e indirizzi la crescita culturale degli italiani serve anche a questo scopo.
L’idea dello scrittore torinese è che i soldi pubblici che lo Stato destina alla cultura debbano essere dirottati dal finanziamento del teatro e della musica contemporanea verso la scuola e la TV, gli unici luoghi realmente popolari della crescita civile dei cittadini.

(foto da internet)
Scuola e TV sono i mediatori: il primo porta nel suo DNA il fine di forgiare la conoscenza dei giovani. Insegnanti o alunni, si riferisce alla crescita intellettuale e psichica degli individui nel loro complesso. La TV è invece oggi un mediatore suo malgrado, dato che quello che è oggi lo è diventata con gli anni, senza che nessuno ne abbia la colpa. Certamente la sua fruizione ha allargato gli orizzonti dei suoi spettatori, ma l’alfabetizzazione culturale del paese mediata dalla televisione è andata riducendosi gradualmente. Oggi, è di dominio pubblico, non è per niente considerato uno strumento di acculturazione, anzi!


(foto da internet)
Ma, attenzione, la realtà attuale relega la televisione a un passatempo di una utenza invecchiata, abulica e poco rappresentativa del contesto sociale generale.
In realtà l’articolata e lunga provocazione di Baricco ha lanciato una vera e propria bomba culturale dove emerge che su due punti sono tutti d'accordo: in nessun paese del mondo il teatro e la musica sopravvivono senza soldi dello Stato, e le regole di investimento di quei soldi vanno cambiate. Sul resto, però, è quasi guerra. Apriti cielo!
In questo dibattito ci sembra interessante dar voce alla rifessione del blogger Massimo Mantellini il quale ricorda che, mentre lo scrittore suggerisce di dirottare i fondi pubblici per la cultura da teatro e musica alla televisione, l'Italia è fanalino di coda in Europa per alfabetizzazione digitale. Infatti l’idea di Internet come luogo moderno ed attuale della crescita culturale del paese è la grande incomprensibile assente nella analisi di Baricco.

(foto da internet)
Davvero basterà che qualche programma sui libri nel “prime time” televisivo sia capace di stimolare l’acculturamento degli italiani? E di quali italiani poi? Di coloro che che vegetano davanti agli schermi? Possibile che nemmeno l’élite culturale di questo paese intraveda le grandi potenzialità di uno sviluppo sano e positivo dell’accesso a Internet?
Accade invece l’esatto contrario: le carenze di fondi del Ministro Gelmini chiudono i laboratori di informatica nelle scuole, il Parlamento sforna a giorni alterni disegni di legge che si propongono di regolare Internet, che ne chiudono parti, che limitano la libera espressione dei cittadini in rete, E che, soprattutto, calano un velo di incomprensione generalizzata su tutto ciò che l’alfabetizzazione telematica porterebbe nelle case di tutti in termini di maggior informazione, maggior cultura, maggior libertà.
Il dibattito è servito. Dite pure la vostra!

martedì 3 marzo 2009

Pop porno


(foto da internet)

Spopola sul web il singolo Pop porno (leggi il testo>>), canzone melodica-elettronica del duo Il Genio.
Con versi quali Tu sei cattivo con me perché ti svegli alle tre per guardare quei film un po' porno... il duo ha scalato la hit parade.
La band è formata da Alessandra Contini (voce e basso) e Gianluca De Rubertis (voce e tastiere) e, per ora, spazia spazia tra il pop elettronico e il beat anni '60.
La canzone Pop porno, rimanda alla celeberrima Je t'aime moi non plus di Serge Gainsburg, ma, secondo Alessandra Contini, la canzone francese aveva l'intenzione di scandalizzare, mentre che in Pop porno "c'è più strafottenza, goliardia e ironia".
Bando alla ciance: ecco a voi Pop porno. Vi piace?






lunedì 2 marzo 2009

Evviva la pasta!

(foto da internet)

Una collega professoressa di francese sosteneva che per conoscere ed amare veramente una lingua straniera bisogna non solo parlarla ma anche cantarla e mangiarla.

Tra le numerose attività culturali organizzate dal Dipartimento d’italiano dell’EOI di Sagunto allo scopo di diffondere la conoscenza dei diversi aspetti della cultura italiana tra i suoi allievi, questo lunedì ne verrà proposta una in cui tutti gli alunni che vi parteciperanno saranno protagonisti, almeno per un paio d’ore. In questo caso non esisterà una distinzione netta tra attori e spettatori, come accade durante uno spettacolo teatrale, ma tutti insieme, con la guida di un supervisore, ci dedicheremo ad preparare con le nostre mani la pasta fresca, un rito che ancor oggi un gran numero di nonne e mamme italiane ripetono molti fine settimana per la gioia di grandi e piccini in occasione del pranzo della domenica, il convivio che permette alle famiglie d’oggi di sedersi a tavola, tutti inisieme, lontane dal ritmo frenetico infrasettimanale.
Quella con cui ci cimenteremo è un tipo di pasta ripiena di facile preparazione che elaboreremo, infatti, con pochi ingredienti semplici e con l’ausilio di una limitata attrezzatura. Si tratta degli agnolotti di magro, così chiamati perché il ripieno che li caratterizza è composto da ingredienti che escludono la carne, lasciando il protagonismo ad ingredienti più atti al periodo quaresimale di cui questo piatto era tipico.

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Nello svolgimento dell’attività, partiremo dalla preparazione dell’impasto (per ogni 100 gr. di farina 1 uovo ed una presa di sale) e del ripieno (a base di ricotta, spinaci, parmigiano, sale, noce moscata e uova). Una volta pronti entrambi, dopo aver lavorato l’impasto a dovere con l’apposita macchina per la pasta, tireremo delle sfoglie di una certa lunghezza che utilizzeremo per confezionare e dar forma agli agnolotti. Lo faremo disponendo al centro di ogni sfoglia di pasta, e per tutta la sua lunghezza, dei mucchietti di ripieno grossi quanto una nocciola, ad una distanza di circa 3-4 centimetri l’uno dall’altro, dopodiché piegheremo la sfoglia su sé stessa facendone combaciare le due estremità, superiore ed inferiore. Fatto ciò provvederemo ad eliminare l’aria restante tra i diversi mucchietti di farcia aiutandoci con le dita. Infine, cocluderemo l’operazione tagliando con la rotella tagliapasta gli agnolotti e l’eccesso di sfoglia risultante.

A tutti gli alievi che assisteranno all’attività ricordo di portare con sè un grembiule, un cucchiaino da caffè, uno straccio da cucina, un vassoio di cartone e una buona dose di entusiasmo!

Eugenio Gillani