martedì 30 settembre 2008

Un’idea da due milioni di dollari

(foto da internet)

Credete che il mondo potrebbe migliorare? Avete qualche idea che potrebbe contribuire a questo? Se non ne siete sicuri, dovreste farci un pensierino, perché una trovata in proposito potrebbe farvi guadagnare milioni. Due milioni di dollari, per la precisione!

(foto da internet)

Ebbene Google ha fatto le cose in grande: ha lanciato il Progetto 10 alla 100, un concorso di idee per cambiare il mondo, per celebrare i suoi 10 anni di vita. Il navigatore più famoso al mondo ha messo in palio dieci milioni di dollari per premiare le migliori cinque idee in grado di cambiare il pianeta. "I progetti possono essere grandi, piccoli, tecnologici oppure molto semplici", si legge in un comunicato di Google. "Sappiamo che in giro ci sono infinite idee brillanti che hanno bisogno di essere finanziate per diventare realtà".

(foto da internet)

Perché questo progetto? «Mai come oggi tante persone hanno avuto a disposizione una quantità così elevata di informazioni, strumenti e metodi per realizzare buone idee» per aiutare gli altri, si legge nel sito. «Nuovi studi ribadiscono il semplice concetto che, raggiunto un certo livello di benessere materiale di base, l'unica cosa che aumenta la felicità individuale nel corso del tempo è l'opportunità di aiutare altre persone. In altre parole, aiutare va a vantaggio di tutti, sia di chi aiuta, sia di chi viene aiutato». In che modo si può aiutare il mondo? Google non ha queste risposte, ma sa che «sono da qualche parte, alla tua portata». L'importante è, quindi non tenerle per sé, collegarsi in internet, e inviare la propria idea inserendola in una delle categorie presenti (comunità, opportunità, energia, ambiente, salute, istruzione, casa, altro) considerando i criteri di valutazione indicati.

Ecco come partecipare:


  • Il 27 gennaio avrà inizio la votazione delle idee. Google pubblicherà una prima selezione di 100 idee e dopo il pubblico sceglierà 20 semifinalisti. La votazione delle idee avrà inizio il 27 gennaio.
  • L’obiettivo di Google è di aiutare il maggior numero di persone possibile. Quindi ricordate, denaro è un punto di partenza ma ciò che conta davvero è l’idea. Come quelle che vengono in mente ai protagonisti di questo video...

Che ne dite? Vi viene in mente qualcosa? Ma che cosa fareste voi con 2.000.000 $? Una cosa è sicura, potreste almeno comprarvi "una pizza"!

lunedì 29 settembre 2008

Il film Gomorra

(foto da internet)

Gomorra, il film di Matteo Garrone, tratto dall'omonimo best seller di Roberto Saviano, è il film italiano che concorrerà alla selezione per gli Oscar al miglior film straniero. Bisognerà aspettare il 22 gennaio per sapere dall'Academy se è riuscito ad entrare tra le cinque nomination. Lo ha deciso alcuni giorni fa l'assemblea dei produttori dell'Anica all'unanimità e con voto palese.

Nel raccontare una storia di potere, soldi e sangue, Gomorra descrive, con immagini crude e di alta tensione, la potenza della camorra, infiltrata in ogni ambito del territorio senza tralasciare la gioventù perduta e stretta nei lacci criminali.
(foto da internet)

L'unanimità dell'Anica nella designazione di Gomorra, senza nulla togliere alla potenza del film, non può non essere messa in relazione con l'odierna situazione in Campania, con l'atto terroristico dei casalesi e l'efferata strage del 19 settembre, con la decisione del governo di inviare 500 paracadutisti a Castelvolturno. Non a caso la notizia di Gomorra, in corsa agli Oscar, ha provocato molte reazioni (tutte favorevoli) del mondo politico.
Il protagonista Toni Servillo, un camorrista impegnato nel settore dell'ecomafia, ha definito quello di oggi «un altro segnale incoraggiante che travalica il mondo dello spettacolo e investe la società civile. Al di là della soddisfazione personale di aver partecipato a un film che ha già ricevuto tanti riconoscimenti - dice Servillo - sono contento soprattutto perché si è riconosciuto, per un palcoscenico così importante come quello degli Oscar, il valore di un film che, con un linguaggio nuovo e originale come quello di Matteo Garrone, racconta fatti della società civile rispetto ai quali sembra che la sensibilità della popolazione sia in discreta crescita».

(foto da internet)
Lo scrittore sotto scorta Roberto Saviano, contento della designazione, sostiene che «in America capiranno che raccontare non è diffamare, ma resistere». Il regista, dal canto suo, vorrebbe svincolare il film da tutti i risvolti di attualità, e afferma che «Gomorra non è solo un film su una problematica locale, ma una metafora globale, e che delle varie letture possibili quella della cronaca è solo una, e francamente quella che mi ha sempre interessato meno. Il film non è un'inchiesta, né una denuncia. Può aiutare a capire certi fenomeni ma sempre in funzione del conflitto umano dei personaggi ed è questa a mio parere la sua universalità».
Tra i tanti commenti, il ministro per i Beni Culturali Sandro Bondi nel complimentarsi con il regista, il cast e la produzione, commenta che si tratta di «un film intenso, duro, spietato nel guardare ad una piaga dolorosa del nostro Paese, ma serve per aiutarci a trovare la consapevolezza e la determinazione per guarire questo tumore». Ilsindaco di Castelvolturno Francesco Nuzzo sottolinea che si tratta di «un giusto riconoscimento ad un lavoro di denuncia che ha fatto conoscere a tutti gli italiani quel cancro della camorra dal quale noi campani dobbiamo liberarci», mentre il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino sostiene che il film «è una denuncia di straordinaria efficacia comunicativa, e rappresenta quindi un'arma potente di lotta contro questa organizzazione criminale».

venerdì 26 settembre 2008

26 settembre: giornata europea delle lingue






(foto da internet)

Per festeggiare, a modo nostro, la Giornata europea delle lingue, vi proponiamo il Vocabolario europeo, un'interessante iniziativa sorta durante l’ultimo Festival della letteratura di Mantova. L'idea ha visto impegnati alcuni scrittori che si sono cimentati nel regalare una parola della propria lingua da inserire in un ideale vocabolario. Il progetto prende spunto dalla dichiarazione, da parte dell’Unesco, del 2008 come anno internazionale delle lingue madre.
Ecco a voi le scelte realizzate.
L’italiano Marco Santagata, si è centrato sulla parola stile che mostra il passaggio tra l’ambito retorico e il comportamento.
L’inglese Howard Jacobson ha scelto la parola argument (“prova o un argomento addotto per supportare un’asserzione, ma anche dibattito, discussione”») che dovrebbe essere un modo per entrare nel carattere degli inglesi, “nel loro amore per la diatriba, ma anche nel loro innato scetticismo”.
Il rumeno Mircea Cartarescu ha preferito la parola soarta, la sorte, per il quale “ogni gesto che faremo, ogni parola, ogni secrezione, ogni crimine, ogni buona azione, il bene e il male cui siamo condannati e il nostro stesso libero arbitrio sono già previsti”.
Heimat, è la parola scelta dall’altoatesino di lingua tedesca Joseph Zoreder, secondo cui la parola è “sinonimo di nido, cioè di sicurezza, pace, abitudine, ma più di tutto familiarità. Familiarità con la lingua, con gli usi, con il carattere della gente e, non ultimo, con la natura di un certo territorio”.
L’ungherese Zsuzsa Rakovszky ha scelto múlt, passato, l’islandese Guðrún Eva Mínervuddóttir che ha scelto útúrdúr, cioè digressione, il sardo Giorgio Todde ha proposto Scramentu, cioè “il dolore per avere insistito in un’azione che — lo si poteva prevedere — è fallita. E in questo suono "scr" è contenuto comunque un dolore. Esistono il verbo scramentai e l’aggettivo corrispondente, ed esprimono anche un atteggiamento del corpo, un’espressione del viso. Dolore, rabbia e dispetto”.
(foto da internet)

Il basco Bernardo Atxaga ha scelto Ikasi, cioè apprendere. Lo svedese Hakan Nesser: Allemanstäd, che significa la possibilità, per ciascuno, di “camminare liberamente nelle campagne, nei boschi, nelle foreste“. Una parola che gli svedesi hanno nel sangue, ma che è difficilmente riscontrabile altrove.
Saray Ahiner ha scelto il termine turco belki, cioè forse. Il gallese Cynan Jones propone Hiraet, e cioè il “desiderare intensamente di essere in un luogo, la consapevolezza di essere lontani dalla propria casa e nello stesso tempo la certezza che questa lontananza ci è necessaria”.

Mancano, come potete ben vedere, parole in spagnolo e in catalano.
Quali sono i termini che vorreste includere nel Vocabolario europeo?

giovedì 25 settembre 2008

Questione di... traduzione!

(foto da internet)

Che cosa vuol dire tradurre? La prima risposta che ci viene in mente è: dire la stessa cosa in un’altra lingua. Ma cosa significa “dire la stessa cosa”?
È vero che il traduttore è un traditore? Se si legge un po' di teoria della traduzione, in realtà il “traduttore” è un “traditor”, secondo l’etimologia latina, dato che compie l'atto di “trasmettere”, “trasferire” un testo da una lingua all'altra. Il traduttore deve essere necessariamente un traditore dal momento che deve rendere “trasmissibile” e “recepibile” un testo in un’altra lingua e in un altro contesto; cioè, deve trasformare il testo originale in un nuovo testo, grazie a un processo di immedesimazione linguistico-culturale con l’autore.
Naturalmente le cose non sono così semplici, perché il traduttore di solito non possiede le doti scritturali dell'autore.
Tuttavia si può giungere a un compromesso che sta nel dialogo continuo con il testo: se ne ascolta la voce, il respiro, l'afflato. Pertanto, per “limitare i danni”, il traduttore non solo dovrebbe conoscere le due lingue, quella di partenza e quella di arrivo, ma dovrebbe afferrare e restituire, magari rinunciando ad una assoluta ma arida fedeltà, nel nuovo testo, i significati secondi che si celano fra le pieghe linguistiche e nelle figure di pensiero e che potrebbero perdersi, in parte o in tutto, nell’atto del tradurre.
In fondo, come sostiene Umberto Eco, la traduzione si fonda «su alcuni processi di negoziazione, essendo appunto un processo in base al quale, per ottenere qualcosa si rinuncia a qualcosa d'altro».

(foto da internet)
Come ci spieghiamo allora quello che cosa succede in Spagna con la traduzione di Andrea Camilleri? Secondo alcuni docenti di filologia italiana «In Spagna le traduzioni di Camilleri non fanno nessun riferimento alla scelta linguistica dell'autore». Non c'è nessuno che «talìa» (guarda), né «spia» (chiede), né si «arrisbiglia» (svegliarsi) o fa cose «vastase» (maleducate). Non c'è traccia di un «macari» (anche) e il contrario di sopra non è «sutta». L'eventuale «piccato» torna nei ranghi, diventa un peccato che chiunque potrebbe commettere. Tutti i personaggi parlano in modo pressoché comprensibile. Insomma, quasi tutto è normalizzato.

(foto da internet)


Sissignore, traduzione fedele, ma dall'italiano, non da quello stile tanto particolare che è la cifra inconfondibile di Andrea Camilleri. I suoi personaggi in Spagna parlano un castigliano standard e non una lingua ibrida ed evocativa come l'originale.
Inevitabili problemi legati al tradurre o tradimento premeditato? A parte l’assonanza del nome, sicuramente ci sarà qualcos’altro che spieghi il successo di Camilleri (solo la casa editrice Salamandra, dal 1999, ha mandato in libreria 17 libri, altri sono stati pubblicati da Destino).


(foto da internet)


Maria Antonia Menini Pagès, nata a Milano e cresciuta a Barcellona, ha tradotto la maggior parte dei lavori di Camilleri pubblicati in castigliano. «Camilleri — dice — non l'ho mai conosciuto, nemmeno per telefono. Di sicuro è l'autore più divertente che abbia mai tradotto e per me non è nemmeno così difficile. Certo, ho dovuto inventare uno stile, per rendere il colore dei suoi libri, per far capire al lettore che siamo in Sicilia. Di più non potevo fare. Mettere in bocca ai suoi personaggi un dialetto, per esempio l'andaluso, sarebbe stato fuorviante. Non so se sarebbe stato corretto nemmeno inventare una lingua per rendere al meglio quella che lui ha creato. In ogni caso, l'editore non me l'avrebbe consentito».
Juan Milà, editore di Salamandra, spiega la filosofia che ha orientato le scelte della casa editrice: «Il castigliano è più standardizzato dell'italiano. Sarebbe difficile riprodurre certi effetti senza arrivare a toni colloquiali o parlate regionali. Forse uno scrittore, con grande padronanza dei registri linguistici, potrebbe cercare un linguaggio che evochi con precisione la stessa ricchezza dell'originale. Ma i costi di un'operazione del genere sono altissimi. La nostra idea è fare un testo per lettori castigliani “globali”, magari anche fuori di Spagna. Pensiamo che le nostre traduzioni siano ottime, precise, in buon castigliano, e trasmettano la freschezza di Camilleri. Sacrificare qualcosa è inevitabile».

(foto da internet)

Ma non tutti sono d'accordo: «La lingua di Camilleri è un regalo, sempre, al di là del contenuto. Per il colore, per l'ironia, perché è un'arte in sé. E può essere tradotta» assicura il professor Vicente González Martín, che dirige l'area di filologia italiana dell'università di Salamanca, dove il 21 ottobre aprirà un'altra cattedra di italiano intitolata alla Sicilia. «Il suo linguaggio — prosegue González — corrisponde alla sensibilità siciliana del Pirandello di Lìolà. Dentro ci sono i paesaggi e la storia dell'isola. In lui la lingua diventa contenuto». Una versione che la rispetti, quindi, sarebbe indispensabile. Perché, fatto salvo il significato, «taliare» descrive un mondo mentre «guardare» fa riferimento ad altri orizzonti. La traduzione iniste il professor González Martín è un lavoro da filologi. Gli editori, invece, per esigenze commerciali e perché hanno fretta puntano su traduzioni che usano un registro standard, ovvero scelgono la via più facile.
Camilleri, dal canto suo, ha ammesso che «i traduttori sono di due razze, superficiali e scrupolosi», ma non ha mai polemizzato sulla resa della sua prosa all'estero.

mercoledì 24 settembre 2008

I cognomi ... in Italia

(foto da internet)
In Italia sono circa 350.000 i cognomi censiti, evviva la creatività.
Ogni cognome ha una sua storia: quelli più illustri risalgono all’alto medioevo quando i nobili ne facevano sfoggio come segno distintivo. Con la nascita dei comuni, invece, si cominciò a diffondere il cognome nel popolo: soprattutto nelle grandi città la popolazione, ormai numerosa, sentiva l’esigenza di distinguere i cittadini, visto che il nome proprio cominciava a non essere più sufficiente per l’identificazione personale. Così ogni persona si attribuiva un cognome che derivava da soprannomi, patronimici, nomi di mestiere oppure etnici.
Fu il Concilio di Trento nel 1564 a rendere obbligatoria la registrazione dei battezzati con nome e cognome, affidando di fatto ai parroci il compito di registrare la diffusione di massa dei cognomi.


(foto da internet)
Il signor Esposito, tipico cognome del Sud, probabilmente sa che la sua discendenza non è certo illustre; infatti viene dalla "ruota degli esposti", istituzione assistenziale per la cura dell'infanzia abbandonata, e tutti i bambini ricevevano il nome di battesimo dalla balia che li aveva in carico: il cognome era uguale per tutti.
Il signor Fumagalli forse non sa o non vuole sapere l’origine del suo cognome. E in effetti, essere accomunato a un ladro di polli potrebbe non fare piacere. Eppure questo cognome, tipicamente bergamasco, nasconde un’attività truffaldina. «Fumare» è infatti un’espressione gergale lombarda adoperata per indicare sia la cottura alla brace, sia la sottrazione abusiva di un bene. "Fumare i galli" significa quindi cuocerli, ma anche e soprattutto rubarli.
Neppure il signor Baglioni può immaginare quanto fossero odiati i suoi antenati. I bagli, infatti, erano dei funzionari statali addetti alla riscossione delle tasse, all’esecuzione delle condanne e alla convocazione delle milizie.
(foto da internet)
Per rimanere nelle curiosità, qualche esperto si è cimentato a selezionare i primi 10 cognomi più diffusi nella penisola sulla base degli elenchi telefonici. Si parte da Rossi, per passare a Russo, Ferrari, Esposito, Bianchi, Romano, Colombo, Ricci, Marino, Greco.
Ma se fino a qualche giorno fa tutti gli italiani solo avevano il cognome paterno, adesso la Cassazione ha stabilito che i tempi sono maturi per attribuire ad un figlio il cognome materno, nel caso in cui entrambi i genitori siano d’accordo.
La Suprema corte cita l'approvazione, il 13 dicembre 2007, del Trattato di Lisbona, per sottolineare che anche l'Italia, come tutti i 27 stati membri, ha il dovere di uniformarsi ai principi fondamentali della Carta dei diritti Ue.
Questo nuovo affondo della Cassazione a sostegno del cognome materno in sostituzione del patronimico - «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia non più in sintonia con l'evoluzione della società e le fonti di diritto soprannazionali» - nasce dal ricorso di una coppia milanese che da anni conduce la battaglia per dare ai propri figli il cognome materno.

Quindi, no a qualunque discriminazione fondata sul sesso!

martedì 23 settembre 2008

Gli animali e il panda Panfu



(foto da internet)


Cari chiodini piccini piccini, della scuola Santa Anna di Quartell,


non ci siamo dimenticati di voi! Come state?
Dopo i mesi estivi non mica è facile riprendere il ritmo: bisogna alzarsi presto, andare a scuola, fare i compiti... Insomma, ecco un altro anno scolastico che comincia. Per rendere un po' più piacevole il rientro, abbiamo preparato delle sorpresine per voi.
Questo post è dedicato agli animali. Abbiamo trovato un libro, redatto da studenti un po' più grandicelli di voi, che parla degli animali del bosco.
E ancora un sito tutto per voi, in cui l'orso Panfu vi guiderà in un mondo virtuale e fantastico, pieno di giochi e di attività (ah, avete visto Kung fu panda?).
Prima di lasciarvi, vi presentiamo Shidonni un'applicazione che vi permetterà di disegnare animali online.
L'animale che creerete, sarà una specie di tamagotchi: prenderà vita, si muoverà nella pagina e potrà partecipare a un sacco di attività divertenti.
Ma attenzione: l'animale crescerà e dovrete dargli da mangiare!


Buon divertimento!! A presto!!

lunedì 22 settembre 2008

Valentina, la forma del tempo


(foto da internet)

Valentina si ispira all’attrice del cinema muto Louise Brooks, incarnazione tragica e moderna del mito della Donna Fatale: sensuale, pericolosa, perversa e amorale ma nello stesso tempo infantile, innocente e pura. Guido Crepax, il suo autore, ha redatto nei minimi particolari la sua carta d’identità: nata a Milano il 25 dicembre del 1942, vi risiede in Via de Amicis n. 45, è nubile, è alta 1 metro e 72, ha i capelli neri, gli occhi chiari. Questo le conferisce una caratteristica unica per il mondo dei fumetti: col passare degli anni invecchierà! Infatti nel 1995, Valentina esce di scena dal mondo dei fumetti all’età di 53 anni con l'episodio dal titolo "Al diavolo Valentina!



(foto da internet)

Debutta nel 1965, come compagna di Philip Rembrandt, nell’episodio intitolato La curva di Lesmo, ma diventerà ben presto il personaggio principale della serie. I lettori sono da subito ammaliati dal carisma di questa sensuale fotografa milanese perennemente in bilico fra il mondo onirico e quello reale, fra la nevrosi e la sensualità. Le vicende che stanno alla base della storia di questa eroina sono ambientate nella città di Milano, capitale della moda e metropoli borghese per eccellenza, scenario da un lato dellemancipazione femminile e la rivoluzione sessuale simboleggiate da Valentina, che si faranno carico di esplicite connotazioni politiche; dall’altro le incursioni nella fantasia e nel soprannaturale suggerite dalla duplice figura di Rembrandt-Neutron: da una parte l’impegno, dall’altra l’evasione.




(foto da flicrcc)

Da oggi la città natìa del fumettista e della sua creatura ne rende omaggio con la mostra Valentina, la forma del tempo. L'esposizione, organizzata da Caterina Crepax, vuole non solo celebrare uno dei più grandi fumettisti italiani a cinque anni dalla morte, ma intende esaminarne a fondo il concetto di temporalità, da sempre legata allo spazio borghese. Una mostra multimediale, fatta di disegni, proiezioni e filmati, e divisa per aree tematiche, dove ogni area rappresenta un modo differente di intendere e vivere quel concetto sfuggente e soggettivo che è il tempo. L'esposizione, inaugurata il 21 settembre 2008, resterà a disposizione dei visitatori fino al 1 febbraio 2009.

venerdì 19 settembre 2008

Viaggiando In Vespa

(foto da internet)

In viaggio, il più delle volte, ci andiamo in aereo, in treno, in macchina o in traghetto. Ma se volessimo esplorare gli angoli più reconditi di un paese, sarebbe davvero simpatico caricarci sul treno/macchina/traghetto una bella vespina e girare allo stile di Vacanze Romane.
Questo è proprio quello che ha fatto Giorgio Bettinelli, scrittore e giornalista, solo che lui è direttamente partito in vespa. Dopo aver intrapreso un viaggio (e pubblicato il suo diario) In vespa da Roma a Saigon, non si è più fermato, e in dieci anni ha realizzato viaggi che lo hanno portato ai quattro angoli del mondo.
Tutto cominciò per gioco, quando nel luglio del 1992 partì da Roma a bordo di una Vespa e nel marzo del 1993 raggiunse Saigon. Caricò ragazze, viaggiò con le ruote bucate, in tre, rischiò più volte la vita e non si fermò più: andò dall'Alaska alla Terra del Fuoco, da Melbourne a Città del Capo e poi dal Cile alla Tasmania, attraverso Americhe, Siberia, Europa, Africa, Asia e Oceania.


Non si tratta di un Rambo, tanto meno di un meccanico esperto, bensì di un viaggiatore esile come un fuscello, che di motori non ne capiva assolutamente nulla, ma parlava con il contachilometri del suo gioiello. Eh sì stiamo parlando al passato, perché quest’uomo capace di vivere l’avventura, personaggio da film, che sembrava inattaccabile da tutto e da tutti, pochi giorni fa è morto, colpito da un'infezione nel Sud della Cina, sulle rive Mekong, dove viveva.
Solo lui poteva immaginare viaggi che poi lo hanno portato a pubblicare libri come Brum brum. 254.000 chilometri in Vespa e Rhapsody in black. In Vespa dall'Angola allo Yemen. Il suo ultimo libro è stato La Cina in Vespa, cronaca di un viaggio che ha toccato per la prima volta tutte le 33 regioni dell'immensa regione cinese.

È la moglie, cinese, a ricordarlo, con poche righe pubblicate sul sito della casa editrice Feltrinelli:
«Sono triste, desolata ma Giorgio non è più con noi, vola libero come un uccello, è in viaggio, ma in un altro mondo, freddo. Giorgio voleva scrivere un libro sul Tibet, ma non può più farlo, ora ha bisogno di dormire. Non so cosa posso fare per continuare il suo sogno, alle sue parole e al suo amore verso di noi».

giovedì 18 settembre 2008

Mario Rigoni Stern, in memoriam

(foto da internet)

E’ scomparso a luglio, quando il blog era chiuso per ferie, all’età di 86 anni, lo scrittore Mario Rigoni Stern. Autore di pagine indimenticabili (Il bosco degli urogalli, Storia di Tönle, Le stagioni di Giacomo) ha raccontato ne Il sergente nella neve, uno dei romanzi più letti del XX secolo, la tragica ritirata dei soldati italiani in Russia.
Il libro, tradotto in diverse lingue e utilizzato in tutte le scuole italiane come testo di lettura, è una storia straordinaria frutto dell'esperienza personale dell'autore che partecipò alla campagna di Russia e ne tornò vivo.

(foto da internet)
Rigoni Stern era nato ad Asiago nel 1921. Trascorse l’infanzia nelle malghe dell'Altipiano di Asiago, tra la gente di montagna. Alpino per scelta, venne chiamato alle armi nel 1939 e la sua vita cambiò per sempre. Impegnato nel fronte albanese, poi in quello russo, sperimentò la tragedia della ritirata, dell'abbondanono e della morte nella gelida neve e poi della deportazione. Ritornò, dopo due anni di lager, nel 1945 all'Altipiano, e cominciò a riversare nella scrittura la tragedia vissuta in prima persona. Il sergente nella neve, pubblicato nel 1960 presso Einaudi grazie ad Elio Vittorini, è stato, nell'ottobre del 2007, un grande successo televisivo attraverso la piece Il sergente (vedi>>) di Marco Paolini, in cui l’attore veneto interpretò la tragica avventura bellica di Rigoni Stern in diretta tv, senza interruzioni pubblicitarie: una storia di uomini mandati allo sbaraglio con armi e vestiti inadeguati e cibo scarso, un lacerante inno contro la guerra ancora più forte perchè scritto da un ex soldato.

mercoledì 17 settembre 2008

Cedro, cidro, cidra...




Tempo fa spiegavo ad un mio amico spagnolo che il panettone aveva un gusto molto particolare, soprattutto perché uno dei suoi ingredienti era "corteza de cedro escarchada". Lui mi guardó sornione e mi domandò: "Ma c'è qualche italiano che non abbia i denti rotti?" Ed aveva proprio ragione, perché il cedro italiano è piuttosto diverso da quello spagnolo! L'ingrediente al quale alludevo si traduce come cidra.

Il cedro viene coltivato in provincia di Cosenza, nella fascia costiera detta appunto Riviera dei Cedri. Il suo sapore amaro e acidulo è particolarmente indicato nella preparazione di risotti delicati, proprio come quello che vi proponiamo.

Ingredienti:
  • 1 litro di brodo vegetale
  • 1 o due cucchiai di olio
  • 2 scalogni o 1 cipolla bianca
  • 500 grammi di riso
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • 3 cucchiai di buccia grattugiata di cedro o, in alternativa, la stessa quantità di buccia di limone
  • 1 tazzina di semi di melograno
  • sale
  • pepe nero
Preparazione:

Portare a bollore il brodo. In una casseruola riscaldare l’olio e far soffriggere la cipolla pelata e tritata. Aggiungere il riso mescolando con un cucchiaio di legno e farlo tostare per circa 3 minuti. Bagnare con il vino bianco e mescolare fino a che non evapori completamente.

Aggiungere gradualmente il brodo bollente, lasciando ogni volta assorbire, fino a quando il riso sarà cotto al dente. Unire la buccia del cedro, lasciar insaporire il risotto. Aggiungere il sale e il pepe mescolando accuratamente. Decorare con i chicchi di melagrana, servire caldo.

Buon appetito!


martedì 16 settembre 2008

La musica italiana in festa

(foto da internet)
Beatles contro Rolling Stones, si diceva, e in Italia era urlatori contro melodici, ovvero Equipe 84 contro Rokes e, perché no, Vanoni contro Mina.
Circa cinquant’anni fa Mina e Ornella Vanoni, le due dive della musica leggera italiana, si studiavano a vicenda, si ammiravano, e stavano bene attente a occupare ambiti differenti. Però gli anni passano e arriva un tempo per tutto. Entrambe festeggiano in questo periodo i 50 anni di carriera e ognuna lo festeggia a modo proprio, consono al suo carattere.

(foto da internet)
Mina, sempre schiva, è motivo di omaggi: in questi giorni “Speciale Tg1” presenta “Mina raccontata da Antonello Falqui”: il regista racconta il dietro le quinte dei venti anni di televisione di Mina, dal 1959 al 1978, anno in cui la cantante decise di ritirarsi definitivamente dalle scene televisive. Il regista racconta Mina, in un ritratto inedito, visto che con la regia di Falqui, la cantante è stata protagonista di spettacoli televisivi come “Studio Uno”, “Canzonissima”, “Sabato Sera”, “Teatro 10” e “Milleluci”.
Altre iniziative per festeggiare la mitica Mina vengono dalla sua città natale: a Cremona, nell'Arena Giardino, lo scorso 6 Settembre un giovane gruppo di artisti cremonesi le ha reso omaggio con il Progetto musicale “contaMINAti”, 50 volte Mina, ripercorrendo, in circa due ore di spettacolo, le tappe della sua carriera artistica.
(foto da internet)
Invece Ornella Vanoni è parte attiva nei festeggiamenti dei suoi 50 anni di carriera. Ha deciso di incidere un disco di prestigiosi duetti: «Sì, è per festeggiare tutti questi anni di carriera –racconta- ho deciso d´incidere un album di duetti, sia con le persone che hanno fatto parte della mia storia, sia con personaggi con cui non ho mai avuto niente a che fare. C´è Paoli, per forza di cose, e non potrebbe essere altrimenti. Ma anche Gianni Morandi, Lucio Dalla... » e ce ne sono tanti altri.
Però c’è anche una grande novità, un incontro storico tra le due Signore della canzone: «Sì conferma al telefono, è vero che c'è l'idea di incidere una canzone con la Mina, e se ci riusciamo dobbiamo farla lunga, almeno dieci minuti, così ne è valsa la pena, dopo tanto tempo».
Di tempo ne è passato effettivamente molto, si conoscono da circa mezzo secolo...: «Con Mina c´è più che un´ipotesi» spiega la Vanoni, «il duetto lo vogliamo fare, solo che abbiamo deciso di non incidere un pezzo classico, né mio, né suo, ma di cercare un pezzo inedito che piaccia a tutte e due. E ci stiamo lavorando. Abbiamo alcuni pezzi che potrebbero andar bene».

La canzone che ha acceso la fantasia alle due primedonne del pop italiano s’intitola Amiche mai, ha un tessuto soul-rock e avrà come concetto-principe un refrain che fa: «Di una cosa son sicura sai: amiche mai». Con buona pace di Antonello Venditti, siamo nel campo delle rivalità amorose. È come se alle due Signore non rimanesse altro da fare che restare rivali (o fingere di) per tutto il resto della vita, dopo che per mezzo secolo hanno stoicamente sopportato la dualità, rappresentando due modelli opposti: Mina la sregolata, ragazza solare dalla bella risata e dalla voce suprema; Vanoni la sofisticata, sorridente mai e nevrotica sempre !

Ecco, La musica è finita!!!

venerdì 12 settembre 2008

Zuppa inglese (seconda parte)

(foto da internet)


Le origini e l’etimologia della zuppa inglese sono molto contestate. C’è chi afferma che, nonostante il nome suggerisca il contrario, questo dolce sia stato inventato in Francia durante la guerra dei cent’anni, altri assicurano che l’autore della ricetta sia stato Vincenzo Agnoletti, cuoco della duchessa Maria Luisa di Parma, mentre alcuni sostengono che sia una rielaborazione ferrarese del britannico trifle. Una cosa è certa: si tratta di una ricetta che ha origini molto antiche, infatti già nel 1552 fonti certe affermano che questo dessert fu servito a Siena al duca di Correggio, inviato da Cosimo de’ Medici per trattare la resa degli spagnoli fatti prigionieri dalle truppe del papa Pio II.

Comunque se questo dolce è arrivato fino ai nostri giorni, la ragione è ovvia, non credete?

La cosa migliore è che voi stessi constatiate perché si tratti di un dolce così noto e apprezzato nel Bel Paese. E siccome l’Italia non è dietro l’angolo, forse è meglio che la prepariate voi stessi e ci scriviate poi se vi è piaciuta.


Ingredienti:

  • quattro tuorli
  • quattro cucchiai di zucchero
  • un cucchiaio e mezzo di farina
  • 30 gr di cacao amaro
  • 250 gr di pan di spagna ( si può preparare anche con i savoiardi)
  • mezzo litro di latte intero
  • un bicchierino di rum
  • un bicchierino di Alchermes
  • uno di cognac
  • una scorzetta di limone


Preparazione:


preparare la crema pasticcera. lavorare i tuorli con lo zucchero, fino ad ottenere un composto soffice e cremoso, quindi unire la farina ed amalgamare bene. Bollire il latte assieme alla scorzetta di limone. porre il composto in una casseruola e, a bagnomaria, versarvi a poco a poco e mescolando il latte. Quando la crema sarà addensata togliere dal fuoco e ad una metà mescolare il cacao. porre in un piatto da portata fondo uno strato di pan di spagna, irrorarlo, ma non troppo, con i liquori e coprirlo con la crema al cioccolato. coprire con il pan di spagna rimasto, irrorare con i liquori e ricoprire con la crema pasticcera. Mettere in frigorifero per qualche ora.


Buon appetito!


Ci auguriamo che la vostra reazione dopo aver assaggiato questa ricetta non sia quella di Renato Pozzetto in questo video.






giovedì 11 settembre 2008

Uno strano giorno

(foto da internet)
In questa strana Italia non si finisce mai di stupirsi.

Immaginate di vivere lontano da casa..., vi telefona un familiare e vi dice che il luogo della vostra infanzia, dei vostri ricordi è stato fatto evacuare, perché è stato trovato un ordigno bellico dell’ultima guerra mondiale, classificato dagli artificieri come “pericoloso”.
In un angolo del Sud Italia, durante i lavori per costruire dei box auto, una ruspa ha toccato una palla arrugginita che, per fortuna, non è esplosa. Il congegno, cinquecento libbre a innesco ritardato, una volta rimosso, potrebbe esplodere nelle 144 ore successive. Fino a domenica, dunque, resta l’allarme e per i cinquemila residenti nella zona interessata iniziano giorni di caos e di lunghe attese.
(foto da internet)
Per evitare pericoli, è stata decisa l'evacuazione degli abitanti di tutti gli stabili nel raggio di 250 metri dal luogo di ritrovamento della bomba. Immaginate una sceneggiata napoletana...: gli abitanti non se ne volevano andare e allora... il comune ha dovuto tagliare l’acqua e il gas come atto di forza per far sfollare i residenti.


Ebbene sì, sono cose che succedono davvero... , nel mezzogiorno, nella città di Salerno!!!

mercoledì 10 settembre 2008

Messico e regole





(foto da internet)



Ricordate una vecchia canzone di Paolo Conte resa celebre da Enzo Jannacci?
S'intitolava Messico e nuvole (leggi il testo>>). Eccola:




Era il sogno di un amore impossibile, lontanissimo, laggiù nel Sudamerica.
Ebbene, la sezione messicana di Greenpeace, molti anni dopo, ci restituisce un sogno (quasi) impossibile con dieci regole da seguire tra le lenzuola per non inquinare l'ambiente.
Secondo i simpatici sostenitori messicani di Greenpeace si può contribuire a salvare il pianeta anche stando abbracciati al proprio partner in camera da letto.


(foto da internet)



Ecco le dieci regole da seguire.

1. Spegnete la luce. E' molto più romantico, ecologico e predispone all'amore una cena a luce di candela. Dalla camera da letto, quindi, può iniziare la rivoluzione energetica. Per rispettare la regola numero uno, bisogna acquistare candele di cera d'api e paraffina, e mai e poi mai quelle a base di petrolio.

2. Frutta della passione sì, ma non ogm. Fragole, mirtilli, more, lamponi e ciliege sono afrodisiaci? Forse. Bisogna assicurarsi, però, che la frutta che si offre al proprio partner non sia transgenica o trattata con pesticidi. E se si può, si deve fare la spesa direttamente da un produttore.

3. Amori al mare. Si sa, il mare è galeotto. Chi non ha pensato di organizzare una serata al chiaro di luna con ostriche e champagne in riva al mare? Una cena a base di pesce è un ottimo afrodisiaco. Ma i nostri mari soffrono a causa della pesca intensiva. Oltretutto le ostriche sono bioindicatori delle condizioni delle acque, perché accumulano inquinamento. Quindi, se proprio avete deciso per una cena a base di molluschi, ne dovete verificare la provenienza (solo mari puliti).

4. Amore riciclato. (Ri)Usate sempre le scatole dei prodotti che comprate. Decoratele a vostro piacimento e utilizzatele per metterci i cosiddetti prodotti dell'amore: preservativi, lubrificanti, giocattoli, ecc.




(foto da internet)


5. Usate gli ecolubrificanti. Niente di meglio che la lubrificazione naturale. Ma se volete utilizzare dei lubrificanti, evitate quelli a base di petrolio. Se la Esso sta distruggendo il pianeta, cercate di evitare, almeno, che si infili nel vostro letto.

6. Schiavi d'amore (non del petrolio). Se proprio non potete far a meno delle emozioni forti -oggetti, vestiti o accessori di policloruro di vinile, noto come pvc o vinile- ricordate che il pvc genera diossina e furani. Molti paesi hanno proibito l'uso di questo materiale per i giocattoli dei bambini. Il pvc di vestiti e giocattoli sexy si dovrebbe proibire, perché composto da cloro e altre sostanze considerate cangerogene. In più è un derivato del petrolio. Al posto di questo materiale si possono comprare oggetti in caucciù, pelle o lattice.

7. Doccia in due. Un modo sensuale di risparmiare acqua è fare la doccia insieme. Ricordate che più di 500 milioni di persone non hanno accesso all'acqua pulita e corrente.

8. Letto sostenibile. Vi siete mai chiesti da dove proviene il legno con il quale è stato realizzato il vostro letto? Allora, assicuratevi che la struttura abbia la certificazione dell'FSC (Forest Stewardship Council) una ong internazionale che rilascia un marchio ecologico per identificare i prodotti contenenti legno ottenuto da foreste gestite secondo criteri di ecosostenibilità.

9. Sesso verde. Usate oli per i massaggi opportunamente certificati, biancheria intima -se proprio necessaria- d'origine organica. Ricordate che il processo di produzione del cotone è molto inquinante.

10. Ultima regola. Fate l'amore, non fate la guerra (facile e intramontabile).

È tutto. Si può applicare??? Comunque, buon divertimento!!

martedì 9 settembre 2008

Polemica a Venezia


Si è conclusa la 65ª Mostra del cinema di Venezia con una consegna dei premi alquanto polemica. Il Leone d’oro va a "The Wrestler", diretto da Darren Aronofsky. Lo ha deciso la Giuria di Venezia 65, presieduta da Wim Wenders che ha annunciato premio in modo a dir poco curioso. Prima di dire il nome del film vincitore, il regista tedesco ha parole di grande elogio per l’interpretazione di Mickey Rourke. Come mai allora non va a lui il premio per il migliore attore?



Wenders ha rilasciato un’intervista in cui assicura: "Non siederò mai più in una giuria, certo è un'esperienza fantastica, ma è un lavoro troppo duro". Il regista si dichiara insoddisfatto per non essere riuscito a premiare l'attore Mickey Rourke e ribadisce quanto appena detto alla fine della cerimonia di premiazione: "Abbiamo avuto le mani legate dal regolamento della Mostra che impedisce che lo stesso film possa ricevere due premi, e questo limite andrebbe riconsiderato". Subito dopo, però, si affretta a chiarire che questa sua critica non sminuisce la decisione di assegnare la Coppa Volpi a Silvio Orlando per “Il papà di Giovanna” (guarda il video) di Pupi Avati,"abbiamo preso la decisione giusta". Valeria Golino, giurata italiana di questa edizione La giurata italiana racconta i retroscena del verdetto: "Rourke in lizza per la Coppa Volpi ma solo fino a quando 'The Wrestler' non è stato candidato al Leone d'Oro" e ci tiene a puntualizzare: "Silvio Orlando non è stata una seconda scelta. Anzi è il premio che più si avvicina all'unanimità tra quelli che abbiamo assegnato, sugli altri eravamo piuttosto divisi".



lunedì 8 settembre 2008

Il Made in Italy a lutto

(foto da internet)
Dopo la recente scomparsa di altri Maestri di classe ed eleganza, quali Yves Saint Laurent e Gianfranco Ferrè, il made in Italy vive un’altra perdita: si è spenta la Signora dell’eleganza, Mila Schön, quando mancano pochi giorni all’inaugurazione della mostra a lei dedicata al Palazzo Reale di Milano, che si aprirà il prossimo 19 settembre.
Mila Schön ha sicuramente scritto un capitolo importante della moda italiana, diventando uno dei principali protagonisti di quella straordinaria avventura che fu la nascita del made in Italy. Aveva un’idea di eleganza asciutta, senza fronzoli e senza tempo, che ha conquistato alcune delle donne più famose e meglio vestite del mondo quali Jacqueline Kennedy.

(foto da internet)
Un tema che ha sempre caratterizzato le sue creazioni è il rapporto fra ricerca artistica e progettazione: le onde, i cerchi concentrici e colorati, gli intarsi sembrano riprendere il mondo dell'arte, con i celebri tagli che si riproducono nell’abito essenziale, scarno, pensato come se fosse una tela dell’artista. C'è un forte rigore di costruzione, e il taglio è una naturale evoluzione delle linee, che si sviluppano in una silhouette sobria ed essenziale, dove l’eleganza è sempre in stretto rapporto con l’eccezionalità del tessuto, la scelta cromatica precisa e riconoscibile e la realizzazione del progetto moda non è mai asservita al capriccio della creazione fine a se stessa, ma è concepito nella dimensione reale.
Famosa per i suoi double-face («l'intransigenza con cui concepisco un interno uguale a un esterno è una mia cifra»), per gli abiti da sera con inserti geometrici, per le gonne a pieghe "baciate", per gli stupefacenti ricami, nel '66 Mila Schön conquistò l'America, e qui le venne conferito il Neiman Marcus Award, l'Oscar della moda per il colore.
È la prima stilista italiana a sbarcare in Giappone; infatti nel '93, dopo un periodo di crisi, ci fu la cessione al colosso giapponese Itochu, che, però, ha sempre lasciato la parte creativa sotto il controllo della fondatrice. Oggi è il gruppo Mariella Burani a detenere la licenza del marchio, in base a un accordo con l'Itochu che si concluderà anticipatamente nell'autunno-inverno 2008.

La donna Mila Schön è unica, elegante e sempre al passo con i tempi.

venerdì 5 settembre 2008

Zuppa inglese



(foto da internet)

In un'altra occasione parleremo, con calma, della zuppa inglese; quella vera, quella che si mangia. Il termine si usa in italiano per designare quel che in spagnolo sarebbe un revoltijo, un totum revolutum.
La zuppa inglese in questione, riguarda, ovviamente questo post.
Eccone gli ingredienti:
a) cari chiodini vicini e lontani, vi annunciamo che, da quest'anno scolastico 2008/2009, i post che pubblicheremo sul nostro blog avranno una frequenza diversa: posteremo, infatti, dal lunedì al venerdì. Il sabato e la domenica ce ne andremo al mare (o in montagna, o ...).
Questo è, quindi, l'ultimo post di questa settimana. Torneremo - niente paura!- online lunedì 8 settembre.
b) non sappiamo se durante l'estate che ci sta lasciando siete stati colpiti da una strana malattia che gli esperti definiscono discombugogglamento. Di che cosa si tratta? Il termine è stato coniato da uno psicologo inglese -la parola è una fusione di "scombussolamento" e di "google"- e designa una specie di disturbo causato da nervosimo, agitazione e incazzature varie quando non si riesce ad entrare in un determinato sito web. Ebbene, calma! Se non ci troverete on line dal prossimo fine settimana, leggete più volte, per favore, il punto a) di questo post.




(foto da internet)



c) ci dispiace comunicarvi che la nostra collega Pilar Codonyer, del dipartimento d'italiano della Eoi di Castelló, ha deciso di chiudere il blog da lei curato, Una finestra sull'Italia.
Da queste pagine vorremmo trasmettere la nostra gratitudine alla collega per aver partecipato, assieme a noi, a questa avventura e ci auguriamo di rivederla presto online.



(foto da internet)

d) Per chi ama starsene davanti al computer il sabato e la domenica, ecco un magnifico sito in cui trovare film, tv, radio e il campionato di calcio italiano! Tutto gratis in streaming!

Buon divertimento e buon fine settimana!! A lunedì.

giovedì 4 settembre 2008

Un giorno perfetto?

(foto da internet)

Immaginate un giorno perfetto. Scriveteci come vorreste che fosse. Una cosa è sicura: non avrà niente in comune con quello che descrive il film di Ferzan Ozpetek, una delle pellicole italiane presenti alla 65ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, tratto dall’omonimo romanzo di Melania Gaia Mazzucco. Questa volta il regista si allontana dal suo solito universo narrativo per affrontare una storia di ordinaria follia, di quelle che, troppo frequentemente, appaiono nella sezione di cronaca di tutti i giornali del mondo. Trascorre a Roma e racconta nell'arco di 24 ore una passione che sfocerà in una tragedia.

Emma e Antonio, sposati con due figli, sono separati da circa un anno. Antonio vive da solo nella casa dove avevano abitato insieme, Emma è andata a stare da sua madre coi bambini. Poi, una notte qualunque, una volante viene chiamata nel palazzo e la polizia si accinge a fare irruzione nell'appartamento dove qualcuno dice di aver sentito degli spari.

La reazione dei critici dopo la proiezione non è stata unanime (ascolta l’intervista a Ferzan Ozpetek), invece il libro non ha deluso nessuno.

Nell’attesa e nella speranza che leggiate il romanzo, vi lasciamo con il trailer del film.

mercoledì 3 settembre 2008

In Italia

(foto da Internet)

Siamo ritornati al lavoro sempre attenti a cosa succede nel Belpaese, un po’ per la professione e un po’, o forse molto, anche per affetto. Anche se le vacanze italiane sono sempre una bella rimpatriata non si può far finta di niente.

Le cose proprio non vanno: gli ultrà della squadra di calcio del Napoli hanno preso in ostaggio un treno; il governo ha tutto il desiderio di far scomparire la compagnia di bandiera, l’Alitalia, e così migliaia di persone perderanno il posto di lavoro; la benzina è sempre di più alle stelle: tra poco anche la macchina diventerà proibitiva. Infine l’abolizione dell’Ici sulla prima casa seppur impoverisce i comuni sembra stia favorendo un boom di separazioni, perché per dirla all’italiana: fatta la legge trovato l’inganno...

Allora sono cose che succedono In Italia


Il rapper cattivo della musica italiana, Fabri Fibra, e la rockstar Gianna Nannini hanno girato il video nel Verano, cimitero monumentale della capitale, perché «Con questo video -ha spiegato Fibra- voglio indicare la morte degli ideali e dei valori».
No Comment!