giovedì 31 gennaio 2008

Italietta



(foto da internet)

Vi presentiamo il trush dell'Italietta. Tragicommedia in un unico atto ambientata a Palazzo Madama. Interpreti: alcuni senatori dell'opposizione (o no?). Così è stata raccontata dal popolo blogger la caduta del governo Prodi. Una vera e propria operetta che va al di là degli spaghetti western e imbocca la strada dell'horror nostrano fatto di felloni, di mortadelle, di spumante e di testi poetici falsi.
Ma cominciamo dalla fine: giovedì 24 gennaio, il presidente del Senato Franco Marini legge il risultato della votazione sulla fiducia al governo Prodi. Il governo è in minoranza. Dai banchi dell'opposizione il Senatore Nino Strano -pullover rosso su vestito nero, occhiali da sole in aula- si abbuffa di mortadella; altri senatori brindano. Poco prima, il senatore Strano aveva gridato alla volta del Senatore Cusumano, eletto nelle liste dell'Udeur (il partito di Mastella, tanto per capirci), e reo di aver votato sì alla fiducia posta dal governo Prodi: "checca squallida, frocio...". Più tardi, a chi gli faceva notare la gravità delle sue parole, il senatore Strano, da vero esperto in gruppi nominali, dichiarava di non aver voluto sottolineare le parole checca e frocio, no, no, per carità, l'accento doveva andare su squallida -così, al femminile- sia pur accompagnato da checca...
Ecco a voi il racconto dell'accaduto visto dal regista Ollio De Ricino. Titolo del fim: Mortazza tua.







Un passo indietro: prima della celeberrima votazione, l'ex ministro di giustizia Clemente Mastella prende la parola. Chi si aspettava un discorso ragionato sul perché dell'abbandono del governo e sui motivi che lo spingono a votare no alla fiducia posta da Prodi resterà deluso. Niente di tutto ciò. Mastella -laureato in lettere- imbocca sicuro la via della letteratura. Declama, con qualche difficoltà di dizione, alcuni versi attribuiti a Pablo Neruda: "Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi...".








Ma sbaglia. I versi non sono di Neruda. E' una delle tante bufale che girano sul web. L'ex ministro ci è cascato! Subito, la Fondazione Neruda reagisce e smentisce categoricamente che i versi in questione siano autentici. Il tam tam -quasi un vero e proprio meme- si allarga sul web. Il popolo blogger scopre l'inganno: i versi sono di una poetessa brasiliana: Martha Madeiros. Niente a che vedere con Neruda.

Che dire? Meglio, allora, ricordare il famoso falso -consapevole questa volta- di Arbore& company in Quelli della notte: "Lo diceva Neruda che di giorno si suda, ma la notte no!".










Come direbbero Arbore&company: Lo diceva Picasso che il Senato è uno scasso...
Ah! Ricordate le parole del professore universitario ne La meglio gioventù? Meditate, gente, meditate!

mercoledì 30 gennaio 2008

Cosa significa "Buonismo"?

(foto da internet)
C’è una parola (o meglio ce ne sono varie, ma oggi ci soffermeremo su una in particolare), BUONISMO, che sui dizionari ha un significato ben preciso. Recita il dizionario Zingarelli «atteggiamento bonario e tollerante che ripudia i toni aspri del linguaggio politico». Anche il dizionario De Mauro associa la parola soprattutto al linguaggio giornalistico e politico «atteggiamento di benevolenza anche eccessiva e moralistica nei rapporti sociali e di continua ricerca di mediazione tra posizioni divergenti».
Il termine è presente nei dizionari solo dal 1995, ma ha avuto subito molto successo e il vocabolo ha assunto progressivamente un uso sempre meno “buonista”.
La pragmatica, infatti, dice che il contesto in cui tale parola si utilizza influisce sull'interpretazione del significato, e l'intenzione del parlante ha un ruolo notevole.
In altre parole, se avete visto i senatori del centro destra stappare le bottiglie di spumante dopo la caduta del governo Prodi, non vi meraviglierete se nel centrodestra il termine “buonista” sia diventato sinonimo di “pappamolle”, ovvero persona indolente e pigra, prova di spina dorsale.

Per il centrodestra il luogo privilegiato delle accuse di “buonismo” è il tema dei diritti degli immigrati, e probabilmente nella prossima campagna elettorale sarà uno dei tormentoni in tema di sicurezza pubblica.
Isabella Bertolini, vicepresidente dei deputati di Forza Italia, utilizza il “buonismo” come il prezzemolo, ovvero in ogni minestra. Nelle ultime tre settimane ha ammonito l’ormai ex-ministro della salute Livia Turco ad abbandonare il “solito buonismo irresponsabile”, ha denunciato il “buonismo della sinistra radicale” e il “buonismo accattone” del governo che contestava il provvedimento del sindaco di Milano Moratti per l'epurazione dei figli degli immigrati irregolari dagli asili.
(Forse non sa che il “buonismo” è contemplato nella Costituzione della Repubblica e nella Convenzione sui diritti del fanciullo!)
Ancora, un po' di tempo fa abbiamo letto sui quotidiani: «Le primarie del partito democratico hanno spinto in vetta alle classifiche il buonismo veltroniano».
“Basta col buonismo” è il nuovo manganello con il quale si richiama alle norme costituzionali.
Diceva Primo Levi «Ogni tempo ha il suo fascismo» , e voleva avvertire che i nuovi fascismi si diffondono “in modi sottili”.
Allora non sarà forse il caso di ricondurre il termine “buonismo” al significato definito dai dizionari?
Tratto da GlialtriNoi, una rubrica del quotidiano La Repubblica.

martedì 29 gennaio 2008

Esce Verba Molant!


Cari chiodini vicini e lontani, abbiamo il piacere di comunicarvi che il 18 gennaio 2008, nell'ambito del workshop Didattica della lingua italiana e nuove tecnologie, organizzato dal gruppo Prof-it, è stato ufficialmente varato Verba Molant, un blog ludolinguistico per studenti di italiano L2.
Il blog ha lo scopo di invitare all'approfondimento dello studio della lingua italiana attraverso il gioco verbale, l'umorismo e la creatività.
Per farlo propone giochi da risolvere, temi da svolgere, quiz, letture da commentare e presenta aspetti insoliti e divertenti dell'Italia e della sua cultura.
Verba Molant è diviso nelle seguenti sezioni tematiche, ciascuna curata da un responsabile:

Ludolinguistica: Beatrice Parisi
Letteratura: Gianpiero Pelegi
Traduzione: Cesáreo Calvo
Cinema: Alfredo Juan
Foto: Viviana Trevi
Cucina: Cristina Manfreda
Bambini: Pilar Puerto


I contenuti delle varie sezioni verranno scelti in base a un filo conduttore, aggiornato mensilmente. Per i prossimi mesi sono stati individuati i seguenti temi:

febbraio 2008: gli animali
marzo 2008: il mese di marzo e i suoi significati
aprile 2008: l'acqua
maggio 2008: il sonno e i sogni
giugno 2008: i colori

Alla fine di ogni mese verrà data la soluzione dei giochi proposti e verrà nominato il post del mese. Questa attività sarà curata da Gianpiero Pelegi. Del coordinamento e della revisione generale si occuperà invece Beatrice Parisi.
Tutti possono partecipare attivamente alla crescita di Verba Molant inviando proposte e spunti all'indirizzo di posta elettronica del blog o direttamente ai responsabili delle varie sezioni.

Con Verba Molant l'italiano diventa un gioco da ragazzi!

(testo di Beatrice Parisi)

lunedì 28 gennaio 2008

Viva Radio 2 minuti

(foto da internet)

Torna il varietà: Viva Radio 2 Minuti. Due minuti, è questa la novità, centoventi secondi di varietà... e torna Fiorello: animatore nei villaggi, speaker radiofonico, imitatore, cantante, showman, attore. Ovvero, il Talento in persona, il quale trasforma in oro tutto quello che tocca!
Avanti con il varietà più corto della storia, l'appuntamento tv più atteso di questa parte di stagione. Fiorello e Marco Baldini cantano la sigla di Viva Radio 2 minuti, da lunedì scorso in onda su RaiUno dopo il Tg delle ore 20.00.
Ovviamente il microshow, «punto di svolta del linguaggio televisivo» due minuti non dura, e già sta portando sconquasso nel palinsesto, nonostante gli sforzi dell’azienda di contenere la durata dei programmi che introducono alla prima serata.
È «varietà vero, come si faceva un tempo; i due minuti sono quelli del tempo effettivo, poi ci sarà il contorno». È uno spettacolo piccolo e “povero” ma ricco di eleganza, ironia e freschezza, quel che da tempo manca ai grandi varietà della tv italiana.



(foto da internet)

Due minuti o dieci o chissà: la sfida è condensare tutti gli elementi del varietà classico. Forti dell’esperienza e del successo di Viva Radio2, programma cult di Radio Rai, gli autori propongono musica e canzoni, orchestra dal vivo, balletti, monologhi, sketch, satira di costume e attualità in chiave televisiva.
«Il gioco sta nel cronometro che — come nelle partite di basket — si ferma ogni volta che si interrompe il gioco», dice Fiorello. I due minuti devono essere solo di «varietà puro». Attorno tutto il resto: dal pezzo forte, attesissimo, ovvero la parodia di Carla Bruni, dalle battute di attualità sul Papa per la sua visita mancata alla Sapienza («Certo Santo Padre da noi può venire quando vuole, meglio ignoranti che intolleranti»), alle citazioni degli show anni Sessanta.
Negli spot che hanno preceduto il debutto dello show Fiorello ha parodiato Nicoletta Orsomando, mitica "signorina buonasera" della Rai, con look anni sessanta.

(foto da internet)

A presentarlo c’è proprio lei, Nicoletta Orsomando, il vero fil rouge, il filo conduttore, di queste dieci puntate. Fiorello l'ha imitata, lei l'ha chiamato a casa per ringraziarlo, poi su richiesta si è gentilmente e professionalmente «concessa» e per il debutto si è persino vestita da Fiorello che la imita; così ha lanciato il programma. Ogni sera poi tocca a una star imitare la celebre annunciatrice: da Laura Pausini a Jovanotti.
Dopo il varietà la linea passa a I soliti ignoti-Identità nascoste, (in Spagna Identity), ma solo dopo un microsketch in cui la coppia mette in scena la parodia del game show.

domenica 27 gennaio 2008

Di rabbia e di stelle

(foto da internet)


Di rabbia e di stelle è il titolo del nuovo disco di Roberto Vecchioni, un percorso personalissimo tra la rabbia degli anni ’60 e ’70 in Italia, ma che, allo stesso tempo, ricorda le stelle rappresentate dall’amore. Il nuovo album, composto da 13 brani (uno dei quali, Mond lader -Mondo ladro-, in dialetto milanese), ha come spunto i ricordi e gli scritti del cantautore milanese, custoditi gelosamente dalla madre, molti dei quali vennero riportati anche nella suo ultimo libro di poesie Di sogni e d’amore. Proprio oggi, Vecchioni inizierà a portare in giro per l'Italia la sua ultima fatica. La tournée inizierà da Concordia (Modena).
Vi proponiamo un brano tratto dall'album: Il violinista sul tetto (leggi il testo>>), interpretato assieme alla bravissima Teresa De Sio.
Buon ascolto!







sabato 26 gennaio 2008

II Premio Espiral de Edublogs

Comincia una nuova avventura: la Asociación Espiral, Educación y Tecnología ha convocato la II edizione del premio Espiral Edublogs, una vetrina aggiornata dei migliori blog educativi.
Il principale obiettivo del premio è quello di promuovere l’uso delle TIC in aula, riconoscere il lavoro di molti docenti nella rete e promuovere un dibattito sull'applicazione didattica dei blog che, secondo noi, è uno strumento di grandissima utilità e un’ulteriore forma di motivare tanto i professori come gli alunni.

L’anno scorso CHIODO è stato premiato nella sezione Blog Colectivos e tutti avete partecipato al nostro riconoscimento con i vostri commenti che, ogni giorno, contribuiscono a vivacizzare la nostra esperienza educativa.


Il blog ha superato lo schermo, e ci permette di condividere il nostro lavoro, un’avventura senza fine, con alunni seppur virtuali, non per questo meno cari. Il nostro obiettivo è quello di esservi d'aiuto nella conoscenza della lingua e della cultura italiana, e la rete fa sì che il nostro percorso sia proprio come una spirale: senza fine, ma sempre più arricchente. La blogosfera può assumere, così, un aspetto umano.

Quest’anno CHIODO farà parte della giuria che sceglierà i migliori blog educativi. Speriamo di esserne all'altezza!
Via alla nuova avventura di cui, state pur certi, vi terremo informati.

venerdì 25 gennaio 2008

Di inquisizione e di streghe

(Il grande inquisito, Galleria d'Arte Moderna, Roma)

«Preferivo (...) essere consegnato ai selvaggi e mangiato vivo piuttosto che cadere negli artigli spietati dei preti ed essere trascinato davanti all'Inquisizione». Sono parole di Robinson Crusoe, il personaggio nato dalla penna di Daniel Defoe, e rivelano chiaramente quanto fosse temuta la “Santa” Inquisizione. Eppure, chissà perché, sembra che la Chiesa voglia riscattare l’immagine del macabro tribunale, come afferma Giovanni Romeo, docente di storia all’Università di Napoli e autore del libro Inquisitori, esorcisti e streghe nell’Italia della Controriforma:

«Il XX secolo si appresta a lasciare in eredità al terzo millennio che s'apre un'immagine sorprendentemente nuova dei tribunali come quelli inquisitoriali, tradizionalmente relegati dal nostro immaginario collettivo tra gli orrori del fanatismo clericale».

Questa tendenza inizia negli anni Sessanta, quando due studiosi francesi nel volume L'Inquisition arrivarono alla conclusione che «il Sant'Uffizio era talvolta l'organismo più obbiettivo della sua epoca». La rivista Critica storica ha scritto addirittura che con gli anni e il boom delle ricerche d'archivio si è «continuato ripetendo continuamente elogi sulla razionalità delle procedure e sulla mitezza dei tribunali dell'Inquisizione». Scoperta non più come un'entità crudele e spietata quanto come «una istituzione dotata di regole razionali e capace all'occorrenza di moderare l'uso della tortura e di scoraggiare denunce e delazioni». Luigi Firpo, lo storico più laicista d'Italia, a cui il cardinale Ratzinger volle aprire le porte dell'Archivio dell'ex Santo Uffizio, arrivò a dichiarare: «Davanti a quel tribunale, più che dei colpevoli di reati di opinione, dei paladini della libertà di pensiero, comparvero delinquenti comuni, persone colpevoli di atti che anche il diritto moderno considererebbe reati... Gli Ucciardone e le Rebibbia di oggi sono vere bolge infernali rispetto alle troppo diffamate celle dell'Inquisizione... era per esempio prescritto che lenzuola e federe si cambiassero due volte la settimana: roba da grande albergo (...). Una volta al mese i cardinali responsabili dovevano ricevere uno a uno i prigionieri per sapere di cosa avessero bisogno».


E allora perché un tribunale così obiettivo e giusto, che riceveva i prigionieri due volte la settimana per sapere di cosa avessero bisogno, usava durante gli interrogatori dei sistemi così spietati? E come si può affermare in modo obiettivo che una donna è una strega? Comunque una cosa è sicura: molti degli strumenti di tortura erano ideati esclusivamente per punire le streghe, come la culla della strega. Tutti questi strumenti di tortura sono esposti al Museo di Tortura di San Gimignano, ceduti spesso per l’allestimento di diverse mostre itineranti. Ah, e sapevate che uno di questi strumenti, la garrota, venne perfezionato e usato in Spagna fino al 1975?

Se volete saperne di più, vi consigliamo di assistere alla conferenza “L’inquisizione in Italia: le streghe”, a cura del professor Pierluigi Mammí che avrà luogo oggi alle 19:00 al Museu de Belles Arts di Valenza.

giovedì 24 gennaio 2008

Un paese senza


(foto da internet)

Un paese senza è il titolo di un saggio, pubblicato nel 1980, da Alberto Arbasino. In esso lo scrittore lombardo analizza i mali d'Italia in maniera sprezzante. Scrive Arbasino sull'Italia: "Un Paese senza memoria. Un Paese senza storia. Un Paese senza passato […] Un Paese senza avvenire?". È l’Italia un Paese senza patria, come sosteneva Guido Ceronetti? Di fronte allo spettacolo politico di queste ultime settimane, sembra proprio di sì.

Oggi, però, vorremmo parlarvi di un altro paese senza: quello in cui scarseggiano gli artigiani.
In Italia, secondo un recente studio dell'Associazione degli artigiani, ci sono pochissimi fornai e mancano i parrucchieri. Idraulici, sarti e falegnami sono ricercati a peso d'oro. Nell'Italia del lavoro precario e mal pagato nessun vuol più fare l'artigiano. Eppure i posti ci sono e il guadagno anche. Sono addirittura gli stessi artigiani ad essere preoccupati di non trovare più nessun cui lasciare la bottega. In Italia, nel 2008, servirebbero quasi 3.000 falegnami e più di 2000 fornai e pastai.



(foto da internet)

Ma nel nostro paese esiste un gravissimo vuoto culturale assai diffuso: nessuno vuole più sporcarsi le mani. Da tempo il lavoro manuale è visto come un'occupazione di serie B, anche le stesse famiglie artigiane hanno spinto i loro figli a cercare un'altra occupazione. Meglio, dunque, un lavoro impiegatizio, anche se precario, meglio l'incertezza di un posto nel terziario che la vita di bottega, anche se la bottega rende .
Negli ultimi anni, solo il contributo dei lavoratori stranieri ha permesso ad interi settori di evitare una crisi profonda.
Un tempo eravamo il paese della centralità operaia, oggi siamo il paese del mercimonio su ogni cosa, del clientelismo esasperato, del sogno dell'arricchimento facile e senza sforzo. Lo specchio fedele di quel signore a cui, tra poco, riconsegneremo le sorti dell'Italia.

mercoledì 23 gennaio 2008

La settimana di passione del governo Prodi

(foto da internet)
Nulla è casuale: le parole del capo dei vescovi, il cardinale Bagnasco, hanno preceduto di poco le dimissioni dell’ex-ministro della Giustizia Clemente Mastella. Tra i due avvenimenti se n'è inserito un terzo: la risposta di Prodi alla Conferenza episcopale italiana.
A distanza di giorni dal mancato incontro con Benedetto XVI alla Sapienza si è continuato a spargere veleni nel rapporto fra la Chiesa e lo Stato italiano. Il capo dei vescovi aveva parlato in maniera dura di un Paese a pezzi, «sfilacciato», «ridotto in coriandoli». Inoltre, alcuni giorni prima il cardinale Ruini aveva parlato di un'Italia «in cui nessuno è più in grado di scrivere l'agenda politica». Il tono del presidente della Cei segnala una profonda irritazione nei confronti del governo che non ha saputo gestire al meglio la visita del Papa all’università romana e ha addirittura esposto il pontefice a una mortificazione pubblica.
(foto da internet)
Il capo dei vescovi ha incolpato il Governo ( o meglio, Prodi-Amato) di aver sconsigliato la visita del Papa all'università per motivi di ordine pubblico. Un colpo terribile, perché equivale ad affermare che la versione ufficiale dell'Esecutivo («la sicurezza del Papa è garantita al mille per cento») è falsa. Prodi ha reagito energicamente dicendo che le cose alla Sapienza erano andate come avevano già spiegato la presidenza del Consiglio e il ministero dell'Interno. Anzi, il comunicato ha persino precisato che su questa versione dei fatti c'era la testimonianza della gendarmeria vaticana.
Ovviamente qualcuno mente..., ma quello che è sotto gli occhi di tutti è una crisi importante fra le due sponde del Tevere. Le parole di Bagnasco sono sembrate una sconfessione dell'Esecutivo. Non a caso, subito dopo è arrivato l'addio alla maggioranza da parte di Mastella, ex ministro della Giustizia che ha sempre sottolineato la sua condizione di «politico cattolico» e perciò esposto più di altri alle disavventure.

(foto da internet)
Le dimissioni di Mastella hanno origini da vicende personali: sicuramente l’inchiesta che ha coinvolto l'ex Guardasigilli, sua moglie e altre persone a loro vicine ha fatto da potente detonatore nei già difficili equilibri della maggioranza, ma c’è anche un altro elemento fortemente destabilizzante, cioè la riforma della legge elettorale. Infatti, dopo il via libera della Corte Costituzionale al referendum i timori dei piccoli partiti si sono fatti più grandi.
Prodi, avendo perso l’appoggio del partito di Mastella, dopo venti mesi in bilico, prima di gettare la spugna, ha deciso di «parlamentarizzare» questo passaggio: si presenterà alle Camere per chiedere una verifica della fiducia, e aprire, poi, in entrambe le camere del Parlamento un dibattito. Solo a conclusione del dibattito Prodi trarrà le conseguenze, chiedendo il voto o andando al Quirinale a rimettere il mandato.
Il professore non si arrende, il calvario continua e lui fa l’ennesimo tentativo.

martedì 22 gennaio 2008

Il morso del ragno


È il ballo trendy del momento. Eppure le sue origini sono antichissime. Pare che a provocarlo sia l’inoculazione del siero della tarantola che scatenerebbe il lato oscuro di chi ne subisce il morso. La tradizione vuole che la vittima, di solito una donna, per liberarsi dagli effetti del veleno, ballasse una danza ossessiva e ripetitiva al ritmo vorticoso dei tamburelli, finché non riusciva a liberarsi dall’incantesimo. Si dice che il sudore provocato dalla forsennata danza
espellesse il veleno dell’insetto dal corpo della vittima.

La pizzica (guarda post precedenti >>, >>) sembrava una moda passeggera, ma continua a fare proseliti: dai riti ancestrali contadini, alle piazze e discoteche di mezza Europa. Importanti nomi della musica italiana e internazionale sono stati “morsi dalla taranta”: Jow Zawinul, ex musicista degli Weather Report; la cantante israeliana Noa, l’ex batterista dei Police, Stewart Copeland che si considera ormai un pugliese di adozione, tanto che a Melpignano, sede de “La Notte della Taranta”, gli sono state ufficialmente consegnate le chiavi della città.



I puristi della tradizione rifiutano queste manifestazioni che poco hanno a che fare con il significato antropologico della taranta: donne di una civiltà contadina dalle regole rigidamente codificate, che solo nella “trance” della danza indiavolata riuscivano a liberarsi di oppressioni e soprusi (guarda il video). La taranta e la pizzica hanno spesso ispirato opere d’arte e film, tra cui Sangue vivo, di Edoardo Winspeare, e il più recente Craj-domani, di Davide Marengo, presesentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 2005.

Giuseppe Gala, uno dei più noti etnomusicologi, autore di
numerose pubblicazioni in materia, pubblicata dal sito taranta.it spiega il significato odierno di questo fenomeno di massa:
La pizzica non è oggi solo un ballo, è un emblema, un forte richiamo, una griffe di nuovo mito culturale che crea moda, spettacolo, turismo, mercato editoriale e musicale. Ma dietro alla diffusa domanda di danza popolare mancano in Salento una capillare ricerca sui balli degli anziani e adeguati studi etnocoreologici; le varie "neo-pizziche" che circolano nei concerti folk sono state reinventate senza un reale confronto e una mutuazione coerente dei modelli tradizionali.



I Nidi d’Arac è un gruppo musicale, tra i più innovativi nel panorama di questa nuova tendenza musicale, che non ha avuto remore a incrociare la tradizione con le nuove tecnologie e sta diventando un autentico fenomeno culturale, tanto da indurre Monicelli a scegliere una canzone della band per la colonna sonora del suo ultimo film: Le rose del deserto (guarda il trailer).

Vi invitiamo all’ascolto (e alla lettura) del loro brano più famoso, il cui testo è tratto da una poesia di G. de Santis intitolata Le dieci gocce.

lunedì 21 gennaio 2008

Theatrum non delendum

(foto da internet)

Riceviamo dai colleghi di Cultura classica un appello per evitare la demolizione del teatro romano di Sagunt che volentieri pubblichiamo (in italiano):

Dalle pagine del blog Chiodo Schiaccia Chiodo, manifestiamo viva preoccupazione per la notizia dell’annunciata demolizione del teatro romano di Sagunt che implicherebbe la scomparsa di un punto di riferimento imprescindibile per la diffusione della cultura classica.
Il teatro di Sagunt è un bene culturale che sta svolgendo la funzione per la quale fu disegnato: la rappresentazione delle tragedie e delle commedie di autori greci e romani, specialmente nell’ambito del Festival Juvenil de Teatro Grecolatino. Questo concorso teatrale, che si tiene ogni anno a Sagunt, viene affiancato dalla realizzazione di workshop didattici di cultura classica unici in Spagna.
La demolizione tecnica del teatro significherebbe la scomparsa dei LUDI SAGUNTINI, ai quali, in 12 anni di vita, hanno preso parte circa 12.000 alunni ed insegnanti.
L’attività teatrale ha stimolato la nascita di gruppi di lavoro, di giornate dedicate alla cultura classica e di molte altre attività che hanno come obiettivo fondamentale la divulgazione dell’eredità culturale classica e che hanno posto la nostra cittadina al centro del panorama culturale internazionale. La paralisi delle rappresentazioni teatrali supporrebbe un gravissimo colpo al lavoro svolto in questi ultimi anni.
Durante la settimana in cui si tengono i LUDI SAGUNTINI, la cittadina viene visitata da numerose persone, non solo insegnanti ed alunni, che dimostrano che lo spirito classico è ancora vivo grazie ad iniziative come questa.

Esigiamo, quindi, che il teatro si mantenga nella sua attuale struttura affinché il lavoro e i risultati ottenuti in questi anni non vengano cancellati.








THEATRUM NON DELENDUM EST!


Martedì 29 gennaio, alle ore 19.00, si terrà una manifestazione davanti al Comune di Sagunt con lo slogan "no a la reversión".

domenica 20 gennaio 2008

La televisione tra noia e noir

(foto da internet)

Gli italiani sono sempre più annoiati della politica: destra, sinistra o centro, le cose non cambiano e il pessimismo cresce e cresce. Di una politica così cangiante e, in molti casi, inetta, davvero non se ne può più! Tanto è così che anche i Telegiornali stanno facendo, con sempre maggior frequenza, una scelta editoriale ben precisa: privilegiare la cronaca nera, raccontando l'Italia della provincia, quel pezzetto d’Italia quasi completamente espulsa dall'immaginario mediatico collettivo.
Allora, via alle interviste per strada, per capire gli umori dal basso. Si sa cosa succede a Udine o a Barletta? No: tutto si concentra sull'asse Roma - Milano, e se si parla di organizzazioni criminali si fa una puntatina su Napoli (purtroppo sempre più sulla scena per i problemi dei rifiuti) o su Palermo. Roma e Milano, ovviamente, sono metropoli importanti, ma che certo non rappresentano tutta l'Italia.
Se c’è il noir, la provincia esce dall'anonimato e diventa protagonista. Ma, alla fin fine, sono comunque cifre negative che indicano un malessere sociale. In altre parole: gli episodi di cronaca fungono da testimonial di un malessere sociale che pure esiste, ma che, certo, il taglio dato a un evento potenzia e amplifica, com'è successo con il caso Cogne.
(foto da internet)
Il Tg1 resta saldamente leader, ma il Tg5, da quando ha dato priorità alla cronaca nera, ha notato gli effetti sull'audience.
Nonostante la contro-programmazione dei quiz, gode di buona salute anche Studio Aperto, su Italia1. E, questo, senza aver rinunciato alla «politica non politicata» applicata al carovita o alle difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, e garantendo quel target giovane che caratterizza la rete.
Non è un caso che il taglio a tutta cronaca sembri contagiare anche il Tg2, un telegiornale con un format basato sull’informazione e coadiuvato da rubriche consolidate, quali Costume & Società e Medicina 33. Infine, il Tg3 che, sebbene continui con la scelta di privilegiare i temi «difficili», dai diritti negati alla sicurezza sul lavoro, si assicura una certa audience.
(foto da internet)
Anche i talk show hanno acceso i fari sul noir, e privilegiano, ormai, la cronaca rispetto alla politica, com’è il caso di Porta a Porta su Raiuno, che, però, deve vedersela con un agguerrito Matrix, su Canale 5.
Chi invece non cerca vie di fuga nella «nera», cavalca con successo l'antipolitica. È il caso di Michele Santoro, che è riuscito con AnnoZero a dar voce a una sinistra arrabbiata, poco istituzionale, ma che pesa sull’Auditel. E anche Ballarò, su Raitre, nato come contenitore riformista, ha propeso per la causa del trend anti-casta.
(foto da internet)
Da una parte c’è Mediaset che descrive l'Italia come un paese «incazzato» e catalizza in chiave antigovernativa un malcontento diffuso, dall’altra c’è la Rai che preferisce la via dell'antipolitica perché garantisce ascolti, e anche immagine.
E allora dov’ è l'Italia positiva di cui parla Prodi? Infatti, quello che i TG non raccontano mai è l'Italia normale, quella che lavora e, perché no, in alcuni casi, funziona pure, ovvero quella maggioranza silenziosa e laboriosa che ha consentito il boom dell'export del made in Italy. Un record di cui Prodi si bea, ma che, in TV, ormai, non trova spazio.

sabato 19 gennaio 2008

L'arte delle donne

Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchioni


Ci fu un tempo in cui l’arte era ad esclusivo appannaggio maschile. Un pregiudizio persistente ha impedito alle donne di esprimersi attraverso l’arte, fino al punto di considerare che il principale merito che avevano le donne artiste fino all’età delle avanguardie del Novecento fosse quello di essere mogli, amanti o figlie di pittori maschi. Solo nell’ultimo secolo, e con grande fatica, la donna ha potuto finalmente affermare senza censure la sua creatività anche nelle arti figurative: i risultati sono evidenti, ormai non c’è più nessuna barriera “sessuale” che possa dividere dipinti, sculture, architetture, fotografie o film.


Sofonisba Anguissola, Partita a scacchi

Nell’Anno Europeo delle Pari Opportunità, l'esposizione L'arte delle donne (dal Rinascimento al Surrealismo) dedica una mostra a cinque secoli di arte al femminile attraverso l'opera di artiste italiane e straniere: da Sofonisba Anguissola a Camille Claudel, da Lavinia Fontana a Frida Kalho, da Marietta Robusti Tintoretto a Tamara de Lempicka, da Artemisia Gentileschi a Elisabetta Sirani, ad altre ancora.

Un percorso espositivo che si snoda cronologicamente dalla metà del Cinquecento fino agli anni Settanta del Novecento. Una “breve ma veridica storia della pittura” e della scultura fatta da artiste donne. Una mostra che ci spiega che l’arte non ha sesso e che, seppur con oggettive difficoltà ed ostacoli, un centinaio di artiste donne siano riuscite da sole sia a lottare contro i pregiudizi e ad esprimersi artisticamente contro tutto e contro tutti.

In mostra 110 artiste tutte erudite, alcune delle quali raggiunsero una fama forse superiore a quella degli uomini a loro contemporanei, per un totale di 260 opere provenienti da musei e collezioni di 14 paesi, europei ed extraeuropei, quali il Museo Nacional del Prado e il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid, il Centre National d’Art et de Culture Georges Pompidou di Parigi, il National Museum of Women in the Arts di Washington, la Galleria degli Uffizi di Firenze, il Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli.


venerdì 18 gennaio 2008

Le gemelle Kessler



(foto da internet)


Poco prima di Natale, un nostro caro lettore ci ha chiesto di scrivere un post sulle gemelle Kessler. Lo accontentiamo, con un po' di ritardo. Parliamo, ovviamente, di Alice ed Ellen Kessler, una nota coppia di ballerine e cantanti tedesche molto popolari negli anni '50 e '60.

Le Kessler vennero scoperte e lanciate in Italia da Guido Sacerdote e Antonello Falqui, i pionieri del cosiddetto varietà televisivo.

L'intelligenza, la bravura e la bellezza delle gemelle Kessler fecero il resto. Alice e Ellen calcarono le scene del varietà televisivo italiano in maniera ininterrotta sino al 1969.

Le ricordiamo con affetto con una famosissima canzone (e balletto) cult: Dadaumpa (le coreografie erano dell'intimenticabile Don Lurio. Il video è della trasmissione Studio Uno, 1961). Provate a cantarla!



Nota: molto prima dell'ombelico scoperto della Carrà e del Tucatuca televisivo (in coppia con il grande Alberto Sordi), le gemelle Kessler scossero l'eros degli italiani. I dirigenti della televisione italiana di allora contrattaccarono: sconvolti dalle gambe mozzafiato delle due ballerine, le costrinsero ad usare, in alcuni balletti, delle calze nere e pesanti!!







Ecco il testo:


Oui mais oui

siamo ritornate in Italie

e felici d'esser qui

vi diciam à vous merci

canticchiando dadaumpa

dadaumpaDadaumpa

c'est comme chose

che va la vie en rose

una danza molto chic

che portiam dall'Amerique

e si chiama dadaumpa

dadaumpa Dadaumpa

ogni stella grande

come il Sole ci sembrerà

ogni luce accesa nel buio

sembrerà la Luna

che splende sul mar

dadaumpa Dadaumpa

le anime gemelle cercavam

e se le trovammo un dì

e se adesso sono qui

ringraziamo dadaumpa

i gemelli, i gemelli, i gemelli Blackbells

Hello boys

traversammo tutto l'Illinois

valicammo il Tennessee

per venire fino a qui

a portarvi il dadaumpa

dadaumpa, dadaumpa

giovedì 17 gennaio 2008

Storie di musica

(foto da internet)
Chi lo avrebbe mai detto che l’idolo delle discoteche e dei paninari, solo qualche anno più tardi, avrebbe conquistato con le sue canzoni l’Italia più impegnata, e dalle canzonette sarebbe passato alle canzoni d’autore?
Si tratta di Lorenzo Cherubini alias Jovanotti, uno pseudonimo che profuma di quell’Italia americanizzata, tipica della seconda metà degli anni ottanta.
Jovanotti faceva il disk-jockey in discoteca e in queste vesti conobbe Claudio Cecchetto. Al produttore, nonché scopritore di talent-scout, non sfuggirono le potenzialità comunicative del ragazzo. Il Jovanotti di allora era carino, simpatico, dalla faccia pulita e piaceva a tutti, perché non era un “rockettaro”, non la buttava in politica, non si drogava e parlava una lingua vicina a un certo mondo giovanile, solo con qualche piccola “trasgressione”.

(foto da internet)
Il suo personaggio prende piede grazie alla televisione, alla radio, alle tante interviste sui giornaletti musicali dei ragazzi, alle tante serate in discoteca. Sono gli anni del secondo boom della musica dance, una musica semplice, fatta per ballare, a uso e consumo di una popolazione giovanile che non sembra aver tanta voglia di pensare, a cui piace fare la bella vita e far bella mostra di sé. Lorenzo ne è l'emblema, con quello stile paninaro griffato: berrettini firmati, magliette e gadget di ogni tipo, insomma un vero bombardamento che impone all’attenzione generale questo personaggio le cui dubbie doti canore hanno un ruolo di secondo piano rispetto alla spettacolarità della sua immagine.
Gimme Five è prima nella classifica dei singoli del 1988. Il successo è incontenibile. Nel 1989 sbarca a Sanremo con No Vasco, io non ci casco: il mitico Vasco Rossi viene visto come simbolo musicale negativo per la gioventù. La canzone è un successo, ma molti, e soprattutto una parte del pubblico giovanile, cominciano a riflettere sul fenomeno Jovanotti e a prenderne in considerazione gli aspetti meno frivoli e più ideologici, puritani e reazionari.

(foto da internet)
Allora, Jovanotti, stufo di essere preso in giro da una buona parte della gioventù italiana, nonostante fosse un Ragazzo fortunato, decide di cambiare strada e far da sé, seguendo l’istinto, senza consiglieri, image-makers o padri putativi.
I risultati non tardano a venire e sono ancora oggi sotto gli occhi di tutti: Lorenzo-Jovanotti, soggetto di una metamorfosi sorprendente, diventa uno dei punti di riferimento obbligati della nuova musica del Belpaese, col suo originale rap spesso impegnato (Penso positivo), con le sue contaminazioni transetniche (L’ombelico del mondo), con le sue tenere “zoomate” sulla quotidianità giovanile del suo tempo (Serenata rap) in cui parla d’amore in modo diretto e non retorico, con il suo impegno altrettanto diretto nel campo del sociale, diventa di nuovo un'immagine da seguire.
Le canzoni cantate da Jovanotti, con la sua solita voce un po’ trascinata e stonacchiata, non servono più soltanto a far ballare le persone; si fanno ascoltare e fanno pensare positivo.
Domani, 18 gennaio, esce il suo ultimo album, Safari che già si trova al numero uno della classifica degli album più venduti su iTunes. Questo nuovo progetto musicale che è stato anticipato dal singolo Fango, uscito il 7 Dicembre, è stato definito dal cantante «l'avventura più bella di vent'anni di carriera», ed è dedicato al fratello Umberto, scomparso lo scorso 22 ottobre in un incidente aereo con un ultraleggero.
Di Safari, il cantautore si dice «contentissimo». Anche se il titolo rimanda al concetto di viaggio, il nuovo disco di Jovanotti è scevro di suoni etnici; si presenta piuttosto «come un fumetto, un affresco per immagini», tanto che la pubblicazione è accompagnata da un diario di lavorazione scritto e illustrato dallo stesso artista.

mercoledì 16 gennaio 2008

"Mi piace viaggiare nel senso di trovarmi altrove"

(foto da internet)

Mi piace viaggiare nel senso di trovarmi altrove. Viaggiare non sempre è piacevole, si va incontro all'ignoto e questo è sgradevole ma stimolante. Inoltre il viaggio, specie in Africa dove mi sono recato spesso negli ultimi anni ci pone dei problemi che bisogna risolvere in fretta senza esitazioni: viaggiare dunque vuol dire agire. Infine, almeno per me, il viaggio è "depaysement" cioè sentirmi straniero, altro, diverso. Quando ritorno da un viaggio è come se avessi un nuovo sguardo per le mie abitudini e soprattutto per il mio lavoro.
Alberto Moravia

Un secolo fa nasceva Alberto Moravia, la Bompiani, casa editrice dello scrittore, lo ricorda con la pubblicazione di un inedito. Il romanzo è stato ritrovato nella cantina della sua residenza romana dell’autore, donata dalle sue eredi al comune romano, affinché ne faccia una casa museo (guarda le foto). L’opera inedita, I due amici, racconta lo sforzo di Sergio, giovane giornalista comunista, in cerca di lavoro stabile da poco iscritto al Pci, che prova a convertire al comunismo il suo amico Maurizio, uno snob ricco e cinico. Centrale nel racconto lo scontro-incontro ideologico tra i due amici. L’opera è una riflessione sul comunismo che ha scatenato un acceso dibattito politico e letterario.

(foto da internet)

Ancora la Bompiani ripubblica i suoi capolavori anche in versione audio. Tra i romanzi da ascoltare troviamo Gli indifferenti, con la voce di Toni Servillo e la musica di Flavio Vacchi e Cinque racconti romani, con un’introduzione di Marco Lodoli.

(foto da internet)

Un omaggio del tutto personale è quello di Dacia Maraini. Non poteva che essere lei, la compagna di vent’anni di vita, la fotografa ideale per ricordarlo nel centenario della sua nascita. Negli spazi della Ex Gil a Trastevere l’omaggio personale della scrittrice, la mostra "Moravia. Dal mondo intero. Fotografie di Dacia Maraini".


Dal Mali a Cuba, dagli States al Giappone, quasi cento scatti, in gran parte inediti, di Moravia e Maraini in viaggio, realizzati tra gli anni Sessanta e Ottanta. Rare le immagini in cui compaiono entrambi, come sempre accade a chi si sposta in coppia, ma la presenza di Moravia è sempre percepibile.
Le immagini della mostra ritraggono lo scrittore in compagnia di altri personaggi di rilievo della cultura italiana. La foto che illustra questo post lo ritrae in un villaggio a Mali, in compagnia del suo carissimo amico Pier Paolo Pasolini. Ascoltate la sentita orazione funebre che lo scrittore dedica all'amico poeta scomparso.


martedì 15 gennaio 2008

L'anno della patata



(foto da internet)

Il 2008 sarà l'anno della patata. L'idea, lanciata dall'Onu, è venuta al Perù (che ne produce centinaia di specie diverse). L'agenzia Onu che si occupa di cibo e alimentazione ha deciso di puntare sulla diffusione del tubero in tutto il mondo. Nel 2008, infatti, ci si propone di approfondire la comprensione del ruolo della patata nell'agricoltura mondiale, nell'economia e nella sicurezza alimentare globale e di promuovere la ricerca e lo sviluppo di sistemi agricoli basati sulla patata. La patata, quindi, in virtù delle sue caratteristiche, rappresenta una risorsa da sfruttare nella lotta alla fame nel mondo.

La patata, com'è noto, è un tubero commestibile. In Italia si distinguono quattro tipi fondamentali di patate:
  • Patate a pasta gialla, dalla polpa compatta. Sono impiegate per le patatine fritte industriali e casalinghe, ma sono adatte anche per le insalate e le cotture in forno.
  • Patate a pasta bianca, dalla polpa farinosa che si spappola durante la cottura. Sono adatte ad essere schiacciate, per esempio nel purè, nelle crocchette o negli gnocchi.
  • Patate novelle, caratteristiche per la buccia sottile, vengono raccolte quando la loro maturazione non è completa.
  • Patate a buccia rossa e pasta gialla, caratterizzate dalla polpa soda. Sono indicate per le cotture intense quali il cartoccio e la frittura.

Oltre alla patata, vorremmo rendere un piccolo omaggio a un piatto semplicissimo, ricavato dall'umile tubero: gli gnocchi. Un tempo, a Roma, le trattorie esibivamo un bel cartello con su scritto: Giovedì gnocchi e sabato trippa. Il giovedì, appunto, era il giorno consacrato a questo piatto diffuso un po' in tutt'Italia e anche in alcune zone dell'Europa centrale. Oggi vi proponiamo una ricetta semplicissima: gli gnocchi al sugo di salsicce. Per prima cosa bisogna preparare gli gnocchi.

Ingredienti per 4/6 persone:

1 Kg di patate

300 gr di farina

sale q.b. Le patate devono essere preferibilmente a pasta gialla e farinose.



(foto da internet)

Preparazione:

Dopo aver lavato le patate e averle lessate con la buccia, in acqua fredda e poi portata a bollore, sbucciatele e passatele ancora calde allo schiacciapatate su un tavolo, o una base di lavoro infarinata. Salate moderatamente e aggiungete la farina necessaria, dovrete ottenere un composto soffice, ma compatto. Impastare bene gli ingredienti in modo da non trovare grumi o residui di farina. Appena ottenuto un'impasto omogeneo, ricavate da esso tanti filoni con uno spessore di circa due centimetri. Con un coltello o una spatola tagliate i filoni in pezzetti lunghi circa 2.5 cm, spostateli o sul vostro tavolo da lavoro o su un vassoio sempre infarinato. Tuffateli in abbondante acqua bollente salata e scolateli con una schiumarola quando gli gnocchi verranno a galla.




(foto da internet)


Il sugo

Ingredienti:

200 gr di salsiccia di maiale

1 cucchiaio di olio

1 pezzetto di cipolla tritata

1 foglia di alloro

400 gr di pomodori pelati

sale, pepe e zafferano

pecorino grattuggiato

Preparazione:

In una padella abbastanza capiente, mettete l’olio, la cipolla, il peperoncino e la salsiccia che avrete precedentemente spellata e sbriciolata. Passate i pomodori in modo da ottenere una salsa e uniteli al condimento dopo circa 5 minuti. Unite al tutto lo zafferano e il sale e il pepe. Lasciate cuocere per 1 ora. Cuocete gli gnocchi in abbondante acqua salata, uniteli al sugo e spolverateli con il pecorino.
Fate cuocere gli gnocchi in molta acqua salata per evitare che si incollino l’uno con l’altro.
Per ottenere un sugo cremoso, aggiungete 2-3 cucchiai di acqua di cottura della pasta e lasciate asciugare sul fuoco.

Ecco fatto! Allora, giovedì prossimo, secondo l'usanza romana, gnocchi!!

Buon appetito!








lunedì 14 gennaio 2008

Una dama del cuore


(foto da internet)


Il mondo è decisamente cambiato: prima i politici si occupavano solo di governare un paese. Oggi, invece, gli uomini famosi sbandierano la loro vita privata esibendo baruffe coniugali, riappacificazioni, annunciando e portando a termine divorzi, in modo da assicurarsi interminabili servizi fotografici non solo sui siti e sui giornali di gossip, ma anche sulla stampa seria che ormai non si nega più al rosa.
Negli ultimi giorni dell’anno che se n’è andato, la politica si è tinta di cronaca rosa e sui tabloid, in prima pagina, non c’erano le famiglie reali, i calciatori o le modelle. O meglio queste ultime sì che c’erano, ma in una veste completamente nuova: come possibili, future prime dame.
Ecco la nuova moda: le celebrità della politica insieme a un'altra celebrità, spesso e volentieri del mondo dello spettacolo. L'importante è saperla scegliere con la massima oculatezza, in modo che il fermento mediatico sia tale da rendere privi di interesse gli errori, i pasticci e le cattive notizie attorno al politico.
Di chi stiamo parlando? Ovvio, della dama di cuore del presidente francese Nicolas Sarkozy.
Cosa c’entra l’Italia? Eh bè, la fiamma è italiana, si chiama Carla Bruni e, dopo tanti sfottò sul cavaliere di casa nostra, adesso sono gli italiani a prendersi la rivincita sui francesi: questa volta è il capo dell'Eliseo a fare gaffe. L’italiana che occupa le prime pagine di tutto il mondo è bella, anzi bellissima, benestante, anzi ricca e famosa.


(foto da internet)


La coppia è uscita allo scoperto a metà dicembre, perché hanno deciso di prendersi le loro responsabilità, e, soprattutto l’onnipotente Sarkozy ha voluto fare un gesto “di rottura” rispetto a chi lo ha preceduto, «mettendo fine a una tradizione deplorevole fatta di ipocrisia e menzogna». Voleva dire che ormai sono lontani i tempi in cui gli uomini famosi esibivano vite coniugali integerrime, e se avevano un’amante, anche con prole, la tenevano nascosta, almeno fino alle esequie (come successe a Mitterrand). Oppure quando degli sbandamenti coniugali diventavano affari di stato: quante ne ha dovute passate il povero Clinton per una “cosina” in ufficio è stato di dominio pubblico.


(foto da internet)

Politica a parte, chi è Carla Bruni? Ex top model, proviene da un'ottima famiglia della borghesia industriale torinese. Dopo aver dismesso i panni della moda, è stata la protagonista di un fenomeno curioso, giacché ha indossato le vesti della cantautrice. Il suo primo disco Quelqu'un m'a dit ha ottenuto un notevole gradimento in Francia. All'inizio del 2007 ha presentato un nuovo lavoro discografico dal titolo No promises, per il quale ha musicato dieci poesie di autori di lingua inglese.




(foto da internet)



A parte la vita professionale, è stata famosa anche per aver sconvolto cuori e famiglie in vari settori del jet set internazionale, anche se fino a questo momento il settore politico era rimasto intatto.

Permetteteci un pettegolezzo: la Bruni si era legata nel 2001 a Raphael Enthoven, che aveva incontrato mentre conviveva con il padre, il filosofo Jean-Paul Enthoven. Il giovane Enthoven, a sua volta, aveva lasciato l'allora moglie, Justine Levy, figlia del filosofo Bernard Henri-Levy, la quale, per vendicarsi, scrisse un romanzo autobiografico, Niente di grave, in cui sputtana la top-model e che poi ne immortalerà il fascino funesto.


La discrezione dei giornali francesi sembra essere una lontana chimera. Il tutto complicato dall’abitudine della Bruni, che da cantautrice qual è, scrive canzoni sui suoi amanti, a volte anche sbeffeggiandoli.

P.S.: È pronta un’altra ghiotta storia d’amore per gli appassionati di cronaca rosa: il presidente venezuelano, Hugo Chávez, e la "venere nera", Naomi Campbell, sembra che vivano da due mesi un’appassionata relazione.

domenica 13 gennaio 2008

Alla ricerca della stella perduta

(foto da internet)


Dopo circa un secolo di vita, l’Ilva, la grande acciaieria napoletana è condannata a scomparire e Vincenzo Bonocore, ex operaio diventato tecnico delle Colate Continue, è invitato a sovrintendere allo smontaggio del “suo” impianto, venduto alla Cina. Buonocore accetta l’incarico e si butta a corpo morto nell’impresa, deciso a farne il proprio “capolavoro”, l’appuntamento più importante della propria vita professionale. La sua ossessione diventa smontare le Colate Continue a regola d’arte, senza provocare il minimo danno all’impianto. E mentre il protagonista porta a termine con successo l’operazione di smontaggio delle colate, intorno a lui sembrano venir meno le residue illusioni di una civiltà più razionale e ordinata.


(foto da internet)


Fin qui l’argomento del romanzo “La dismissione” di Ermanno Rea. “La stella che non c’è” (guarda il trailer), di Gianni Amelio, è la continuazione ideale del romanzo. Il protagonista del film ha un cognome diverso, Buonavolontà, ed un’altra ossessione: rintracciare l’impianto, già trasferito in Cina, per risolvere un guasto che potrebbe mettere in pericolo la vita degli operai che ci lavoreranno. Vincenzo inizia così un viaggio, tema ricorrente nella traiettoria cinematografica di Amelio, in cerca della sua fabbrica, portandosi dietro la centralina idraulica nella borsa.

Una giovane traduttrice cinese, Liu Hua, farà da guida a Vincenzo Buonavolontà in questo viaggio alla ricerca dell'acciaieria.

Ma cosa c’entrano le stelle con tutto questo? Perché non andate a vedere La estrella ausente al cinema Babel e ce lo raccontate?

Nel frattempo vi invitiamo a guardare il servizio Tv di Pippo Gatto per Teleuropa Network.

sabato 12 gennaio 2008

Un ponte pieno di buche

(foto da internet)

Ogni anno questo dipartimento si vede sorpreso da tanti studenti che portano con sé il seme di abilità straordinarie che sono per noi irraggiungibili. Questo fa parte della gioia del nostro vilipendiato mestiere.

Tre anni fa una giovane insegnante d’arte decise di cominciare a studiare italiano con noi, ci si è mostrata a poco a poco e oggi ci ha permesso di condividere con tutti i lettori del blog una sua creazione letteraria. Si tratta di un racconto che preparò per i bambini della scuola Santa Anna a Quartell, studenti di lingua italiana anche loro, i nostri chiodini piccini, piccini. Non fu possibile la presentazione del racconto direttamente ai bambini e considerata la sua bellezza e assenza di età, oggi vi proponiamo la sua lettura.

Godetevi la fantasia.



UN PONTE PIENO DI BUCHE


C’era una volta una bella villa,

con un fiume, e un vecchio ponte,

con fiori, alberi e un monte,

e con una regina avara e cattiva.

Ma gli abitanti non avevano mai fame

giacché mangiavano frutta e bella carne

perché, da quelle parti, la gente

era molto ricca e attraente.

Ma, purtroppo, c’era un modesto quartiere,

dall’altra sponda del fiume,

con sì questa volta, triste e poverina lume.

Per sfortuna il vecchio ponte li separava,

ma questo ponte aveva molte buche,

buche mai riparate dalla regina avara.

Traversarlo solo a piedi si poteva,

ma faceva proprio paura e

la gente della parte ricca e carina

non l’aveva mai fatto prima.

-Come sarà la gente dell’altra parte?

Chiese una mattina una donna abbondante.

Forse una presenza ascoltò la sua richiesta,

giacché il giorno dopo ci fu una gran festa:

Tutti gli anni, il ventiquattro dicembre

gli abitanti ricchi felici aspettavano

l’arrivo di una camionetta grigia,

veniva essa da un paese lontano

portando veloce belle sorprese in valigia.

Sapevano da sempre che era piena di castagne

che per sé comprava la regina, non per darle.

Le castagne erano carissime

e mangiarle era un piacere in quel villino

le cui persone, gentilissime,

Le arrostivano in un fuochino.

Così fra tutti i ricchi

si faceva un gran falò con tronchi dritti

nella piazza principale della villa

guardando saltare una favilla.

Frattanto la gente triste e poverina

si scaldava le mani su fiamma piccola e tapina.

Un anno, nel buio della sera,

l’aspettato autista sbagliò strada

-Oh peccato! Sarò in ritardo quest’anno!

Pensò contrariato.

-Amici, disse disperato, dov’è la villa

Della cattiva e avara regina?

I poveri del quartiere triste della villa

che si scaldavano con la brace

della fiamma piccina risposero:

-Devi traversare il fiume, ma fa attenzione

alle buche profonde.

-Grazie, rispose con fretta l’autista

senza guardarle ben bene prima.

Quando l’autista iniziò la marcia,

le ruote, schiacciate dal troppo peso,

in una gran buca la carica persero.

L’autista sbatteva la testa contro il muro:

-Oddio! Le castagne sono ora fuoco puro!

Allora, le persone ricche del villino

odorarono delle castagne il profumino,

videro dall’altra parte nel cielo mille luci

e decisero di avvicinarsi pian pianino

cercando le luci e anche quell’odorino…

Tutti i ricchi del villino senza la regina

presero i tronchi dal gran falò,

aiutati dai poverini fecero la traversina

e vi confesso che nessuno si ammalò.

E fu così che grazie alla fortuna

e all’architettura traversarono il ponte

e le castagne mangiarono

tutti insieme in compagnia,

lasciando sola la cattiva e avara regina.

Da allora la gente della villa e quella poverina

diventarono amici del cuore per sempre

e condivisero con altruismo,

senza regina né egoismo,

la carne, la frutta ed ogni ben di Dio.


(Amparo Grafià)