mercoledì 31 ottobre 2007

Lei balla (e canta) da sola

(Foto da internet)

“Madonna recita? Io ballo!” Chi parla è Mariangela Melato e nelle sue parole c’è un evidente riferimento al remake di cui vi parlavamo alcuni post fa, in cui Madonna recita la parte che la Melato aveva interpretato molti anni prima in un film della regista Lina Wertmüller. Per mesi l’attrice si è sottoposta a lezioni di canto e ballo per affrontare Sola me ne vo per la città, raffinato spettacolo con cui debutta al Sistina dal 30 ottobre al 25 novembre 2007. Una vera sfida per Mariangela che affronta da sola la scena per due ore filate. “Mostrarmi da sola sotto i riflettori durante un’ora e mezza o due, come avverrà qui, in fondo rispecchia la mia esigenza di solitudine. In fondo siamo tutti soli”. Elegante e leggera, la commedia, scritta a otto mani dalla stessa attrice con Vincenzo Cerami, Riccardo Cassini, e il regista Giampiero Solari, si rivolge ad un pubblico colto che sappia cogliere le citazioni di Brecht, Gaber, Shakespeare.

Il titolo dello spettacolo è il ritornello di una canzone del 1945 In cerca di te, molto più conosciuta per le parole con cui inizia la strofa: “Solo me ne vo per la città...” e di cui esistono diverse versioni (Don Backy >>) (Pino Ruggieri >>). Renzo Arbore convinse la Melato ad interpretarla in tv accanto a lui (guarda >>) e l’attrice la ripropone in questo suo spettacolo. Ma non è l’unica canzone dello show, ne canta altre quattro fra cui anche Vita spericolata di Vasco Rossi (guarda >>/leggi >>).

Non vi sembra una buona occasione per fare un salto a Roma il prossimo fine settimana?


martedì 30 ottobre 2007

Il patrimonio culturale immateriale dell'Italia



(foto da internet)

Ha del misterioso il lungo termine patrimonio culturale immateriale. Di che cosa si tratta? In realtà di cose ben tangibili. L'Unesco ha sancito la nomina de i Pupi siciliani (leggi>>) e il canto a tenores della Sardegna (leggi>>) come patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Ben presto, però, altre espressioni della cultura popolare italiana, dalla pizzica alla canzone romana, ai canti di lavoro e di protesta, potrebbero aggiungersi alla lista. Si tratta di antichissime tradizioni, espressioni orali, riti e spettacoli folkloristici.

Durante tutto il 2007, il governo italiano raccoglierà delle candidature che verranno consegnate all'Unesco per la loro proclamazione ufficiale.



(foto da internet)

Tra i possibili candidati-portavoce di determinate culture, citiamo:
  • Totarella. Un gruppo di musica e danza tradizionale che esprime le tradizioni delle zone al confine tra la Calabria e la Lucania e che fa capo alla cultura contadina.

  • I Cantori di Carpino, centro del Gargano (Puglia) noto anche per la tradizione della chitarra battente.


  • Ambrogio Sparagna (leggi>>), virtuoso dell'organetto e studioso delle tradizioni dell'Italia centro-meridionale e del Lazio in particolare.


  • Alexian e il suo gruppo di musica rom. Alexian, alias Santino Spinelli, è il primo esponente della comunità rom residente in Italia ad essersi laureato e ad aver ottenuto una cattedra universitaria.


  • Sara Modigliani (leggi>>), un'esponente di spicco della canzone romana.


  • Alla Bua (leggi>>). Un gruppo esponente della pizzica, danza salentina che ha conosciuto negli ultimi anni una riscoperta a livello internazionale.


  • Giovanna Marini (leggi>>), cantante e studiosa delle tradizioni italiane, in particolare dei canti di lavoro.

lunedì 29 ottobre 2007

Giulietta e Romeo, un'opera popolare

(foto da internet)



Riccardo Cocciante, negli anni Settanta, è stato sinonimo di canzoni che spezzavano il cuore. In realtà lui era solo l’autore delle musiche, ma quando cantava Quando finisce un amore e Bella senz'anima lo faceva con una tale veemenza e convinzione che il pubblico faceva fatica a distinguere il musicista dal paroliere. Al pubblico venne la pelle d'oca nel 1978, quando Mina inserì Margherita nel programma del suo concerto d'addio, alla Bussola.
Cocciante, dopo esser fuggito a Miami per paura che le sue melodie facessero addormentare innanzitutto se stesso, (per ripetere le sue parole), oggi, è di nuovo alla ribalta e fa parlare di sé, ma questa volta come co-autore di musical.
Il 1° giugno 2007, all’Arena di Verona, è andata in scena l’anteprima mondiale della sua nuova opera popolare: Giulietta e Romeo.


(foto da internet)


Tutto ebbe inizio qualche anno fa, in Francia (Riccardo Cocciante è italo-francese, nato in Vietnam), quando insieme al paroliere Luc Pladomon si decise a mettere in scena il Notre Dame de Paris, di Victor Hugo (la Esmeralda del tour italiano è Lola Ponce). È stato uno spettacolo senza uguali: l’opera è stata tradotta in quattro lingue e ha fatto il giro del mondo, conquistando ogni sorta di pubblico: ha persino incantato l'estremo oriente. La versione italiana è adattata da Pasquale Panella , ed è nei teatri da oltre 5 anni.
Il grande pubblico, dopo essersi emozionato con le pagine del capolavoro letterario, ha imparato che le varie arti possono sposarsi tra di loro in modo felice.

(foto da internet)

Così, dopo una lunga attesa, Riccardo Cocciante ha deciso di donare alla lingua di Dante un’opera tutta sua. La sua genialità creativa ha preso spunto dalla più celebre, appassionata, tragica ed insieme romantica, storia d'amore di tutti i tempi: Romeo e Giulietta, in questa occasione Giulietta e Romeo. Il loro amore, nato dalle novelle italiane di Luigi Da Porto, Masuccio Salernitano e Matteo Bandello, e portato nei cuori di tutti i lettori dal dramma di William Shakespeare, adesso fa vivere nuove intense emozioni.
Dopo tre anni di intenso lavoro, tra cast, scenografie, coreografie, dall’anteprima e per tutta la stagione, l’opera ha riscosso un tale successo da dover ampliare il calendario fino alla primavera del 2008.
La storia dell'appassionato amore tra Romeo e Giulietta, sfortunato e tragico, perché nato nell'ambito di una spietata quanto stolta guerra tra le due principali famiglie veronesi del tempo, i Montecchi e i Capuleti, è universalmente nota, ma la sua trasformazione in musical è stato un inedito assoluto che non ha mancato di attirare l'attenzione e l'entusiasmo del pubblico.

domenica 28 ottobre 2007

Il bon ton a tavola

Le buone maniere nella tavola medioevale di buono avevano davvero poco. Tutti i commensali mangiavano nella stessa pentola. Pollami e selvaggina venivano serviti interi e ciascuno strappava con le mani il pezzo che desiderava mangiare. L’unica posata a disposizione era il cucchiaio, anche se ciascun invitato poteva portare da casa un coltello. In alcuni casi si utilizzavano dei piatti fatti di un pane speciale chiamati Mense (da qui la parola mensa). C’era un boccale da condividere con il vicino di tavola e i tovaglioli erano privilegio solo dei più ricchi.

Ma nel XVI secolo il ferrarese Cristoforo da Messisbugo, decise di porre fine a questo comportamento barbarico. Questi cominciò la sua carriera come scalco e maestro di cerimonia degli Estensi, signori di Ferrara. Il suo libro Banchetti compositioni di vivande, et apparecchio generale”, scritto nel 1539 e pubblicato postumo nel 1549, considerato ancora oggi un testo di riferimento nella ricostruzione della storia gastronomica del Cinquecento, è una raccolta di preziosi consigli per allestire un pranzo principesco.

Fortunatamente, oggi le cose sono migliorate un po' e mangiamo con un cucchiaio, una forchetta ed un coltello ciascuno, ognuno ha a disposizione un bicchiere, talvolta anche più d'uno, i tovaglioli non sono più riservati ai ricchi e le vivande arrivano a tavola in porzioni. Nonostante tutto questo, il galateo a tavola non è mai troppo.

Se anche voi la pensate così e vi piacerebbe non sfigurare a tavola, seguite i preziosissimi consigli di Carlo Pastore, conduttore del programma Your noise.



venerdì 26 ottobre 2007

La merendina kinder diventa global

(foto da internet)
La pubblicità va dove ti porta il mercato, cerca nuovi consumatori, li studia, li coccola. E le novità si impongono in fretta. In Italia, mentre la politica discute e divide, la pubblicità, a modo suo, lavora per l’integrazione. Business is business, questa è la molla. La pubblicità, con i suoi manifesti, le sue campagne, i suoi spot, ha scoperto la dimensione interetnica del mercato italiano e si adegua. Da extracomunitario indesiderato a «nuovo target» pubblicitario, in rapida crescita nel numero e nel reddito. Sono i tre milioni e passa di residenti stranieri (sui 54 milioni della popolazione italiana) che crescono a ritmi più elevati, formano nuove famiglie, fanno più figli, hanno bisogno di case, mobili, elettrodomestici.
E non si tratta più solo di portare a conoscenza -è il caso di Vodafone, di circa un anno fa- tariffe telefoniche convenienti per una clientela straniera che non bada a spese con il telefonino, per parlare con i parenti lontani; oppure Western Union delle poste, che garantisce un sistema veloce e sicuro per mandare i soldi nei loro paesi di origine.
No, questa volta a muoversi, con grandi affissioni nelle metroplitane di Torino, Milano e Roma e sui tram delle dieci città italiane a più alto afflusso migratorio, è la Ferrero, mamma di Nutella e Kinder Brioss. La multinazionale è stata già pioniera nel rafforzamento del brand su internet, (soprattutto per Magic Kinder, un sito che offre un vero e proprio intrattenimento).

(foto da internet)
Anche adesso l’azienda dolciaria ha scelto una strada innovativa, con un messaggio dedicato al target più giovane tra i consumatori di nuova immigrazione: bambini di diverse nazionalità uniti dalla merendina più italiana che ci sia -lo snack al latte e pan di spagna. Un unico slogan coniugato in sette lingue, con un obbiettivo preciso e dichiarato: fare della comunità degli stranieri in Italia un’importante opportunità di acquisizione di nuovi consumatori.

(foto da internet)

Il messaggio pubblicitario si trasforma. Ma, dietro le ragioni economiche, si affacciano modelli inediti di comunicazione, linguaggi diversi che devono per forza tener conto di mondi in alcuni casi distanti. Anche se il fine ultimo è vendere, non si può ferire la suscettibilità altrui, ovvero di coloro che hanno una cultura differente così come diversi sono i costumi o le convinzioni morali e religiose. Nonostante il gap tra l’Italia e gli altri paesi, in questione di pubblicità di oggetti multietnici e slogan plurilingue, sia ancora elevato, è sicuramente un primo passo verso una convivenza ugualitaria.
Ma, attenzione al politically correct, si rischia di esagerare...
P.S.: Consigliamo ai chiodini più piccini di visitare il sito della nutella e di magic kinder. Non vi annoierete!

giovedì 25 ottobre 2007

Bologna la dotta, la grassa, la rossa




















(Foto da Internet)

Alcune città italiane hanno un soprannome che ne ricorda l'origine storica o che le descrive: Roma città Eterna; Venezia, la Serenissima; Genova, la Superba; Firenze, la Bella; Padova, la Dotta. Bologna di soprannomi ne ha tre: la dotta, la grassa e la rossa. Il primo è dovuto alla presenza di un’università che risale al 1088, la più antica del mondo occidentale; il secondo caratterizza al meglio la passione dei bolognesi per la cucina sostanziosa ed opulenta; mentre la ragione del terzo soprannome è il colore rossastro delle case della città.

Ma, come afferma Massimo Montanari, docente di storia medioevale al Dipartimento di Paleografia e Medievistica dell’Università di Bologna:

La fama gastronomica di Bologna è strettamente legata all’Università. Lo Studium costituisce fin dai secoli centrali del Medioevo il vero segno dell’identità cittadina, e attorno a questa identità si definisce anche quella gastronomica: Bologna è “dotta” e “grassa” insieme. “Dotta” perché “grassa”: solo l’abbondanza alimentare consente di accogliere e nutrire una popolazione studentesca molto grande per l’epoca, che si è mantenuta grande nel tempo rispetto alle dimensioni della città. “Grassa” perché “dotta”: il concentrarsi di studenti a Bologna garantisce uno straordinario arricchimento culturale anche nel campo della gastronomia; ciascuno porta la sua esperienza, fa di Bologna un luogo di incontro, un “ponte” fra varie tradizioni europee; tornando a casa, ciascuno di quegli studenti (e di quei professori) porta con sé ricordi positivi dei giorni passati in quella città, e si istituisce pertanto un meccanismo di doppia circolazione: lo Studio importa cultura gastronomica ed esporta un’immagine forte di sé. Non è quindi un paradosso che non dentro, ma fuori si cominci a costruire il mito di Bologna grassa: un mito che nasce, secondo ogni apparenza, a Parigi attorno al XII secolo; e di qui rimbalza a Bologna, che lo fa suo e lo conserva nel tempo.

Per ogni bolognese DOC mangiare bene è una priorità assoluta. Vicino alla famosa basilica di San Petronio c’è un quartiere in cui i bongustai non saprebbero certo quale vetrina guardare. Il tradizionale negozio di specialità Tamburini è l’esempio perfetto dell’edonismo bolognese, stracolmo di insaccati, salumi e formaggi d’ogni tipo, ma rigorosamente artigianali, per soddisfare i palati più esigenti. Non deve sorprendere, allora, che l'economia regionale si basi sull'industria alimentare. Non a caso, prodotti tipici di questa regione sono il prosciutto di Parma, il parmigiano reggiano, l'aceto balsamico e la mortadella di Bologna. Tre di questi prodotti, il prosciutto, il parmigiano e la mortadella, sono gli ingredienti fondamentali dei tortellini, ricetta bolognese famosa in tutto il mondo.



mercoledì 24 ottobre 2007

Alla ricerca del piatto perduto



(foto di Cinzia Cipri)

Cari chiodini vicini e lontani, tra le novità che vorremmo proporvi per l'anno scolastico 2007/08 ce n'è una che ci sta particolarmente a cuore: il lancio, dalle pagine del nostro blog, di una nuova rubrica che si intitolerà Alla ricerca del piatto perduto.
Che cosa ci proponiamo di fare? Con una frequenza mensile, vorremmo farvi conoscere dei piatti poco noti della gastronomia italiana. Vi parleremo del cibo che, ad esempio, si può consumare ancora in strada, con un semplice panino o in un cartoccio di carta oliata.
Ci auguriamo che l'iniziativa sia di vostro interesse!

Inauguriamo la nuova rubrica con un piatto tipicamente fiorentino: il lampredotto.

Il lampredotto è un piatto antichissimo. Sappiamo dalle cronache che le trippe erano già presenti nel Quattrocento. Nelle botteghe fumose, a pochi passi dall’Arno, si bollivano e si vendevano le interiora per pochi centesimi. A quei tempi trippa e lampredotto rappresentavano una concreta risposta ai bisogni della popolazione. Le trippe erano proteine a buon mercato, buone per il brodo e per un pasto appagante.
Il lampredotto, per gli amanti del dettaglio, è l’abomaso dei bovini macellati: la parte più bassa dello stomaco della mucca. E allora oltre alla classica trippa alla fiorentina con pomodoro e parmigiano, a Firenze potrete trovare il popolarissimo lampredotto bollito, venduto nei cosiddetti banchini (belle le lavagnette accanto ai banchini con su scritto: panini da asporto!). Il piatto ha subito delle sperimentazioni gastronomiche notevoli: c'è il lampredotto in inzimino (accompagnato da bietole), quello all’uccelletto (con salsiccia, fagioli e pomodoro), quello rifatto con le patate o con le cipolle.
Ma il must resta sempre il panino: croccante, farcito di morbida e semplice carne bollita, dal sapore ineguagliabile, guarnito con salsa verde o salsa piccante. I cultori di questo cibo lo preferiscono nella sua forma classica che ne esalta sapore e delicatezza: condito con sale, una generosa spolverata di pepe nero e con le facce interne del panino appena bagnate di brodo bollente.


(foto da internet)

Com'è noto il Duomo, il Campanile di Giotto, il Battistero, Piazza della Signoria e gli Uffizi formano un grande museo all'aperto nel centro di Firenze. In poche centinaia di metri sono visibili i più grandi capolavori del Rinascimento. Nelle anguste strade della città dell'Arno, tra monumenti unici al mondo, si spande, però, il sottile e più prosaico aroma del lampredotto: il profumo ci porta in Piazza dei Cimatori (vedi mappa>>) dove bisogna fare la fila per essere serviti. A pochi passi da Palazzo Vecchio, in Piazza del Mercato Nuovo (vedi mappa>>), accanto alla statua bronzea del Porcellino, c’è un angolo della vecchia Firenze: il banchino del famosissimo Orazio Nencioni con i suoi panini farciti di lampredotto DOC. E che dire del buon Fulvio Laporta? Potrete assaggiare i suoi magnifici panini in Piazza delle Cure (vedi mappa>>), accanto al Mercato della frutta.

(Statua del Porcellino. Foto da internet)

E allora, se andate a Firenze, è d'obbligo girare per le vie del centro con un panino di lampredotto in una mano e la mappa della città nell'altra!
Qualcuno ha scritto: "Il lampredotto non è cibo per turisti: è cibo di strada. Il cibo di strada è segno edibile di una cultura intera, della sua storica gastronomia, è emblema della cucina popolare, e ha senso solo se racconta della strada in cui viene consumato, se porta con sé echi di ciò che fu, e delle bocche che lo mangiarono in passato. Un lampredotto a Firenze ti ricorda il sommo poeta che di certo lo mangiò, un hot-dog in Texas forse solo Bush padre. Una bella differenza". Eccome!!!

Buon appetito!

martedì 23 ottobre 2007

Sua maestà il caffè


(foto da internet)

Sapete qual è il caffè che più lo mandi giù e più ti tira su? Ma certo, è il caffè Lavazza, quello crema e gusto, l’espresso che dà al gesto quotidiano del caffè quel valore aggiunto che lo rende un atto unico e speciale.
E, nell’epoca di calendari dell’anno che verrà, non poteva mancare l’appuntamento con il calendario Lavazza, giunto alla sedicesima edizione. Scenografia scelta per la presentazione in anteprima mondiale: Parigi, la suggestiva Reggia di Versailles. Un vero e proprio incontro con l’immagine d’autore, con la pubblicazione di immagini firmate dai più grandi fotografi del panorama mondiale (dal primo di Helmut Newton fino alla “The most incredible espresso experience” 2007 firmato dal fotografo spagnolo Eugenio Recuenco). Il tema del 2008, The Most Majestic Espresso Experience: un mondo incantato e pieno di sfarzo nel quale le protagoniste sono donne aristocratiche, determinate, che si sentono regine nella vita.


(foto da internet)

Francesca Lavazza - direttore Corporate Image del gruppo Lavazza – così lo definisce : «È un calendario raffinato e sontuoso, sensuale, ironico e innovativo. Ad accomunare il nostro espresso e la fotografia ci sono le stesse modalità di fruizione: l’immediatezza, la forza, la spinta energizzante. Sono i due principali testimoni di eventi che scandiscono la giornata o del tempo che passa». Sono immagini caratterizzate dalla costante allusione al mondo dell’Art Noveau, con richiami alle corti di Francia, alle corti imperiali cinesi e perfino al medioevo cavalleresco. Le regine del calendario invitano alla loro corte per vivere un’esperienza maestosa, ma il re non può non esssere che lui, mounsieur caffè, rigorosamente Lavazza, che regna sovrano in ogni immagine. Lo ha realizzato il fotografo scozzese Finlay Mackay, uno degli artisti più innovativi che attualmente lavorano nel campo della fotografia, con la direzione artistica dell’agenzia Armando Testa, strettamente legata al mondo Lavazza, dove la celebrazione della tradizione del caffè è da sempre connessa alla strategia di comunicazione: dalla nascita del primo logo, nel 1946, o dalla prima azione di marketing, nel 1949 .




(foto da internet)

Ma il vero boom comunicativo si raggiunge con i Caroselli di Carmencita e Caballero Misterioso, pietra miliare della storia della pubblicità italiana, ideata nel 1958, sempre dall’agenzia Testa. Carmencita, un personaggio così radicato nell’immaginario italiano da venir nuovamente “arruolato”, nel 2005, sempre da Lavazza per raggiungere i consumatori più giovani, grazie alla forza delle sue storie sentimentali e avventurose.




(foto da internet)

Beh, a questo punto c’è venuta l’acquolina in bocca: andiamoci a prendere “na' tazzulella ‘e cafe’”. Ma..., attenzione, il caffè è un piacere, se non è buono che piacere è?

lunedì 22 ottobre 2007

Bloggare o non bloggare, questo è il problema!

(Foto da La Repubblica.it)

Chiunque può creare un blog. Forse qualcuno non ne ha ancora sentito parlare, sicuramente non voi, perché lo state visitando in questo momento. Per chi vuole sapere cos’è un blog, potremmo definirlo come uno spazio virtuale dove esprimere liberamente la propria opinione e lasciare una traccia di sé. Non a caso, il termine blog sarebbe una contrazione di web-log, ovvero “traccia su rete”. Qualunque persona in possesso di una connessione internet può creare un sito in cui esprimere le proprie idee, pubblicare storie, articoli, informazioni e interagire con i lettori che possono parteciparvi con i loro commenti.


(Foto da Internet)

O almeno, questa era la situazione finora. Eh già, perché le cose potrebbero cambiare. Perché? Se volete saperlo, leggete quanto scrive Beppe Grillo nell’articolo: La legge Levi-Prodi e la fine della Rete:

Ricardo Franco Levi, braccio destro di Prodi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha scritto un testo per tappare la bocca a Internet. Il disegno di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre. Nessun ministro si è dissociato. Sul bavaglio all’informazione sotto sotto questi sono tutti d’accordo.

La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro. I blog nascono ogni secondo, chiunque può aprirne uno senza problemi e scrivere i suoi pensieri, pubblicare foto e video.

L’iter proposto da Levi limita, di fatto, l’accesso alla Rete. Quale ragazzo si sottoporrebbe a questo iter per creare un blog? La legge Levi-Prodi obbliga chiunque abbia un sito o un blog a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all’albo come direttore responsabile. Il 99% chiuderebbe. Il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura.[...]

[...] Il mio blog non chiuderà, se sarò costretto mi trasferirò armi, bagagli e server in uno Stato democratico.

E voi, pensate che una legge del genere sia necessaria?


domenica 21 ottobre 2007

Salvatore Niffoi


(foto da internet)

La Sardegna evocata in maniera scioccante e turbativa, come se si trattasse di una terra maledetta. Una prosa potente e dolorosa, dai colori e dai contrasti forti; una maniera di scrivere dirompente e dissacrante. Così potremmo presentare, ai nostri lettori, lo scrittore-insegnante-vasaio Salvatore Niffoi, premio Campiello 2006 con La vedova scalza.
Niffoi, però, non è certo un esordiente: dal 1997 ha pubblicato molti romanzi per la casa editrice Il Maestrale, creando attorno a sé una cerchia di lettori assidui. Poi il salto all’Adelphi, che gli ha permesso di raggiungere una certa notorietà e di allargare sensibilmente il target di lettori che, inizialmente, ruotava attorno alla provincia di Nuoro.
Scrittore originalissimo, può, davvero, e con giustizia, essere definito il caso letterario di questi ultimi anni.


(foto da internet)


Niffoi costruisce magistralmente nei suoi libri dei paesi immaginari: Abacrasta, Piracherfa -una sorta di Yoknapatawpha di Barbagia-, che fanno da sfondo a storie con forti tinte di realismo magico e di fabulazione orale.
Tra i libri di Niffoi, pubblicati presso Il Maestrale, ricordiamo:
Cristolu (2001)

Presso Adelphi ha pubblicato:
La leggenda di Redenta Tiria (2005). Ascolta l'intervista a Salvatore Niffoi>>
La vedova scalza (2006)
Ritorno a Baraule (2007)

(fota da internet)
Mentre scriviamo questo post dedicato a Salvatore Niffoi, abbiamo letto, con sgomento, che in Sardegna i rappresentanti degli agricoltori e dei pastori stanno facendo lo sciopero della fame nella sala del consiglio comunale di Decimoputzu. Protestano per la vendita all’asta di 5.000 aziende agricole per la legge regionale 44/88. Le banche chiedono loro 700 milioni di euro che gli agricoltori ed i pastori hanno ottenuto per mandare avanti le loro piccole aziende. I loro terreni sono espropriati per un debito che non riescono più a pagare. Tra le 5.000 e le 7.000 aziende sono a rischio. Gli agricoltori e i pastori -personaggi ora reali ma che sembrano usciti dalla penna fantastica di Niffoi- contestano gli interessi mostruosi applicati dal Banco di Sardegna su mutui che credevano agevolati. Chiedono un intervento della Regione per un aiuto, ma nessuno risponde. Secondo gli agricoltori, la legge che li ha costretti a indebitarsi è considerata illegale dalla Comunità Europea.
Chi ha interesse ad appropriarsi delle terre degli agricoltori e degli allevatori sardi? Se la richiesta delle banche dovesse farla franca si correrà il rischio di svendere un intero patrimonio di lavoro, di saperi, di economia: insomma, l'unica garanzia di futuro per molti cittadini sardi (vedi>>).

Dedichiamo questo post alla nostra collega Giovanna T. -con affetto-, e ai pastori e agli agricoltori sardi.

sabato 20 ottobre 2007

Il gossip

(foto da internet)

Non è vero, ma ci credo: il gossip è un virus, che ha il potere di manipolare le opinioni e riesce persino ad essere più forte della verità. Il pettegolezzo: sinonimo di voce, indiscrezione, leggenda metropolitana, chiacchiera. Leggiamo nei dizionari: è un discorso “malizioso”, “indiscreto”, “ambiguo”, “ingannevole”, “inutile”, “assurdo”. Già nel 1750 il commediografo Carlo Goldoni in La Bottega del caffè evidenzia l’inutilità del pettegolo che complica la vita a tutti, persino a se stesso.
Chi è che non disprezza il pettegolezzo? Soprattutto se si considera che la sua fonte di successo consiste nel non avere origine. Che schifo! È roba da perditempo! Ma come mai una notizia insulsa, di bocca in bocca si ingigantisce e diventa una notizia da prima pagina (e non solo delle riviste di intrattenimento sociale)? Le voci corrono all’infinito, con smentite, precisazioni, approfondimenti, buone e cattive interpretazioni, fino a far perdere la storia d'interesse, che, poi,
si sgonfia da sola per essere sostituita con nuove e ancora più succose dicerie: non importa se siano vere, perché alla fine realtà ci diventano sul serio.


(foto da internet)
Il detto: “Si dice il peccato, ma non il peccatore” risulta quasi sempre falso: infatti per avere successo è fondamentale che il malcapitato oggetto del gossip sia una persona vicina alla comunità dei pettegoli, o, manco a dirlo, che sia uno di loro. Così, l’identità, seppur apparentemente segreta, sarà sempre facilmente ricostruibile. La gossip society è una specie di second life e lo dimostrano le ultime iniziative on line: una «GaraGossip» con tanto di voto sull'attendibilità della notizia, il suo buon gusto e il suo valore sul mercato, nonché una maratona di pettegolezzi, o comunicazioni informali, inventate.


(foto da internet)

Dalla portinaia ai media o ai reality show: tutti si spiano, e il pettegolezzo diventa occasione per socializzare, ovvero comunicazione informale. Non c’è niente da fare, se non leggere il libro Rumor e pettegolezzi. L’importanza della comunicazione informale, a cura di Marino Livolsi e Ugo Volli (Franco Angeli Edizioni, 2005).
Benvenuti nella società dell’Infotainment! Il pettegolezzo come passatempo nazionale e non. L’aveva già capito Fabrizio De Andrè: non a caso il cantautore cantava "La maldicenza insiste, batte la lingua sul tamburo" (Un giudice, 1971).
Meglio non pensarci!


venerdì 19 ottobre 2007

Accoppiate vincenti?

Ebony And Ivory, il brano che nel 1982 portò Paul Mc Cartney e Stevie Wonder in vetta alle classifiche, è stato votato dagli ascoltatori della radio inglese BBC 6 Music come "peggior duetto della storia della musica". Al secondo posto figurano Artur Mullard e Hilda Baker con You're The One That I Want, dalla colonna sonora di Grease, mentre al terzo si trovano Mick Jagger e David Bowie con Dancing In The Streets.

Nella classifica dei migliori il primo posto è per The foggy dew di Sinead O'Connor e dei Chieftains, il secondo per Fairytale Of New York di Kirsty Mac Colle e dei Pogues e il terzo per Under pressure dei Queen e di David Bowie.


Perché non facciamo altrettanto con i cantanti italiani?

Ascoltate questi 20 duetti (ce ne sono tanti di Ramazzotti perché lui li ama e le alunne della nostra scuola amano lui):









  • Eros Ramazzotti e Tazenda (guarda >>) (leggi >>)
  • Eros Ramazzotti e Tina Turner (guarda >>) (leggi >>)
  • Eros Ramazzotti e Ricky Martin (guarda >>) (leggi >>)
  • Eros Ramazzotti e Luciano Pavarotti (guarda >>) (leggi >>)
  • Eros Ramazzotti e Laura Pausini (guarda >>) (leggi >>)
  • Luciano Pavarotti e Ricky Martin (guarda >>) (leggi >>)
  • Carmen Consoli e Mario Venuti (guarda >>) (leggi >>)
  • Elisa e Ligabue (guarda >>) (leggi >>)
  • Ligabue e Francesco Guccini (guarda >>) (leggi >>)
  • Francesco Guccini e Franco Simone (guarda >>) (leggi >>)
  • Francesco de Gregori e Lucio Dalla (guarda >>) (leggi >>)
  • Laura Pausini e Tiziano Ferro (guarda >>) (leggi >>)
  • Laura Pausini e Biagio Antonacci (guarda >>) (leggi >>)
  • Tiziano Ferro e Michele Zarrillo (guarda >>) (leggi >>)
  • Zero Assoluto e Nelly Furtado (guarda >>) (leggi >>)
  • Umberto Tozzi e Raf (guarda >>) (leggi >>)
  • Alex Britti e Sergio Cammariere (guarda >>) (leggi >>)
  • Alex Britti e Pino Daniele (guarda >>) (leggi >>)
  • Pino Daniele e Giorgia (guarda >>) (leggi >>)
  • Marco Masini e Umberto Tozzi (guarda >>) (leggi >>)

E adesso tocca a voi votare i tre migliori e i tre peggiori!

(Foto da Internet)

giovedì 18 ottobre 2007

La settimana della cultura italiana

Si terrà a Valencia, dal 22 al 28 ottobre, la Settimana della cultura italiana, organizzata dal Dipartimento d'italiano della Facoltà di Lettere dell'Universitat de València, che, quest'anno, avrà per titolo La lingua Italiana e il mare.
Ecco il programma:


(foto da internet)

CINEMA

22 OTTOBRE:
APERTURA DELLA SETTIMANA DELLA LINGUA ITALIANA
ore 18,In alto mare”. Presentazione del ciclo di film in programmazione
Il mare da attraversare, il mare come esilio, il mare come evasione: tre aspetti del mare nel cinema italiano contemporaneo.
ore 18.30, FILM: Nuovomondo (leggi>>/vedi>>)
24 OTTOBRE:
ore 18 FILM: Lamerica (leggi>>)
30 OTTOBRE:
ore 18, FILM:
Mediterraneo (leggi>>/vedi>>)
6 NOVEMBRE:
ore 18, FILM: Sapore di mare (leggi>>/vedi>>)
13 NOVEMBRE:
ore 18, FILM: Ferie d’agosto (leggi>>/vedi>>)



LETTERATURA



(foto da internet)


25 OTTOBRE:
ore 18, “Cinque libri di mare". Illustrazione dei libri di lettura per gli studenti, scelti dal Dipartimento di Italiano a cura della professoressa Viviana Trevi:


-Novecento, di Alessandro Baricco

-L’isola di Arturo, di Elsa Morante

-Il bar sotto il mare, di Stefano Benni

-Un filo di fumo , di Andrea Camilleri

-Donna di Porto Pim, di Antonio Tabucchi


MUSICA

(foto da internet)

26 OTTOBRE:

Ore 18Com’è profondo il mare”. Il mare nella musica leggera italiana. A cura del prof. Angelo De Castro (Centro Leopardi).

Nota: tutte le attività si terrano presso la Facoltà di Filologia di València (Av. Blasco Ibáñez), aula S02.
Da non perdere!















mercoledì 17 ottobre 2007

Mancia sì, mancia no!



Vi sarà capitato anche a voi che, in un ristorante, all’estero -o nel vostro paese-, al momento di pagare il conto pensate a voce alta o in silenzio (dipende dalle circostanze): «E adesso devo lasciare la mancia, o no?» «Come mi devo comportare per non fare gaffe? » «Quanto devo lasciare di mancia al cameriere?». La risposta, più o meno, suonerà così: paese che vai usanza che trovi e sbirciamo con la coda dell'occhio per vedere che succede attorno a noi. Ma vai tu a sapere come stanno veramente le cose!
Un rovello sociale, un rebus del saper vivere, e anche una trappola. La realtà è: paese che vai mancia che trovi! Ebbene sì, siamo davanti ad un’abitudine che di globalizzato ha ben poco.
Ma che cos’è la mancia? Secondo il galateo (insieme di norme comportamentali con cui si identifica la buona educazione che aiuta a risolvere le situazioni spinose in cui possiamo incorrere) la mancia si dovrebbe adeguare all'ambiente...
E in Italia, si dà la mancia? Si elargisce una mancia più o meno cospicua perché si è stati trattati bene oppure solo perché si è obbligati, perché non se ne può fare a meno, per evitare una brutta figura?

«In Italia non c'è la cultura della mancia - sostiene Enzo Vizzari, direttore della Guida dell'Espresso- gli italiani non vivono la mancia come un obbligo, come una necessità. Ho visto dare mance ridicole, quasi umilianti. La tendenza è quella di lasciare monetine, ma proprio minutaglia: sbarazzarsi degli spiccioli. Allora è meglio non dare niente. Personalmente credo che la mancia debba essere un piccolo premio, un segnale di gratitudine in funzione del grado di soddisfazione. Va data quando è meritata. E comunque sempre in banconote».
Gli italiani, ormai, non si comportano più in maniera splendida. Forse per paura di sbagliare, forse per l’euro (ci si svuota le tasche solo di centesimi, le altre monete sono soldi!!!), ma il piatto piange. Da un sondaggio risulta che la mancia è un gesto abituale e irrinunciabile soltanto per un italiano su tre, ed è un'usanza più diffusa al Centro e al Sud che non al Nord, più parsimonioso e oculato. Sono più generose (in alcuni casi anche perché più solvibili) le persone di mezz'età rispetto ai giovani.


(foto da internet)

Al cameriere, al parcheggiatore, alla shampista, alla guardarobiera, al tassista, al fattorino, al benzinaio, al portiere d'albergo: da segno di apprezzamento a piccola tangente. Attenzione, però, lasciare mance esagerate è da nuovi ricchi, da cafoni.
Che ne dite del modo di agire di alcuni vip?
Figuratevi che negli U.S.A. c'è... una cameriera amareggiata, bitterwaitress.com, ovvero una spia sulla tirchieria dei ricchi, belli e famosi. In Italia, almeno in questo, i camerieri sono più discreti!

E voi, che ne dite?

martedì 16 ottobre 2007

Un topo in cucina

(Foto da Disneypictures)

Dopo Topolino (guarda >>), i topini di Cenerentola (guarda >>), Topo Gigio (guarda >>), Fievel, Roddy di Giù per il tubo (guarda >>), un altro topo arriva sugli schermi italiani: si chiama Remy ed è il protagonista di Ratatouille (guarda >>).

(Foto da Disneypictures)

Ma non si tratta di un ratto qualsiasi, ci troviamo davanti a un vero gourmet che sogna di diventare chef del ristorante più famoso di Parigi! Il sogno si trasforma in realtà quando Linguini, lo sguattero del ristorante Gusteau’s, scopre per caso la genialità di Remy. Il talento della coppia Remy-Linguini sarà ostacolato dal terribile capocuoco di Gusteau’s Skinner (questo nome rimanda a Burrhus Frederic Skinner, famoso per i suoi esperimenti sui topi).


(Foto da Disneypictures)

Il film è già campione d’incassi negli Stati Uniti ed è in arrivo nei cinema italiani il 19 ottobre. Se andate a vedere il film scoprirete che il titolo è anche il nome di una squisita e popolarissima ricetta francese che potreste tentare di cucinare con i vostri genitori e forse potrebbe essere il primo passo per diventare dei grandi chef anche voi.

La Disney Pixar ha pensato ad un regalo per voi: Ratatouille Activity Book da scaricare gratuitamente e che contiene tanti puzzle e giochi per bambini.

Buon divertimento!

lunedì 15 ottobre 2007

(You)tubiamo?







Cari lettori, approfittiamo il successo di un video che spopola su You tube per suddividere il post di oggi in due parti:

a) una parte che potremmo definire scientifica(?), da dedicare agli studenti del Ciclo Superiore d'italiano, i quali, nell'unità 7 del libro di testo Viaggio nell'italiano, devono affrontare lo studio della situazione attuale della nostra lingua. Nella suddetta unità si studiano, a grandi linee, alcuni aspetti sociolinguistici delle lingue e dei dialetti parlati in Italia. Il video che vi proponiamo potrebbe esser utile, ad esempio, per notare le differenze prosodiche delle diverse parlate o per lo studio dell'uso del cosiddetto italiano regionale.



(Giuseppe De Nittis, Corteggiamento. Foto da Internet)

b) Una parte ludica, dedicata a coloro i quali, e in special modo i chiodini maschietti, hanno cercato di sedurre delle chiodine con metodi di rimorchio simili a quelli utilizzati dal simpatico piccione siciliano.

Si domanda:

1. Qualcuno ha cercato di sedurre qualche chiodina facendo un po' il gradasso?

2. Qualcuno ha cercato di truccare la propria provenienza per lo stesso scopo?

3. Qualcuno ha ricevuto come risposta, dalla chiodina in questione, "da quanto tempo non ti fai la doccia"?

4. Qualcuno ha indugiato troppo nel trovare una penna, o qualcosa di simile, con cui scrivere il numero di telefono della chiodina?

5. Qualcuno ha avuto come risposta dalla medesima: "(bip) sarà tua sorella!!"?

6. Qualcuno è stato minacciato da altri concorrenti (piccioni e non) che avevano già adocchiato la chiodina?

Se avete risposto in maniera affermativa ad almeno quattro domande, vi diamo un consiglio gratis: tornate subito in Groenlandia (del sud-est, ovviamente!!).

Buon divertimento!








domenica 14 ottobre 2007

Ma mi faccia il piacere!

(foto da internet)
Qualche giorno fa abbiamo letto sui quotidiani italiani una curiosa notizia, che, probabilmente a primo acchitto, deve aver provocato in più di uno un sorrisetto.
La notizia era: Pino Daniele, il brillante cantautore di Napoli, è stato rinviato a giudizio per una frase diffamante pronunciata contro il politico Umberto Bossi, leader della Lega. Il tutto ha avuto luogo nel 2001, a Sanremo, in una conferenza stampa, nei giorni del festival della canzone italiana.
La frase che potrebbe costare molto cara al cantante era: «Bossi che canta Maruzzella a Napoli? È un uomo di merda, mi fa schifo». Questo il commento di Pino riguardo a una performance del Sentatùr (il senatore in dialetto veneto), il quale, in un ristorante di Napoli, aveva intonato la celebre canzone partenopea. Per via di quegli insulti Daniele potrebbe essere costretto a sborsare 500 mila euro: questa la cifra che i legali di Bossi avrebbero chiesto come risarcimento danni.

(foto da internet)

Permetteteci due parole su Pino Daniele, simbolo della canzone napoletana, e non solo, definito dai fan una chitarra santanesca che napoletaneggia in arabo. Il cantautore è un grande conoscitore della città partenopea (vi proponiamo Napul’è, che è forse una delle canzoni che meglio sintetizza la città dalle mille facce, nella versione con Luciano Pavarotti); è stato anche l’amico di Massimo Troisi: da un incontro cine-musicale era nata una profonda amicizia, e una proficua collaborazione lavorativa (ascoltate la canzone Quando -colonna sonora del film Pensavo fosse amore invece era un calesse) ed infine è colui che meglio di chiunque altro ha spiegato cosa ha significato Diego Maradona nell’immaginario napoletano: «Maradona ha rappresentato per Napoli qualcosa di molto importante: è stato il riscatto, il vanto della città. Quello che ha fatto lui a Napoli lo hanno fatto solo i Borboni e Masaniello».

Per carità, non si offende nessuno, e molto meno se si tratta di un personaggio pubblico a un altro, e persino in pubblico. Ma al gip Eduardo Brasco di Sanremo, (colui che ha rinviato a giudizio Pino Daniele, con data del processo il prossimo 23 gennaio), vogliamo controbattere che ci sono problemi ben più seri. È vero che l’evasione fiscale è ormai un problema congenito del Paese, che si è aggrava sempre di più, ma a una multa del genere... rispondiamo con la mitica frase di un altro napoletano doc, Totò: Ma mi faccia il piacere!

sabato 13 ottobre 2007

Mai fidarsi delle seconde parti!




















(Foto da Internet)

Nunca segundas partes fueron buenas, dice un antico proverbio spagnolo. Eppure sono tanti coloro che ignorano questa perla di saggezza popolare e, non senza presunzione, si azzardano a fare dei remake che raramente riescono a superare l’originale.

Se qualcuno di voi ha già visto Ricette d’amore (guarda il trailer>>), commedia magistralmente interpretata da Martina Gedeck, protagonista de Le vite degli altri (guarda il trailer>>), e da Sergio Castellitto, dovrebbe pensarci due volte prima di andare a vedere Sapori e dissapori (guarda il trailer>>), attualmente in prima visione nelle sale valenzane.

Sapori e dissapori
è un'elegante copia hollywoodiana di Ricette d'amore protagonizzata da Catherine Zeta Jones e da Aaron Eckhart. Stessa musica (ascolta >>), stesse situazioni, ma interpreti che distano anni luce dalla Gedeck e da Castellitto. La sofisticatissima Catherine Zeta Jones può anche passare l'esame, ma il seppur bellissimo Aaron Eckart non può competere con l'espressività e con il dolcissimo sguardo di Castellitto che riesce a sciogliere il cuore dell'algida Martha di Ricette d'amore.

E poi, trovate credibile che un bravo chef, uno di prim'ordine, che assicura di aver imparato a cucinare nei migliori ristoranti di Milano, faccia il tiramisù con la panna anziché con il mascarpone e metta le uova nell'impasto della pizza? A quanto pare il personaggio interpretato da Eckart non ha imparato abbastanza, in Italia!




























(Foto da Internet)

Alcuni anni fa, anche Guy Ritchie, marito di Madonna nonché regista delle fortunate Lock and stock e Snatch, osò oltre il dovuto con lo sfortunato sequel Travolti dal destino, ispirato al film di Lina Wertmüller Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto. Ma la coppia protagonista del film di Ritchie, Madonna e Adriano Giannini, figlio di Giancarlo, non regge al confronto con gli stupendi Mariangela Melato e Giancarlo Giannini e l'opera ottiene diversi riconoscimenti ai Razzie Awards 2002: per il peggior film dell’anno, per la peggior attrice protagonista, per la peggior regia, per il peggior remake e per la peggior coppia.

Se non ci credete, guardate il trailer del remake (le parole non sono necessarie!) e quello del film originale e scriveteci quale vi piace di più.