giovedì 31 maggio 2007

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi


(foto da internet)

Cesare Pavese nacque a Santo Stefano Belbo (Cuneo), nel 1908, da una famiglia originaria di quei luoghi, le Langhe, tanto cari allo stesso scrittore. Studiò a Torino, dove si laureò con una tesi su Walt Whitman. Nella città piemontese cominciò a frequentare gli ambienti della casa editrice Einaudi, intorno alla quale si erano radunati molti antifascisti. In quel periodo cominciò anche l'attività di traduttore di scrittori inglesi e americani classici e contemporanei, tra i quali Daniel Defoe, Charles Dickens, Herman Melville, Sherwood Anderson, Gertrude Stein, John Steinbeck e Ernest Hemingway.
Nel 1935 venne condannato al confino a Brancaleone Calabro; qui iniziò a scrivere una specie di diario, che sarà pubblicato postumo, nel 1952, con il titolo Il mestiere di vivere. Tornò a Torino l'anno seguente e durante la guerra si nascose in casa della sorella Maria, sulle colline del Monferrato. Anche da questa esperienza nasce uno dei suoi libri migliori, La casa in collina (1948).
Nell'ambito della poesia esordì nel 1936 con Lavorare stanca. Dopo questa pubblicazione, seguirono altre produzioni in prosa, come il romanzo Paesi tuoi (1941) e i racconti lunghi quali Il carcere (1938-39), La casa in collina e La spiaggia (1941), seguiti dai racconti di Feria d'agosto (1946), il romanzo Il compagno (1947) e La bella estate (1949). Nel 1947 uscirono I Dialoghi con Leucò, ma la consacrazione definitiva avvenne con La luna e i falò nel 1950.

Nell'agosto del 1950, in un albergo di Torino, Pavese si tolse la vita oppresso da una grave forma di depressione che lo aveva accompagnato in quasi tutta la sua esistenza, cedendo a quello che aveva chiamato il vizio assurdo. Dopo la sua morte venne pubblicata un'altra raccolta poetica: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1951).

Il post di oggi ha come titolo questa raccolta poetica postuma. Queste dieci, ultime poesie -otto in italiano e due in inglese- di Pavese sono state trovate, alla morte dell’autore, in una cartella nella scrivania del suo ufficio nella casa editrice Einaudi. I testi dattiloscritti portavano titoli e date di pugno dell’autore, come scritto dall’autore era il frontespizio: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi / 11 marzo – 11 aprile 1950.

(foto da internet)

Le liriche, scritte a Torino e a Roma, come si è potuto stabilire grazie all’epistolario, sono dedicate a Constance Dowling, un’attrice americana della quale Pavese si era innamorato, come testimonia il suo diario (Francesco De Gregori dedicò a Pavese alcuni versi -E Cesare perduto nella pioggia sta aspettando... (leggi il testo>>)- della sua famosa canzone Alice).

In queste ultime testimonianze poetiche Pavese abbandona il verso lungo e la poesia-racconto che avevano caratterizzato Lavorare stanca e crea dei versi molto brevi, musicali, che denotano lo stato di tensione amorosa. Si può affermare che le liriche di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi nascano e si chiudano sulla scia della passione amorosa per la Dowling: forse non aggiungono nulla di nuovo al già affermato mondo poetico di Pavese, ma offrono certamente una serie d’immagini belle ed eleganti, musicali e raffinate. La donna amata viene accostata ad elementi della natura e diventa daina dalle membra bianche, viso di primavera, acqua chiara, terra che aspetta.
La passione amorosa non è mai staccata da immagini dolorose: Sei la vita e la morte, tu eri la vita e le cose.

Vi proponiamo la lettura poetica di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, nel video girato da Andrea Galli in memoria delle vittime di Darfur (leggi il testo>>).

Buon ascolto!

mercoledì 30 maggio 2007

Patrimonio culturale a rischio per le variazioni del clima

(Foto da Internet)
Già si sapeva del pericolo dei cambiamenti climatici. Tutti siamo coscienti che in un futuro non tanto lontano il riscaldamento globale sarà causa di inondazioni, siccità, eventi meteorologici estremi, perdita di ecosistemi, desertificazione, aumento incontrollato delle malattie, oltre che migrazione di centinaia di milioni di persone. E per richiamare l’attenzione dei Grandi del mondo sui cambiamenti climatici e stimolarli ad intervenire subito per arrestare quella che rappresenta la prima minaccia globale dei nostri tempi, in Turchia, sul Monte Ararat, a 2.500 metri sopra il livello del mare, volontari di Greenpeace stanno costruendo una nuova Arca di Noè. Una squadra di 20 carpentieri di nazionalità turca e tedesca sta completando la costruzione dell’imbarcazione, che verrà presentata ufficialmente al pubblico domani, 31 maggio, nel corso di una cerimonia durante la quale gli scalatori di Greenpeace saliranno sulla vetta alta 5.137 metri del Monte Ararat per spingere i leader di tutte le nazioni a fare della protezione del clima una realtà.



(Foto da Internet)
Ma c’è dell’altro: salverà un’arca di Noè anche il patrimonio monumentale europeo? Anche chiese, monumenti e palazzi storici sono a rischio a causa dei cambiamenti climatici. Se fino ad oggi era solo un sospetto, ora è diventata una drammatica certezza. Il quadro che ci prospettano è raccapricciante: la Sicilia senza la Valle dei Templi, Praga divisa in due per il crollo del ponte Carlo o lo storico centro di Londra come Venezia a causa delle alluvioni.
La Commissione europea ha finanziato il progetto Noah's Ark, coordinato dall'Istituto di scienze dell'atmosfera e del Clima (ISAC) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) di Bologna, con la collaborazione di numerosi enti di ricerca specializzati. Noah's Ark sarà oggi oggetto di una conferenza internazionale, a Roma, in cui si esporranno i dati e i parametri ambientali che possono influenzare lo scenario futuro del patrimonio monumentale europeo, così come si cercherà di stimare il danno che questo subirà nei prossimi 100 anni. Il risultato degli studi è un "Atlante di vulnerabilità" con le mappe delle variazioni climatiche che potranno causare danni a materiali lapidei, metalli, legno, nelle aree di probabile rischio evidenziate. Sono state realizzate mappe dell'area europea relative al presente (1961-1990), al vicino futuro (2010-2039) e al lontano futuro (2070-2099) e mappe delle differenze tra le medie per quantificare l'entità delle variazioni. Oltre all'Atlante di vulnerabilità il progetto Noah's Ark ha prodotto anche delle "linee guida", con lo scopo di informare chi gestisce il patrimonio culturale sugli effetti prodotti dai cambiamenti climatici e indirizzare le autorità competenti verso opportuni interventi di adattamento, quali sistemi di monitoraggio dei parametri climatici critici.
Sarà possibile avere un futuro un po' meno grigio?

martedì 29 maggio 2007

I pittori della felicità

(P.A. Renoir, Le due sorelle (sulla terrazza)-1881, Musée de l'Orangerie, Paris)

La Pinacoteca De Nittis si inaugura con una mostra dedicata a tre protagonisti della scena artistica parigina: Zandomeneghi, De Nittis e Renoir. I pittori della felicità.

L'esposizione, a cura di Tulliola Sparagni ed Emanuela Angiuli, si compone di circa ottanta opere tra dipinti, disegni, pastelli e grafiche dei tre artisti, che potranno essere ammirate fino al 15 luglio.


(G.De Nittis, Colazione in giardino, 1884, Museo Pinacoteca Comunale de Nittis, Barletta)

Giuseppe De Nittis nacque a Barletta nel 1846, da una famiglia di ricchi proprietari terrieri. A quindici anni si recò a Napoli, dove si iscrisse all'Accademia di Belle Arti. Ma De Nittis considerava che dipingere non fosse un mero esercizio di stile e la sua attitudine nei confronti della tradizione gli costò l'espulsione dall'Accademia per indisciplina. L'amore di De Nittis per la pittura “en plein air” fece sì che il pittore, a soli 17 anni, fondasse la "Scuola di Portici" assieme ad altri giovani pittori. Peppino, o l’italiano, come è chiamato in numerosi saggi, è stato indubbiamente uno degli artisti più innovatori ed originali dell’Ottocento. L'accademico francese Henry Houssaye lo considerava "il capo se non il maestro della nuova scuola dei disegnatori dal vero all’aria aperta. Lui ha spirito, colore, una vera conoscenza della prospettiva lineare e il dono della prospettiva aerea". A 21 anni, De Nittis si trasferisce a Parigi dove otterrà un successo che, secondo lui, non avrebbe nemmeno potuto sognare in Italia: "Se fossi rimasto in Italia, non sarei il poco che oggi sono. È a Parigi che devo la mia fama."

Tutt'altro che provinciale è uno dei pochi autori italiani ad essere considerato un impressionista internazionale. Ha saputo coniugare perfettamente il suo passato regionale ed italiano con le istanze artistiche acquisite nei suoi soggiorni esteri.


( FEDERICO ZANDOMENEGHI - A letto, 1878 - Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti)

Federico Zandomeneghi nacque a Venezia nel 1841. Figlio di uno scultore, studiò prima presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia e dopo completò i suoi studi artistici a Milano. Nel 1874, anno di nascita dell'Impressionismo presso il Caffè Nadar, Zandomeneghi partì per la capitale francese. Il soggiorno si prolungò tutta la vita ed egli entrò a far parte del gruppo degli impressionisti. Dipinse i soggetti tipici del movimento, ma la sua fama si legò profondamente alla maestria nel ritratto e alle scene di vita mondana. Dame dai cappellini e dai vestiti alla moda lo associarono all'arte dell'amico Pierre-Auguste Renoir.

Zandomeneghi e De Nittis arrivarono a Parigi da Firenze, dove avevano partecipato alle esperienze dei Macchiaioli. Ben presto diventano per tutti "Des italiens de Paris". Nel 1868, De Nittis ottenne un contratto e poco dopo partecipò alla prima mostra degli Impressionisti. Zandomeneghi, invece, non ebbe tanta fortuna; ma fu molto apprezzato da Renoir, il padre dell'Impressionismo, con cui condivideva alcune modalità espressive. In particolare, Zandomeneghi e Renoir hanno in comune i soggetti delle loro opere: le donne e la natura. Renoir, però, ha anche qualcosa in comune con De Nittis: il modo in cui tutti e due rappresentano la Parigi mondana, come possiamo osservare ne Il salotto della principessa di De Nittis e ne La passeggiata di Renoir.


lunedì 28 maggio 2007

La fame dello Zanni (ovvero il teatro in aula)

(foto da internet)


Ha scritto Antoni Navarro nel suo blog: "Il teatro è una scorciatoia pedagogica".
Siamo d'accordo. Ogni anno, nelle nostre classi, cerchiamo di fomentare l'uso del teatro come risorsa pedagogica mediante un semplice teatro di burattini, con personaggi nati da un rotolo di carta igienica, un po' di lana e dei pennarelli colorati.

Parlare un lingua, e sappiamo che può sembrare strano (!), significa anche, a nostro avviso, avere una forte conoscenza di sé, degli altri, degli oggetti e della realtà spazio-temporale in cui ci si trova. Noi crediamo che attraverso l’attività teatrale gli studenti vengono costretti a stare, per un certo tempo, nel cosiddetto altro da sé; e per poter realizzare questa necessità, dovranno essere nella massima condizione se stessi.
Tutto ciò richiede un importante lavoro: gli alunni saranno in grado di far vivere i loro personaggi teatrali se riusciranno a calarsi in se stessi, e nella solitudine del proprio essere, dirigendo la loro emotività, potranno controllare le loro pulsioni istintive per far emergere l’altro da sé. E', in difinita l'incontro dell'allievo con se stesso, con la sua interiorità, con il suo Io (a volte stravolto da un filtro affettivo alto) di cui ne potrà cogliere la potenzialità, la ricchezza creativa e creatrice. E' questo forse il valore fondante del far teatro a scuola.

Nell'ultima sessione del corso Italiano per Principianti, organizzato dal Cefire di Sagunt, parleremo, quindi di teatro (con una sorpresa!). Per introdurre questo tema che ci sta a cuore, abbiamo scelto un testo di Dario Fo: La fame dello Zanni.

Zanni (o Zanul, Zuan, Giovanni, Joan, ecc.), era il burlone che si esprimeva in dialetto e che affrontava nei suoi monologhi tutti i temi tipici della successiva Commedia dell'Arte: l'amore, il matrimonio burlesco, il lavoro e i rapporti con il padrone, la fame, i sogni e la morte.

Nella letteratura italiana lo Zanni è presente nelle opere di Pietro Aretino, il quale, nel 1534, descrisse uno Zanni che, nascosto dietro a una porta, contraffaceva tutte le voci… il filo storico col burattinaio non è evidente?

La figura profana dello Zanni cominciò a muoversi in Italia e in Europa grazie al lavoro di attori comici e figure che raccontavano storie di persone, i loro amori, le speranze di una vita spesso assai dura.



Furono gli attori itineranti, e gli attori che operavano presso le corti e i palazzi aristocratici, che diedero fama allo Zanni. Vennero censiti dai cronisti di corte, rimanendo perciò nelle cronache e nei resoconti, e giungendo fino a noi oggi. La figura dello Zanni, nel Cinquecento si sdoppiò in due caratteri: l'uno semplice e leale, Arlecchino, l'altro furbo e ingannatore, Brighella. Accanto a loro le maschere di Pantalone, Pulcinella e tutte le altre presenti nella Commedia dell'Arte animarono il teatro dell'epoca. I personaggi si muovevano sulla scena improvvisando battute e smorfie, piccoli drammi e grandi equivoci, burle di ogni tipo. L'esiguo testo scritto - il cosiddetto canovaccio - fungeva da riferimento e spunto per le acrobazie verbali e sceniche più disparate. L'improvvisazione richiedeva la definizione del personaggio, scena dopo scena, spettacolo dopo spettacolo. Nacque, così, un carattere e una fisionomia.

La fame dello Zanni di Dario Fo (leggi la trama>>), è la storia di una fame atavica recitata in grammelot con sproloqui e contorsioni da artista circense, ma è anche la denuncia delle condizioni di vita dei più umili: la loro disperazione, l'essere perennemente l'anello più debole della catena, vittime ignare dei soprusi e dell'ingiustizia.

Buon divertimento!

domenica 27 maggio 2007

A Capri, in piazzetta


(Foto da Internet)

L’estate è alle porte e sull’isola di Capri, nel porto di Marina Grande, già si avvistano i primi panfili. L’isola azzurra, alla ribalta in aprile con la prima edizione del Capri Film Festival, in cui ha celebrato, in una mostra fotografica itinerante, i divi del cinema che soggiornarono a Capri negli anni ‘50 e ’60, in estate diventa un centro movimentatissimo, di moda.
Eh, sì, Capri, Ischia e la Costiera amalfitana sono da sempre meta del jet set internazionale. Il fascino di questa luce, di questo sole, che rese mondialmente famosa la canzone O sole mio (vi proponiamo la versione dei tre tenori) si trova nel cuore del Mediterraneo, tra borghi suggestivi come Positano, Ravello (luogo incantato soprattutto per gli amanti della musica classica), le isole del golfo di Napoli, e, come no, la stessa città di Napoli.
Ogni paesino ha la sua peculiarità, ma hanno anche tante caratteristiche in comune: dai prodotti tipici alla gastronomia, alla storia etc. Ogni borgo ha il suo centro molto attraente, e ogni angolo esercita un’attrazione per svariati tipi di turisti: il sole, il mare, la buona cucina, la vita mondana, la musica e ce n’è anche per gli amanti del trekking (anche se il suggestivo Sentiero degli Dei non è solo prerogativa dei camminatori incalliti).
Poi, però, c’è un luogo, che accomuna tutti, la piazzetta di Capri, meta obbligata, affascinante, piccola e divertente, molto di più che il centro mondano della vita locale. E proprio qui, dopo aver fatto un tuffo nella storia locale, grazie alle decorazioni di ceramica, (in questo senso tutta la Costiera e le isole sono un museo en plein air), conviene fare una pausa: sedetevi a un bar e, mentre sbirciate qualche personaggio famoso, non perdete l’occasione di degustare una delikatessen: ci sono tante ricette appetitose, ma all'ombra di un tavolino, in piazzetta e, dopo una bella passeggiata estenuante di salite e discese, vi consigliamo di provare una bella fetta di torta caprese, accompagnata, come no, dal limoncello!
P.S: dedicato ai colleghi del Cefire, con i quali abbiamo fatto merenda con la torta caprese!

sabato 26 maggio 2007

Focaccia o Big Mac?

(Foto da Internet)

Qualche anno fa la notizia fece il giro del mondo. Protagonista della vicenda un panettiere che decise di far concorrenza a Mc Donald's aprendo un negozio proprio accanto al ristorante che la multinazionale americana aveva appena inaugurato. E poco dopo il colosso fu costretto a chiudere i battenti. La vicenda finì dritta sulle pagine dei quotidiani stranieri, dal New York Times al Liberation, attratti da una storia in cui, una volta tanto, il pesce piccolo mangia quello grande.

(Foto da Internet)

Tutto ha inizio nel 2001, quando ad Altamura, in provincia di Bari, viene aperta una sede di Mc Donald's, di ben 550 metri quadri, preceduta da una martellante campagna promozionale. Il trionfo sembrava sicuro. E invece Luca Di Gesù, giovane rampollo di una delle più antiche famiglie di panificatori di Altamura, spinto dal presidente di un'associazione costituita per tutelare la cultura alimentare locale, decide di sfidare il gigantesco fast food e apre una bottega di prodotti tipici: pane, friselle, pizze e pasticci (una squisita focaccia di grano duro imbottita di cardoncelli, cipolle e olive) proprio accanto al ristorante.

«La gente veniva a frotte al McDonald’s» racconta con divertito stupore Luca Di Gesù «ma si fermava davanti alle vetrine e dopo un’occhiata fugace entrava nella mia bottega a comprare il pasticcio, che era assai più buono degli hamburger, fatto con ingredienti di prima qualità e meno costoso».

La concorrenza di Luca è spietata e, nel giro di un anno e mezzo, il fallimento del megaristorante è inevitabile. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che la tradizione secolare del pane di grano duro avrebbe sconfitto gli hamburger e le patatine fritte. Una vicenda di orgoglio regionale che ha spinto il regista pugliese Nico Cirasola a scrivere la sceneggiatura di un film dal titolo Tu vuo' fà l'ammericano (vedi trailer>>).

E tu, preferisci la focaccia o il Big Mac?

venerdì 25 maggio 2007

Andrea Parodi: una voce coraggiosa



(foto da internet)

Andrea Parodi, nel suo primo cd da solista Abacada, cercò di descrivere, con questo titolo preso in prestito da un vocabolo sardo, quell'ora particolare del giorno che racchiude in sé il giorno e la notte, la quiete, la calma.

Andrea Parodi è stato, anch'egli, preso in prestito dalla notte: una malattia atroce lo ha stroncato a soli 51 anni. Era nato nel 1955 a Porto Torres, da padre ligure e madre sarda. Abbracciò con entusiasmo la cultura della madre diventando uno dei più grandi interpreti della canzone in limba.

Debuttò nel 1997 col gruppo Sole Nero, e solo un anno dopo, con la nascita nel 1998 dei Tazenda, raggiunse la notorietà artistica. La sua voce era particolarissima, con tonalità per molti irraggiungibili e con una forza ed energia incredibili.

Partecipò, con i Tazenda, a due Festival di Sanremo (vedi>>/testo>>) (in un'occasione al fianco di Pierangelo Bertoli) (vedi>>/testo>>) e, nel 1992, al Festivalbar (vedi>>).
Cinque anni dopo abbandonò la band e si dedicò alla sua carriera da solista, collaborando con artisti del calibro di Noa, del chitarrista Al Di Meola e di Fabrizio De Andrè.

Poco prima di morire tornò al fianco dei Tazenda, regalandoci di nuovo le più belle canzoni che avevano caratterizzato il percorso del gruppo sardo. La tournée del gruppo fece registrare le presenze di decine di migliaia di fan: momenti indimenticabili nei quali Andrea Parodi intonò grandi classici come S'istrada e' sa luna e Non potho riposare (leggi>>), quest'ultima insuperabile nella sua interpretazione.

Vogliamo ricordarlo con questo post che dedichiamo alla nostra collega Giovanna T. (con affetto).

giovedì 24 maggio 2007

Per non dimenticare

(Foto da Internet)

Quindici anni fa una strage lasciò attonita l’Italia: la strage di Capaci, che costò la vita al giudice Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo e agli uomini della scorta. Oggi c'è una targa sul tratto dell’autostrada Palermo-Mazzara (che collega il capoluogo siciliano con l'aeroporto di Punta Raisi). Ma al 23 maggio del 1992 risale, probabilmente, la svolta nella storia della lotta alla mafia: il mafioso Giovanni Brusca premette il pulsante che fece esplodere il tritolo e uccise Falcone. Ma non è finita: pochi mesi più tardi, il 19 luglio, la stessa sorte sarebbe toccata all'altro magistrato in prima linea nella lotta a Cosa Nostra, Paolo Borsellino.
A quindici anni di distanza i protagonisti di quelle stragi sono finiti tutti in carcere: il mandante Brusca; Totò Riina, il gran capo di Cosa Nostra; così come Bernardo Provenzano, catturato lo scorso anno, dopo una latitanza quarantennale, nel paesino di Corleone, luogo simbolo della mafia siciliana.
La lotta alla mafia non si è certo conclusa, ma quella stagione è forse alle spalle.«La violenza efferata con cui si colpì uno dei più combattivi e moderni magistrati impegnati nella lotta alla criminalità organizzata - ha scritto Giorgio Napolitano in una lettera a Maria Falcone, sorella del giudice, e si è poi riferito all’altro attentato criminale, a Paolo Borsellino- innescò nel Paese una reazione ferma e diffusa, avviando con il concorso della magistratura e delle Forze dell'Ordine una feconda stagione di contrasto alle vecchie e nuove forme di penetrazione e di presenza della mafia. Questa battaglia -aggiunge il Capo dello Stato- va ripresa e sviluppata, con l'impegno di tutte le forze politiche e sociali e con la partecipazione convinta dei cittadini».
In occasione del quindicesimo anniversario della strage di Capaci sono state organizzate diverse iniziative commemorative: a Palermo è attraccata la «nave della legalità», partita il giorno prima da Civitavecchia, con migliaia di giovani studenti provenienti da tutta Italia sbarcati in Sicilia per testimoniare il loro no alla mafia. Erano circa mille e duecento: giovani siciliani e di ogni parte d'Italia per mostrare il loro appoggio alla manifestazione organizzata dalla Fondazione Falcone e dal ministero della Pubblica Istruzione. Tutti insieme si sono poi spostati a piedi fino all'aula bunker del carcere dell'Ucciardone: qui, nell'aula bunker del «maxiprocesso», luogo simbolo dell'attacco dello Stato alla mafia, si è discusso di lotta a Cosa Nostra ed educazione alla legalità insieme al presidente del Senato, Franco Marini, al ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni e al procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso. Nel frattempo un altro corteo si è recato a Corleone sui luoghi dell'arresto di Bernardo Provenzano: sulla strada che porta al rifugio del boss, recentemente ribattezzata via 11 Aprile 2006, in ricordo del giorno della cattura di Bernardo Provenzano, sono state stese le «lenzuola della legalità», realizzate proprio dalle scuole, mentre per le vie del paese le scuole corleonesi hanno organizzato una «festa della legalità». Poi, alle 16 è partito il corteo dall'Ucciardone fino all'"Albero Falcone", un albero-simbolo, cresciuto di fronte a quella che fu la casa del magistrato. Alle 17,58, ora esatta della strage, si è osservato il silenzio e il raccoglimento in memoria delle vittime. Infine, ultimo appuntamento, alle 21, a piazza Politeama, con il concerto gratuito, "Mille note contro la mafia".

mercoledì 23 maggio 2007

Dal futurismo al web
























Il MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna apre le sue porte con la mostra Vertigo. Il secolo di arte off-media dal Futurismo al web, a cura di Germano Celant. L’evento intende documentare gli sconfinamenti e le contaminazioni che si sono stabiliti a partire dalle avanguardie storiche per affermare la caduta dello "specifico" artistico, quale pittura e scultura, a favore di un intreccio multimediale.


Vertigo inquadrerà tutte le forme di comunicazione mediatica del secolo, dalla radio al telefono, dalla fotografia al cinema, dalla televisione al video fino alle più recenti elaborazioni digitali, attraverso un percorso espositivo che prende avvio dalle prime incursioni storiche nel campo delle tecnologie con gli esperimenti sonori e poetici di Marinetti e Schwitters, con quelli visivi e filmici di Duchamp e Dalì, per arrivare, attraverso Andy Warhol e la Pop Art, la Conceptual Art e artisti come Fernand Léger, Piero Manzoni, Yves Klein, Louise Bourgeois, Joseph Beuys, Anselm Kiefer e Bill Viola, fino ai maggiori rappresentanti della scena odierna internazionale.




Nel percorso della mostra le esperienze artistiche si incrociano con la presenza di straordinari oggetti testimoni dell'evoluzione mediatica (da grammofoni d'antiquariato a radio originali di Guglielmo Marconi fino all'I-pod) e con specifici contributi cinematografici realizzati assieme alla Cineteca di Bologna, istituzione gemella del MAMbo, per una collaborazione che vede una fitta serie di eventi e progetti dedicati a Vertigo per tutta la durata del periodo espositivo.

A Bologna dal 6/05 al 04/11/2007

MAMbo Museo d'Arte Moderna - via Don Minzoni 14

INFORMAZIONI: tel. 0516496611 fax 0516496600

(Foto da Internet)

martedì 22 maggio 2007

Impariamo l'italiano! (in vari modi)



Tagzania: etichette per italiano

Cari chiodini vicini e lontani, abbiamo il piacere di comunicarvi che abbiamo aggiunto un nuovo palloncino alla mappa dei blog d'italiano: Learn italian-Impariamo l'italiano.
Il blog in questione è stato allestito da uno studente di primo anno (incredibile!), della EOI di Lleida, e sta riscuotendo un grande successo tra i nostri alunni. Vi potrete trovare un numero quasi infinito di esercizi, video, canzoni, link interessanti e quant'altro; insomma, un sito, ispirato alla filosofia del web 2.0, a disposizione della nostra rete (non sappiamo se ve ne siete resi conto, ma stiamo crescendo a vista d'occhio!). Facciamo i nostri complimenti all'autore di Learn italian-Impariamo l'italiano. Cento di questi studenti!

Parimenti, sempre restando in tema, vorremmo proporre ai nostri lettori, e ai nostri colleghi, due siti interessanti: il primo è Italki. Questo link vi permetterà di contattare un partner linguistico online per migliorare, ad esempio, il vostro italiano con qualcuno che, a sua volta, e magari dall'Italia, voglia migliorare lo spagnolo. Il secondo è soZiety, una rete sociale, funzionante con Skype, che vi consentirà di migliorare le vostre conoscenze linguistiche.

Meglio di così!!?

lunedì 21 maggio 2007

La primavera tra arte, immagini e musica


(Foto da Internet)


Mentre la cultura popolare italiana celebra il risveglio della natura e della primavera con il “Cantamaggio”, e Lucilla Galeazzi, da decenni tra gli interpreti più interessanti della musica popolare italiana, ha presentato a Roma, al Teatro Vascello, lo spettacolo Maggio, maggio è capitano, i fine settimana romani sono all’insegna dell’arte e della cultura.
Sabato e domenica scorsi, 19 e 20 maggio, sono stati gli ultimi giorni della nona edizione della «Settimana della cultura», che ha offerto la possibilità di visitare gratis musei e gallerie, aree archeologiche e monumenti: una straordinaria opportunità per far conoscere l’arte tanto al pubblico italiano quanto al turismo internazionale.
Ancora, sempre lo scorso fine settimana, nella capitale, è tornato l'appuntamento con Letterature - Festival internazionale di Roma, che dal 18 maggio al 21 giugno ospiterà, nella Basilica di Massenzio, alcuni dei più importanti autori della scena letteraria nazionale. Su un palcoscenico di rara suggestione, che ogni anno registra successi sempre più lusinghieri, gli scrittori, accolti, in alcuni casi, come delle vere e proprie rockstar, celebrano il testo e la parola. Il titolo della sesta edizione del festival è Cross/Over - Vicino, Lontano: i letterati si pronunciano sulla dimensione nomade, oltre i confini, del contemporaneo che caratterizza sia le forme espressive culturali che i percorsi di vita individuali e collettivi.
Saranno dieci le serate di Letterature e 18 gli scrittori invitati: 14 stranieri e 4 italiani. Una novità rispetto alle edizioni passate, una nuova formula proposta in cinque delle dieci serate: la presenza di immagini; infatti gli autori saranno introdotti da video-opere di artisti stranieri. Invece, le altre cinque serate si svolgeranno secondo la formula tradizionale: prima del reading dei testi-inediti- degli scrittori ospiti, attori italiani di cinema e teatro presenteranno gli autori leggendo brani tratti da loro opere già pubblicate in Italia. Poi, tutte le serate si concluderanno con la musica live proposta da musicisti della scena italiana, scelti in collaborazione con la Casa del Jazz di Roma.
Ma il risveglio letterario della primavera supera i confini della penisola: non solo Roma, bensì anche sul suolo elvetico, ha preso il via la seconda edizione di Chiassoletteraria (Chiasso, 17-20 maggio), dal titolo: Era destino.

domenica 20 maggio 2007

Cuori di pietra


(Foto da Internet)

Il Malawi è uno dei paesi maggiormente colpiti dall'HIV/AIDS. Su una popolazione totale di circa 12 milioni di persone, 900.000 sono sieropositive, di cui 70.000 sono bambini. Quasi tutti hanno contratto il virus attraverso la loro madre, durante la gravidanza, il parto o l'allattamento. Senza un trattamento adeguato, un terzo circa delle madri rischia di trasmettere il virus al proprio figlio.

Per far fronte al problema, l’Unicef promuove un protocollo di terapia che limita i costi dei farmaci con un’altissima efficacia. Dal 2001 a oggi le donne in gravidanza che hanno avuto accesso al trattamento preventivo con la nevirapina sono più di 40.000, ma le percentuali di donne e bambini che hanno potuto usufruire dei servizi per la prevenzione della trasmissione madre-figlio sono ancora pochissime. Per questo Maria Pia Ammirati, Alessandra Appiano, Stefania Bertola, Anna Carugati, Luisa Ciuni, Maria Corbi, Geppi Cucciari, Donatella Diamanti, Tiziana Ferrario, Barbara Garlaschelli, Laura Laurenzi, Lorenza Lei, Loredana Lipperini , Elena Mora, Gabriella Piroli, Emanuela Rosa Clot, Nicoletta Sipos, Rosa Teruzzi, Annamaria Testa, Laura Toscano, Silvia Vaccarezza, Nicoletta Vallorani, Mariolina Venezia, esponenti di spicco della letteratura, del giornalismo e della comunicazione italiana hanno deciso di contribuire alla causa con Cuori di pietra, un libro di 22 racconti i cui proventi per diritti d’autore saranno devoluti a sostegno della campagna promossa dall’Unicef.

I fondi raccolti consentiranno di ampliare il numero di bambini che, in Malawi, nasceranno liberi dall’AIDS. Ma per liberare dall’AIDS tutti i neonati del Malawi serve l’aiuto di tutti, anche dei lettori.


sabato 19 maggio 2007

Il Marsala

(foto da internet)


Il Marsala è uno dei vini liquorosi più pregiati al mondo. La sua blasonata storia ebbe inizio poco più di due secoli fa, quando John Woodhouse, un intraprendente uomo d'affari di Liverpool, impegnato nel commercio delle ceneri di soda, navigava, nel 1773, lungo le coste siciliane diretto a Mazara del Vallo.
Woodhouse non raggiunse mai Mazara perchè una tempesta lo fermò poco prima, costringendolo ad una sosta imprevista nel porto di Marsala.
In una delle numerose osterie della città, gli fu offerto il miglior vino qui prodotto, quello che i contadini riservavano alle grandi occasioni: il perpetuum.
Woodhouse ne rimase affascinato e intuì che era perfetto per essere sorseggiato nei raffinati salotti inglesi, durante le lunghe chiacchierate pomeridiane.
Aggiunse al perpetuum un po' di acquavite da vino, per evitare che si alterasse durante il viaggio, e ne spedì 50 pipe a Liverpool con l'intenzione di testarne l'effetto.
Il vino, simile al Porto e al Madera, piacque molto agli inglesi e fece la fortuna dei Woodhouse che cominciarono a investire sulla zona acquistando il vino dai contadini in miseria, costruendo propri stabilimenti e impiegando ingenti capitali per la costruzione del porto.

Woodhouse avviò la commercializzazione del vino prodotto nell'agro marsalese che aveva caratteristiche simili al Madera, allora molto in voga in Europa e negli Stati Uniti. Grazie alle capacità imprenditoriali di altri inglesi e via via di abili produttori locali, nella secondà metà dell'800 il vino Marsala assunse una propria peculiare identità distinta da quella del vino prodotto a Madeira e divenne il fulcro di una fiorente industria.

La tradizione del Marsala è oggi perpetuata e tutelata attraverso la denominazione di origine controllata sancita per legge: il Marsala DOC è quel prodotto, invecchiato ed imbottigliato in provincia di Trapani (esclusi i territori dei comuni di Alcamo, Favignana e Pantelleria). Secondo i tipi è ottenuto da uve bianche (catarratto, insolia, grillo, damaschino) o da uve rosse (pignatello, calabrese, nerello marsalese).

Dalla lavorazione del mosto d'uva si ottengono tutti gli ingredienti necessari alla produzione del Marsala: con la fermentazione del mosto si ottiene il vino base, con l'alcolizzazione si ha la mistella (sifone), mentre con la cottura si ha il mosto caramellizzato. Inoltre, dalla distillazione del vino base si ottiene il quarto ingrediente: l'alcol vinico o l'acquavite di vino. A seconda dei tipi di Marsala, questi ingredienti vengono dosati e amalgamate. Infine, il Marsala a sottoposto all'affinamento in fusti di rovere, sapientemente custoditi in antiche cantine in tufo.

Dopo l'invecchiamento, il Marsala raggiunge la sua compiutezza: una contenuta gradazione alcolica (da 17 a 19% alc/vol.), un profumo intenso, un gusto delicato, un bouquet equilibrato e inconfondibile. In particolare il Marsala può essere secco, semi secco o dolce in riferimento al grado zuccherino, e oro, ambra o rubino in base al colore. Oltre che per vitigni utilizzati, i vini Marsala si distinguono anche per la durata minima dell'invecchiamento a cui devono obbligatoriamente essere sottoposti:


Fine 1 anno
Superiore 2 anni
Superiore Riserva 4 anni
Vergine 5 anni
Vergine Soleras Stravecchio10 anni




(foto da internet)

Il Marsala eccelle per la sua versatilità: il tipo Fine è protagonista in cucina nella preparazione di molte pietanze. Per la mescita, invece, gli intenditori scelgono il Marsala del tipo Superiore o Vergine. E' un inimitabile vino da meditazione ed altrettanto pregevole vino da dessert che accompagna superbamente dolci a base di ricotta o di crema, pasticceria secca, frutta fresca e formaggi. Eccellente aperitivo -quando è servito freddo-, il Marsala è, infine, un ingrediente adatto alla preparazione di raffinati cocktail (specialmente nei cosiddetti cobbler).

Buona degustazione!

venerdì 18 maggio 2007

Alla ricerca del blu sempre più blu



(Foto da Internet)

Onde blu, spiagge blu, coste blu: ogni anno, in questi periodi, nel Belpaese bagnato dai quattro mari, c’è un colore desiderato, il blu appunto, che è sinonimo di mare cristallino, acque limpide e borghi marinari incantati.
A poche settimane dall’avvio della stagione balneare, a sorpresa, è stata presentata la classifica delle migliori spiagge italiane: eccole, le «bandiere blu», assegnate dalla FEE (Fondazione Internazionale per l’Educazione Ambientale). Quest’anno sono 96, e sembra strano che solo una bandierina blu premi una spiaggia della Sardegna, cioè Santa Teresa di Gallura, simbolo del turismo balneare italiano, l’isola che offre un mare degno dei Caraibi. Anche se la Sardegna rimane una delle mete più amate, il fatto è che non bastano più solo le acque pulite. Si sa che il turismo esige anche una serie di caratteristiche che non sempre il Belpaese ha: aree pedonali, piste ciclabili, zone verdi, divieto assoluto d’accesso alle spiagge per gli autoveicoli, arredo urbano e stabilimenti balneari curati, aree protette nell’entroterra. Insomma, tutto ciò che fa la qualità di una vacanza, che rende il turismo davvero eco-compatibile. A meno che le priorità siano altre, cioè la «movida» in stile cittadino: ma Rimini è un altro discorso.
Innanzitutto ci vuole un mare terso, che si traduce in nessuno scarico di acque industriali e fognarie nei pressi delle spiagge, ma ci vuole l’elaborazione da parte dei Comuni di un piano ambientale per lo sviluppo costiero: spiagge allestite con fontanelle di acqua potabile, contenitori per rifiuti e servizi igienici, la pulizia costante della sabbia, e, soprattutto, la disponibilità dei dati delle analisi delle acque di balneazione. Dev’essere anche facile accedere al mare, e sappiamo come spesso sia difficilissimo arrivarci perché la privatizzazione del bagnasciuga è uno scandalo tutto italiano. Per non parlare dei cabinati che attraccano a ridosso della riva, smaniosi di far apprezzare alla plebe riversa sulla battigia la potenza dei loro motori. Certo, anche in spiaggia ci sono i cafoni organizzati, ma, per quanto tenaci siano i loro sforzi, non riescono ancora a massacrare il blu come chi ha la ventura di solcarlo a cavallo di uno yacht.
Su questo fronte l’Italia ha molto da imparare: penalizzata dalla carenza delle infrastrutture e assediata da moto d’acqua e barche (anche a vela) che scaricano i rifiuti in mare e invadono con i gommoni le calette più tranquille.
Rimarremo in attesa di verificare le condizioni delle località balneari fra qualche settimana, quando saranno a "pieno carico" turistico. E saremo anche in attesa delle «bandiere nere», come quelle della Goletta Verde di Legambiente, che rivelano le due facce del paese: da un lato borghi marini e spiagge meravigliose, dall’altro un territorio costiero bistrattato e martoriato dalla cementificazione selvaggia.

giovedì 17 maggio 2007

Civita di Bagnoregio (il paese che muore)


(foto da internet)

Civita di Bagnoregio sorge in provincia di Viterbo ed è conosciuta come la città che muore, poiché è arroccata a 443 metri d'altezza su un colle tronco conico di tufo di circa 80 metri di spessore e sottoposto a frane continue. Circondata da aridi calanchi che le donano parvenze di paesaggio lunare, Civita sorge nel cuore della Tuscia, culla della cultura etrusca. Era un tempo collegata con la vicina Bagnoregio, ma l'erosione del terreno è stata così forte che, in soli due secoli, le due località sono state separate da una voragine larga un chilometro.

Oltre ai resti della casa natale di San Bonaventura, un francescano amico di San Tommaso d'Aquino e ricordato da Dante nel Paradiso, Civita propone la visita alla Porta S. Maria, sormontata da una coppia di leoni che artigliano due teste umane, simbolo dei tiranni sconfitti dai bagnoresi (vedi con la foto mobile>>).
Più avanti la via S. Maria si apre nella piazza principale, dove si può ammirare la romanica Chiesa di S. Donato. In essa sono custoditi uno stupendo Crocefisso ligneo quattrocentesco, della scuola di Donatello, e un affresco della scuola del Perugino.
I palazzi rinascimentali dei Colesanti, dei Bocca e degli Alemanni si impongono nelle viuzze con le tipiche case basse con balconcini e scalette esterne dette profferli, tipiche dell’architettura viterbese del medioevo. Nei dintorni si possono ammirare dei sepolcri etruschi e romani ricavati nelle rupi.
L'immagine più caratteristica di questo paese si coglie quando ci si affaccia su di un paesaggio dominato dalle erosioni. Si potranno così ammirare il Montione, una specie di altissimo torciere; i Ponticelli, ovvero una strada sospesa sull'abisso e il Cavone Grande, un immenso cratere di argilla.

Civita di Bagnoregio è alla ribalta in questi giorni grazie all'iniziativa della giunta comunale che ha bandito un concorso internazionale d'idee per poter trovare delle soluzioni che consentano la mobilità delle circa venti anime ivi residenti e dei numerosi turisti che visitano il paese. Si pensa, ad esempio, di attivare un servizio di muli ed asini che dovrebbero far la spola tra la vicina Bagnoregio e Civita.
Signor sindaco, la Sua ci sembra un'idea magnifica: ammirare le mura di Civita, dalla groppa di un mansueto asino non inquinante, come dicevano a pochi chilometri dal Suo paese, est! est! est!

mercoledì 16 maggio 2007

Il segreto di Mussolini

(Ida Dalser e Benito Albino Mussolini, foto da Internet)

Dopo Buongiorno notte (guarda il trailer>>) Marco Bellocchio torna a fare un film sulla storia politica italiana del ‘900, ma questa volta il regista riporta all’attualità una terribile vicenda, parallela all’ascesa del Duce, che rimane insabbiata dall’implacabile censura fascista: l’esistenza di una moglie e di un figlio che il dittatore, nell'intento di occultare la propria bigamia, tenterà di nascondere in tutti i modi e che moriranno in manicomio.

Bellocchio spiega:

Il film che sto preparando si intitola Vincere, come la parola d’ordine del protagonista. E come la volontà invincibile della protagonista, Ida Dalser, l’amante e forse anche la moglie che diede a Mussolini il primo figlio maschio, Benito Albino, destinato come lei a morire in manicomio. (...) La parabola di Benito Mussolini che da acceso rivoluzionario diventa interventista è rivissuta attraverso immagini e situazioni private, gli episodi che sintetizzano i passaggi fondamentali della sua vita e dell’Italia di quegli anni sono descritti nel confronto con la figura femminile.

Si tratta di un tema di grande attualità dovuto al fatto che la destra italiana ha tentato in tutti i modi possibili di riscattare la figura di Mussolini e di mostrarlo come un dittatore inoffensivo, nonché bravo padre di famiglia.


martedì 15 maggio 2007

Rafa e Roma



(Foto da http://www.rafael-nadal.net/)


A John McEnroe non va del tutto giù che il giovanissimo Nadal gli abbia strappato il record con 76 vittorie consecutive su terra battuta, e commenta: «Questo ragazzo sembra imbattibile in questo momento». Poi il "genio" statunitense, però, ci scherza su: «Ma Nadal non ha mai una brutta giornata o un mal di testa?». McEnroe ha concluso sottolineando come «l'intensità di gioco di Nadal è semplicemente straordinaria».
Nadal ha detto dopo la vittoria finale al Foro Italico: «È stata una settimana incredibile, non pensavo di riuscire a giocare così».
Gli Internazionali d'Italia 2007 saranno ricordati per i record e per le sorprese. Il numero di spettatori ha superato quota 100mila, nella sola prima settimana (quella del torneo maschile). Risultato mai raggiunto in passato. Un italiano, Filippo Volandri, è approdato alle semifinali ed erano 29 anni che non accadeva, dal lontano 1978, quando Adriano Panatta si arrese in finale a Bjorn Borg.
Nell'altra semifinale, Nadal, per avere la meglio su Davydenko, ha dovuto giocare un lunghissimo secondo match (al meglio dei tre set). L'atto conclusivo non è stato da meno e ha fatto segnare un altro record: per mandare sotto la doccia Fernando Gonzáles, Rafa ci ha messo appena 83 minuti. Nessun vincitore, al Foro Italico, aveva mai concesso così poco tempo all'avversario. Certo, questa era la prima volta che la finale si disputava al meglio dei tre set, invece che dei cinque. Rimane, comunque, il fatto che il “mallorquino” ha praticamente giocato da solo. Una bruttissima finale, dunque, dopo un torneo molto bello, pieno di risultati imprevedibili. Eppure dopo la semifinale con l’infaticabile Davydenko, i pronostici non davano lo schiacciasassi Nadal come strafavorito; invece Gonzáles, contro Volandri, aveva giocato una partita perfetta.
In fondo, "mano de piedra" Gonzáles a Rafa lo aveva battuto già tre volte, mentre aveva perso in una sola occasione. Ed era ancora vivo il ricordo della bruciante sconfitta che il cileno aveva inflitto al picchiatore iberico in terra australiana: allora gli erano bastati tre set per buttare il numero due del mondo fuori dal primo Slam dell'anno. A Roma, però, le parti sono invertite. Il cileno è apparso irriconoscibile: impreciso, perfino lento, ha collezionato una serie spaventosa di errori non provocati. Quel diritto micidiale che gli è valso i soprannomi "mano de piedra" e "el bombardero de la reina" è finito in rete con una frequenza impressionante. Questa volta è stato Nadal a giocare una partita perfetta, mettendo in mostra un tennis estremamente solido, le sue solite bordate e quella regolarità che lo hanno consacrato il numero uno incontrastato sulla terra rossa. Ma soprattutto Rafa conquista il terzo trofeo consecutivo anche a Roma, dopo Montecarlo.
Questo è il 21esimo successo in un torneo Atp per lo spagnolo, il nono in un Masters Series. Ormai, su questa superficie, Nadal sembra davvero invincibile.
È difficile credere che ci sia qualche possibilità di vedere un altro nome scritto sull'albo d'oro del Roland Garros per quest'anno. Ma, prima, per il tennista di Manacor, c'è ancora il tempo di incamerare un altro trofeo, ad Amburgo, che comincia oggi...

lunedì 14 maggio 2007

Diamo i numeri?


(foto da internet)


Fuori stagione, e dedicato ai colleghi iscritti al corso Italiano per principianti, organizzato dal Cefire di Sagunt, pubblichiamo questo post sul gioco della tombola.
Tempo fa, parlammo dell'importanza della tombola, specialmente nell'Italia meridionale, così lontana dall'internazionale bingo, e dei riti ad essa legati. Oggi vorremmo occuparci dell'aspetto sociologico del fenomeno, facendo riferimento, in special modo, alla città di Napoli.
La tombola, a Napoli, non è soltanto un gioco. Specialmente nelle festività natalizie, si trasforma in una celebrazione pagana, un rito affabulatorio, una festa di famiglia: un vero e proprio monumento alla giocosità. E' anche una sfida alla sorte e un canto alla vita.
C'era, nel passato, la cosiddetta tombolata dei poveri: una vera e propria rappresentazione popolare di piazza, Era una tombolata trasgressiva, quasi carnevalesca. Ciascun nucleo del vicolo vi partecipava, portando, cibi e pietanze come posta-premio in palio. Si trattava di giocare per arricchire il magro pranzo di Natale, vincendo, chiaramente, all'estrazione.
La tombolata si svolgeva, di solito, al mattino, in modo da consentire ai partecipanti vincenti di poter gustare, a cena, le pietanze vinte.
Oggi il gioco resiste all'usura del tempo; unifica ancora nonne e bambini disincantati, spezzoni di famiglie assai diverse da quelle di un volta.

(foto da internet)


Nella tombola, la parte del leone la faceva la cosiddetta imbonitrice (un ruolo riservato quasi esclusivamente alle donne): eccellenti interpreti dei numeri estratti e addestrate all'uso metaforico e salace dell'interpretazione del numero uscito dal panariello. Queste geniali affabulatrici frequentavano, a pagamento, le case, proprio per allietare, coi loro lazzi e commenti allusivi, la lunghissima partita di tombola e per dare un tono assai spassoso alla tavolata natalizia.

Dunque, la tombola come spettacolo orale, come teatro improvvisato, tramandato da madre a figlia. Le imbonitrici più brave venivano contese, in queste date, come fossero grandi attrici da palcoscenico.
Oggi le tombolate come quelle descritte forse non esistono più. Tuttavia, il gioco della tombola è assai diffuso e noto.
Per giocare avrete bisogno del cartellone e delle cartelle; noi vi consigliamo di farveli da voi, seguendo le istruzioni di questo video.
Il gioco consta di due arnesi indispensabili: il cosiddetto panariello (la forma classica è quella di una specie di cono maneggevole, in vimini); e i 90 numeri (qui è d'obbligo il legno. Niente plastica, per carità!).

Per finire, non dimenticate gli umili fagioli che avranno il compito di segnare sulle cartelle dei giocatori i numeri estratti.

Buon divertimento!

domenica 13 maggio 2007

Primo premio a "Chiodo schiaccia chiodo"




Una tantum pubblichiamo due post nello stesso giorno. Ma oggi, 13 maggio, è davvero un giorno un po' speciale. Cari chiodini, vicini e lontani, abbiamo il piacere di annunciarvi che la giuria del I Concurso Espiral de Edublogs ha proclamato Chiodo schiaccia chiodo vincitore della categoria Blogs Colectivos.

Abbiamo scritto, nel post di venerdì scorso, alcune riflessioni sul nostro blog e sull'importanza delle nuove tecnologie applicate all'insegnamento dell'italiano. Sarebbe inutile e noioso ripeterle di nuovo.

Consentiteci di condividere questo premio con i nostri colleghi e con tutti voi. Ah, il nostro inviato dagli USA ci ha fatto pervenire un servizio speciale per celebrare l'evento.
Grazie!

I libri più pazzi del mondo


(Foto da Internet)

Prendete due collezionisti bizzarri, fate che la loro bizzarra mania siano i libri più bizzarri mai scritti e che le dedichino un libro. Otterrete un libro al quadrato: un libro sui libri e un bizzarro catalogo di bizzarrie. Cioè I libri più assurdi del mondo di Russel Ash e Brian Lake (Castelvecchi, pp. 253, e16), forse il libro più divertente visto quest’anno alla Fiera e sicuramente quello che farà intonare l’inno alla gioia a bibliomani, bibliofili e bibliodipendenti. Non a caso, pare che Umberto Eco, che alle bibliofollie aveva dedicato una cospicua parte della sua lectio inaugurale, ne sia entusiasta.


Dei due autori, uno i libri li vende, l’altro li scrive e entrambi li collezionano. Garantiscono che tutti i libri citati esistono davvero e l’excusatio è assolutamente petita, dato che questi titoli sono l’ennesima dimostrazione che la realtà supera la fantasia. Come credere, altrimenti, che qualcuno (nel caso Kathy A. Price, nel 1995) abbia scritto Lo zen della defecazione. Un approccio spirituale alla stitichezza? O che nel 1909 sia apparso anonimo un Liste del bucato con riscontri in francese, spagnolo, portoghese, tedesco e italiano, comprensivi di vocaboli, frasi utili e sillabazione fonetica (il bucato era già global)? Ce n’è per tutti i gusti: dall’indispensabile Storia dell’odontoiatria nell’Oregon al fondamentale Cosa dire quando si parla da soli, dal generalista Lo spazzolino da denti. Uso e abuso allo specialistico Cinquanta nuovi stili per le acconciature creative dei barboncini, dalla Storia avventurosa del rayon alla Bibliografia sui rinoceronti. Fino, incredibile ma vero, ai Segreti della leadership di Attila, Re degli Unni, scritto dal PhD Wess Roberts nel 1989.


Il recordman della stravaganza si chiamava Berthold Laufer. Nacque nel 1874, morì nel 1934 e nel frattempo scrisse innumerevoli, imperdibili classici. Come Storia delle impronte digitali (1912), La renna e il suo addomesticamento (1917), Gli insetti musicisti e i combattimenti tra grilli in Cina (1927), l’avvincente La giraffa nella storia e nell’arte (1928) e Geofagia (cioè mangiare la terra, 1930). La migrazione dei vegetali in America fu pubblicato, purtroppo postumo, nel ‘38.


Alcuni temi, è chiaro, ispirano di più. Per esempio, le mitragliatrici: Storia sociale della mitragliatrice di John Ellis è del 1975, La mitragliatrice fai-da-te di Gerard Metral di vent’anni dopo. Le flatulenze attirarono invece le grandi firme dell’Inghilterra whig, sia pure sotto pseudonimo. Ma è attribuita a Swift una Spiegazione dei benefici dei peti del 1727 e a Fox Un saggio sulla flatulenza con curiosi aneddoti su petomani eminenti del 1787. Le barbe, invece, sono un tema cattolico: dal trattato Pro Sacerdotum barbis di Giovanni Pierio e Valeriano Bolzani (Roma, 1531) alla Barbalogia di Giuseppe Valeriano de’ Vannetti (Rovereto, 1759). Dalla chirurgia (De l’amputation du pénis, Parigi 1873), agli animali (Memorandum sulle dimensioni, sul sesso e sulle condizioni di vita delle aragoste, Londra 1912), dalla cucina (Nutrirsi con gli insetti, Santa Barbara 1976) al turismo (un geniale La Svizzera. Guida alle passeggiate in discesa, Tulsa 1988), non c’è ramo dello scibile che non abbia istigato qualche assurdità.


Fino alla fine: da La preparazione giornaliera del pio cristiano per la morte e l’eternità. A Uso delle persone afflitte da lunghe malattie o pene e dolori (autore anonimo, 1852) al pluriristampato Manuale dell’impiccagione di Charles St. Lawrence Duff (1928). E, tuttavia, nel 1917 Fanny Ruthven Paget spiega Perché so che i morti sono vivi.

(Tratto da La stampa)

sabato 12 maggio 2007

La fiera del libro di Torino



(Foto da Internet)




Festa grande al taglio del nastro della XXª edizione della Fiera del Libro Di Torino, con il ministro della Cultura Francesco Rutelli, ospite d’onore al Lingotto. L’edizione 2007, dal 10 al 14 maggio, avrà per tema conduttore i confini: un motivo che consentirà di affrontare alcuni tra i problemi più scottanti della nostra epoca. Il confine è infatti ciò che segna un limite, separa, ma allo stesso tempo unisce, collega. Si analizzeranno i confini in alcuni grandi filoni: il primo è dedicato agli aspetti storici, politici e sociali e identifica due tipici casi di città-confine come luogo d’incontro e d’ibridazione di esperienze diverse: Trieste, crocevia di popoli, la città di Svevo, di Magris e culla della psicoanalisi italiana e Istanbul, ponte tra Oriente e Occidente. Così come ci sono i confini invisibili, invalicabili all’interno delle metropoli: il difficile rapporto tra centro e periferia troverà un’esemplificazione nei casi di Londra, Parigi e Napoli; quei confini che segnano delle divisioni e fanno poi scattare la scintilla della rivolta. Si dicuterà anche dei confini della democrazia, e ci si soffermerà inoltre sul confine del difficile dialogo tra l’Islam e l’Occidente.
Il paese ospite è la Lituania, nuovo confine dell’Europa a 25, che trasmette una cultura sofisticata e in costante dialogo con le principali correnti del continente.
Librolandia ha subito registrato un successo di pubblico - per Dario Fo i biglietti si sono esauriti in un batter d’occhio. A tenere a battesimo la XX edizione è stato Umberto Eco con una «lectio magistralis»: Avventure di un bibliofilo.

venerdì 11 maggio 2007

Miniracconti (e altri annunci)



(foto da internet)



Cari chiodini vicini e lontani,


abbiamo il piacere di presentarvi l'edizione online dei miniracconti partecipanti al concorso letterario tenutosi il mese scorso, presso la nostra scuola, in occasione della Festa del Libro.
Sono state proclamate vincitrici del concorso Amparo Grafià (1º premio) e Andrea Salotti (2º premio).

Congratulazioni alle vincitrici e ai partecipanti!


Parimenti, abbiamo il piacere di comunicarvi che il nostro blog è stato selezionato nel I concurso Espiral de Edublogs, nella categoria "Blogs colectivos".
E' per noi motivo di grande soddisfazione esser stati ammessi alla fase finale. Chiodo schiaccia chiodo ha poco più di una anno di vita: sin dall'inizio si è posto l’obiettivo di coniugare le nuove tecnologie con l'insegnamento della lingua e della cultura italiana. Crediamo che questo impegno - che cerchiamo di mettere in pratica ogni volta che scriviamo un post- sia stato mantenuto.

Quando abbiamo pensato di realizzare il nostro blog, ci siamo subito resi conto che la motivazione dei nostri sforzi era dovuta al tentativo di ricostruire un nuovo rapporto tra docente e discente. Ci siamo proposti di esplorare il futuro della didattica delle lingue e di vedere in modo diverso l'idea stessa d'insegnamento. Il cambiamento e non la stabilità è per noi la norma per i tempi che verranno. Dobbiamo abituarci a conviverci con ottimismo e fiducia. In questi ultimi mesi, alcuni colleghi hanno contribuito ad arricchire, con delle interessanti esperienze, e con un percorso parallelo al nostro, il panorama dei blog d'italiano. Questo piccolo riconoscimento va giustamente condiviso con tutti loro.

Questo privilegio è, dunque, un incentivo ad andare avanti sulla strada che abbiamo intrapreso. Siamo convinti che abbiamo un patrimonio ed un potenziale enorme da sfruttare.
Diceva Thomas Eliot: "Non cesseremo di esplorare e la fine della nostra esplorazione sarà l'arrivo al punto di partenza, così lontano che stenteremo a riconoscerlo".
Permetteteci di condividere questa piccola gioia con tutti voi. Grazie!

P.s. Per non prenderci troppo sul serio abbiamo pensato di organizzare una festicciola con un concerto di un coro di cavalli (avete letto bene!). Utilizzate il mouse per farli cantare! Fate click qui>>.

giovedì 10 maggio 2007

Rossini gourmet

(Foto da Internet)

Nel 1829 Gioacchino Rossini scrive la sua ultima opera il Guglielmo Tell. Dopodiché il compositore si ritira al culmine della sua carriera e da quel momento dedica il tempo libero al suo hobby: la buona tavola.

Quando nel 1868, Rossini muore a Parigi, lascia alcune ricette da lui create. Ma sono più di 100 le ricette che si fregiano dell'attributo "alla Rossini", dato che numerosissimi cuochi hanno dedicato al maestro le loro opere gastronomiche.

Rossini nasce a Pesaro, ma trascorre gran parte della sua vita nella "Città della Luce" per ragioni di lavoro. Lì compone non solo musica ma anche menù, in cui unisce prelibatezze francesi ed internazionali a specialità italiane che si faceva spedire regolarmente: le olive da Ascoli, il panettone da Milano, diversi tipi di stracchino dalla Lombardia, gli zamponi da Modena, la mortadella ed i tortellini da Bologna, il prosciutto da Siviglia, i formaggi piccanti o fermentati dall'Inghilterra ed infine la crema di nocciole da Marsiglia.

(Foto da Internet)

Una delle ricette più famose create dal compositore è quella dei cannelloni siringati, così chiamati perché prevedono un ripieno di foie gras, prosciutto cotto e tartufi con cui si farciva la pasta. Una variante di questa ricetta è quella dei Cannelloni alla pesarese.



(Foto da Internet)

Ma sicuramente la ricetta più famosa ispirata al musicista è quella dei Tournedos alla Rossini, sulla cui nascita circolano diverse versioni. Secondo una di queste, Rossini insistette per vedere lo chef del Cafè des Anglais di Parigi mentre cucinava il filetto. Siccome interferiva continuamente nel lavoro del cuoco, il poveretto osò obiettare sulla sua costante interferenza e il maestro ribadì: "et alors, tournez le dos!" E allora voltate la schiena!